POV MAX (Cap 2.2)

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MAX

Entrai come una furia nel mio appartamento, chiudendomi la porta di ingresso alle spalle.

Corsi verso il salottino e trovai JJ impegnato a guardare un documentario su Stephen Hawking, con una ciotola di pop corn sulle ginocchia.

«Devi prestarmi la tua macchina» esordii con il fiatone, facendolo voltare verso di me.

I suoi scuri occhi marroni si spalancarono e scattò in piedi. La ciotola di pop corn volò sul pavimento. «È successo qualcosa?»

«No.» Mi affrettai verso la mia stanza e lui mi seguì.

JJ si appoggiò allo stipite della porta. «Tutto apposto? Per tu-sai-cosa, intendo...»

«Sì» risposi, brusco, iniziando a mettere a soqquadro l'armadio. «Ho risolto la situazione. Come al solito.»

Lui mi fissò, preoccupato.

Il mio amico sapeva che non mi piaceva per niente parlare di quell'argomento, per cui solo raramente si azzardava a chiedermi come andavano le cose.

Doveva aver interpretato tutta quell'agitazione in modo sbagliato.

Lanciai un'occhiata all'orologio attaccato al muro e imprecai.

Le dieci meno un quarto.

Danika non mi avrebbe mai perdonato.

All'improvviso mi tornò in mente il suo sguardo ferito, quel giorno a West Cambridge, e sentii una stretta allo stomaco.

Sospirai, deluso da me stesso per non essere riuscito a risolvere la situazione più velocemente.

Sapevo che era impossibile prevedere una cosa del genere, ma avrei potuto gestirla meglio.

«Hey, amico, vuoi dirmi che ti prende?» JJ sembrava più confuso che mai, mentre mi osservava andare avanti e indietro per la mia stanza.

«Non ha niente a che fare con quello. È tutto sotto controllo, te l'ho detto» risposi freddo, cercando di frenare l'irritazione.

Non mi piaceva scaricare sugli altri i miei problemi, tantomeno su JJ, ma avevo avuto una giornata davvero lunga e adesso tutti i miei pensieri erano rivolti verso Danika.

Dovevo trovare il modo di farmi perdonare per quel tremendo ritardo.

«E allora mi dici che ti prende?» Insistette lui, entrando nella stanza.

Fu in quel momento che mi accorsi di com'erano conciati i suoi vestiti. O meglio, i miei vestiti.

Portava un pantalone della tuta grigio e una felpa bianca, in netto contrasto con la sua pelle color cioccolato, ed entrambi erano macchiati di burro.

«Quella è la mia roba?»

Abbassò lo sguardo verso la felpa. «No.»

Lo fissai con le sopracciglia alzate e poi buttai i vestiti che avevo scelto sul letto.

JJ sospirò. «Senti, mi hai spaventato prima, okay? Pensavo fosse successo qualcosa a Boston.»

«Non è successo niente. Allora, me la presti la tua macchina?» Mi sfilai la maglietta in fretta e furia e infilai la camicia.

«Cosa ci devi fare?»

«Ti ricordi di Danika?»

Sul viso di JJ si aprì un sorriso malizioso. «Quell'adorabile pasticcino per cui hai perso la testa?» rispose sarcastico.

Lo guardai male e gli diedi una spallata, uscendo dalla camera.

«Sono in ritardo per la sua festa di compleanno.»

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