2.1 Scoperte

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L'aria parve irrigidirsi quando i battenti d'entrata del Salone in cui erano stati relegati tintinnarono e tra i presenti calò il silenzio

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L'aria parve irrigidirsi quando i battenti d'entrata del Salone in cui erano stati relegati tintinnarono e tra i presenti calò il silenzio. Uno ad uno coloro che avevano seguito Veer dal momento in cui si era lasciato Brea alle spalle iniziarono ad inginocchiarsi, taluni così in basso da far pensare che stessero toccando i piedi con il naso. Il fratello del sovrano invece non sembrò avere tentennamenti, rimase saldo nella sua disinteressata posizione, seduto sul trono con le gambe penzoloni da un lato e la testa leggermente reclinata all'indietro dall'altro, i lunghi e mossi capelli castani che si protendevano ben oltre le spalle. La porta si aprì, cigolando nella quiete innaturale venutasi a creare e fece il primo ingresso un uomo di poco più grande di Veer, almeno tale parve a Vissia, probabilmente a causa del sottile velo di barba e dello sguardo truce, solenne ed innegabilmente macchiato di uno scintillio tipico di una bestia a digiuno, pronta a cacciare. Maitreya rasentava l'ideale di re che si ha in una fiaba, una postura rigidamente fiera ed il rispetto indossato come un indumento, tuttavia aleggiava tutt'attorno ad egli un'aura di tensione, paura papabile con il solo uso delle mani, come se il sovrano godesse della fedeltà dei più grazie al timore. Le teste dei nobili presenti attesero ad alzare lo sguardo dopo il passaggio del re e dell'animale che pareva seguirlo come un'ombra: un lupo nero, totalmente nero, che con la lunghezza delle sole zampe raggiungeva le spalle del suo padrone. E gli occhi rossi, iniettati di guardingo disprezzo. Vissia temette che gli inseguitori della sera precedente fossero stati in groppa a bestie simili e le tremarono persino le budella al solo pensiero che, se non fosse stato per Veer, li avrebbero raggiunti. Ora sapeva, cosa fosse un Fenrir. Maitreya avanzò senza voltare nemmeno gli occhi, disinteressato alle questioni di cui si stava occupando Asper durante la sua battuta di caccia almeno quanto fosse disinteressato alle persone che le portavano avanti. Si fermò all'inizio dei tre scalini che elevavano la seduta regale al di sopra dell'intera stanza e dei suoi astanti ed il ragazzo che vi era seduto si alzò in piedi, sorridendo di un sorriso vuoto e cattivo. Scese un gradino e con un gesto teatrale si spostò al fianco di Mihir, il più vecchio e fedele dei servi del sovrano. Prima di salire, però, Maitreya lasciò che il lupo si sdraiasse nei pressi del trono nella posizione che riteneva più soddisfacente.
« Fuori di qui. » disse, la voce rauca e potente, sorprendentemente fredda. Non si voltò e non sentendo muovere nessun passo proseguì « Tutti. Fuori di qui, adesso. »
I più vicini all'uscita allora cominciarono ad incamminarsi per allontanarsi prima del resto della folla, ma dal gruppo si fece avanti un uomo ed il movimento cessò nuovamente. Quell'uomo era il primo, oltre a Mihir, sul quale Vissia potesse scorgere i segni del tempo, le cicatrici di una vita ormai prossima alla vecchiaia.
« Mehyi Rekkar, ritengo opportuno informarla della presenza di tre ospiti giunti da poco, ospiti molto importanti. » osò obiettare, poggiando un ginocchio a terra senza però smettere mai di guardare in faccia il re. Se provava rispetto, lo sapeva nascondere assai abilmente, ma non altrettanto era in grado di fare con l'avversione che nutriva nei confronti del suo superiore. Maitreya smise di rivolgere le spalle ai presenti e tornò sui suoi passi, diretto al cospetto dell'insolente che si era permesso di parlare dopo un suo ordine e che insieme a molti altri curiosi era strisciato ancora prima del suo ritorno all'interno di Thora Koshra, la fortezza dei sovrani, della loro corte e dei loro sudditi. Non certo per della umile nobiltà di basso rango, invischiata nella vita cittadina più di quanto si debba essere per mantenere illesa la propria dignità.
« Chi credi di essere per pensare che le tue parole m'importino? Hai la presunzione di sapere qualcosa che io non sappia? Ho detto fuori di qui. » parlò, abbassando solamente la vista per rivolgergli occhiate che avrebbero gelato il più arido dei deserti e quando ebbe concluso, Asper piombò come un falco alle spalle di Maitreya per sussurrargli qualcosa che solo i più vicini compresero « Una tale insolenza non può essere ignorata, fratello. » ma il sovrano non si scompose, poggiò una mano sulla spalla del ragazzo e ribadì il proprio ordine, che stavolta venne ascoltato all'istante, davanti a tutti si mosse l'uomo che aveva parlato. L'orgoglio lacerato ma la schiena ancora eretta, attraversò la sala a passi lunghi e svelti, lasciando dietro di sé qualcosa di cui parlare.
« Gli hai salvato la vita, dicendomi cosa avrei dovuto fare. » provocò Asper, una volta che gran parte delle persone fu sciamata all'esterno. Vissia, Arian e Veer non si mossero, come aveva esplicitamente chiarito quest'ultimo d'agire, ed attesero che fosse Maitreya stesso a chiamarli al suo cospetto. La personalità del sovrano era facilmente irritabile, presentarglisi innanzi senza invito non sarebbe stata una mossa saggia, specialmente considerando che stavano per chiedergli asilo in tre e già di per sé la richiesta non costituiva uno slancio per una buona rinnovata unione tra due amici di vecchia data.
« Lasciateci soli. » disse infine, rivolto a Mihir e ad Asper, quando furono gli unici rimasti oltre a loro. I due si allontanarono, rispettivamente con un inchino del servitore ed una battuta di scherno da parte del fratello rivolta sia a Veer ma anche velatamente a Vissia: "Avevi bisogno di qualcuno che portasse le brache al tuo posto, rikthasý? ", una frase che lo ricoprì di vergogna. Nessuno prima di allora aveva mai osato chiamarlo codardo. Con la sala completamente vuota, Vissia poté ammirare nel pieno splendore la sua frugale ma immensa bellezza, divisa in tre navate da alte e gentilmente istoriate colonne di tufo bianche. Al centro della navata più grande si ergeva, su una piattaforma di marmo, lo scranno, vicino cui erano sistemate altre sedute minori per concedere ai singoli regali un posto di tutto rispetto. Il pavimento era un mosaico di figure geometriche bianche e nere finemente intrecciate, opera di una mano assai esperta nel proprio lavoro. Ed il soffitto era infine il coronamento di un ambiente pregiato e teso alla purezza tipica del colore dominante, una serie di volte a crociera che si susseguivano da una parete all'altra, impeccabilmente incuneate tra loro.
« Dhoveerdhan. » Maitreya aveva le labbra lievemente incurvate in un sorriso nascosto, intimo, un sorriso mai mostrato ad altri che a Veer « Quanto tempo. »
« Cinque anni. » gli rispose, avanzando verso il re, già intento nell'avvicinarsi a sua volta. La distanza che li aveva separati scomparve, si ritrovarono petto contro petto e Vissia vide che nonostante Veer fosse oltremodo alto, Maitreya lo superava, seppur di poco. La sua statura che tante volte si era rivelata nella norma, venne a risultare tremendamente bassa posta a confronto con la loro e si sentì a disagio, ancora più piccola di quanto l'enormità del luogo non la facesse già sentire. Li vide abbracciarsi come due fratelli ritrovatisi all'improvviso, affabilmente e senza vergogna. Persero entrambi per un attimo la maschera di divinità irraggiungibili e si rivelarono più umani che mai, sprigionando un'aura di affetto quasi profumata che travolse Vissia senza preavviso, e più la mano di Maitreya s'inabissava dolce nei capelli di Veer per stringerlo a sè, più lei sentiva lacerante la mancanza di Bastian e di sua madre.
« Pensavo che non ti avrei più rivisto. » alla fine l'abbraccio si sciolse e su Maitreya calò di nuovo il sipario di imperscrutabile freddezza, anche se qualcosa brillava ancora nel profondo dei suoi occhi ambrati. Un fuoco, forse, che minacciava di sciogliere l'inverno calato irrimediabilmente anche sul suo cuore.
« Non dovrei essere qui. Lei non dovrebbe essere qui. » Veer indicò Vissia e con un gesto la invitò a raggiungere il suo fianco. La ragazza sentì il sangue impastarsi nelle vene ed il respiro farsi denso e difficoltoso, percepiva in Maitreya un radicato disprezzo nei suoi confronti che in Veer non c'era mai stato. Lui aveva conosciuto l'epoca moderna, l'uguaglianza delle razze e l'abolizione delle caste sociali, la possibilità di essere chi si voleva essere senza grandi vincoli, il nuovo modo di approcciarsi al mondo ed a chi in esso viveva. Maitreya no, affondava i piedi in una tradizione fondata sulla disparità sociale e la distribuzione disuguale dei diritti, l'uso indiscriminato della violenza e la supremazia di pochi a discapito di molti. Non conosceva altro che il suo volere, i suoi ordini e le sue leggi e questo Vissia lo sentì gravare sulle proprie spalle mentre la guardava farsi sempre più vicina.
« Puzza di morte come tutti i suoi simili. Come ha fatto a seguirvi? » le parve irritato, il candido momento intessuto con Veer si era frantumato in meno tempo di quanto avesse previsto. Non osò guardarlo in volto troppo a lungo, si strinse in se stessa e alzò le spalle. Nemmeno lei sapeva per quale motivo si trovasse lì e di certo non era per sua volontà.
« E' questo che mi turba Maitreya. Non lo so. Temo che i canali della Shàkbara abbiano ripreso a scorrere. » il diretto interessato di quell'affermazione increspò la bocca e si accigliò. Veer si stava mostrando apertamente, non voleva celare l'angoscia che gli anneriva le ossa una dopo l'altra da quand'era tornato a casa propria, portare Maitreya a comprendere l'impellente necessità di consultare qualcuno che di quella materia ne sapesse più di loro era il suo principale obiettivo. Se realmente stava accadendo ciò che credesse, in poco tempo tutti ne sarebbero stati al corrente e avrebbero potuto usufruirne, nei limiti concessi, a proprio piacimento, danneggiando irrimediabilmente il corso della storia.
« Ne parlerò con Mihir. Se lo riterremo necessario, chiederemo consiglio ai suoi superiori. » le sopracciglia si rilassarono « Ora lascia che ti accolga, non è sicuro né per te né per Arian farvi vedere allo scoperto. »
« Siamo venuti da te con Brea, chi vuoi che non sappia che siamo tornati. »
« Ferni non ha smesso di cercarvi, spero ne siate consapevoli. »
« Spero tu sia consapevole che non tarderà a cercarci nell'Ostro. » Maitreya annuì « Farò preparare una parte delle truppe per ogni evenienza. » e Veer lo ringraziò, cosciente del fatto che su di loro si stava addensando una tempesta gravida di tuoni e pioggia incessante e che l'aveva appena fatta avvicinare anche a Maitreya, senza che però egli si tirasse indietro. Kaitos si mosse, ringhiando sommessamente, quasi percepisse il profondo turbamento del proprio padrone, il quale però non pareva manifestarlo a viso scoperto, troppo abituato a fronteggiare i problemi per lasciare che lo spaventassero. 

 

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Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoWhere stories live. Discover now