9.5 Ritorni

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« Ti avevo detto di non accecarti

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« Ti avevo detto di non accecarti. »
Almashan lo spinse in una stanza, controllando prima di non essere seguito da nessuno ed infine aprendo una piccola porta mascherata dietro l'imponenza di uno spesso arazzo. Afferrò una candela spenta dal candelabro poggiato su un anonimo tavolino, sistemato vicino ad un letto disfatto, e passandovi sopra la mano l'accese; richiuse il passaggio alle sue spalle e direzionò Cassivellanus sulla via da seguire per raggiungere un luogo sicuro. Sarebbe dovuto sopravvivere per alcuni giorni, il tempo necessario affinchè le colombe giungessero a destinazione e recassero la notizia della sua esistenza, poi ogni cosa avrebbe preso una piega migliore, semplificandosi non poco. Nessuno dei Rekkar, eccetto Ferni e Maitreya, avrebbe appoggiato la pretesa al trono di un erede non legittimo. Certo, qualora Maitreya o Ferni si fossero schierati contro di loro, le Dinastie avrebbero reagito a cascata, piegandosi al volere dei due più potenti e mirabilmente astuti sovrani della loro Era. Allora l'unica possibilità per Cass sarebbe rimasta la fuga nelle Ahydverda, le Terre Libere, le sole rimaste ad essere indipendenti da ogni volere terreno. Ma questa era solo una remota ed insensata elucubrazione, non c'era alcun motivo per cui uno dei due si sarebbe dovuto opporre.
« Chi sei? Ti preoccupi per me, ma nemmeno so chi tu sia. » il ragazzo si fermò per un attimo e gli rivolse uno sguardo in cerca di aiuto. Non aveva ancora fatto domande, non si era opposto ai suoi ordini e nemmeno si era posto il problema di dove lo stesse portando. Era uno spirito puro, avulso dai sotterfugi che si possono susseguire ininterrotti nell'apparato del potere, totalmente innocente, ed Almashan si sentiva in dovere di proteggerlo come aveva protetto suo padre. Godhýr glielo aveva comandato e lui aveva semplicemente obbedito al volere divino, ma per Cassivellanus provava anche un intimo desiderio di adempiere al proprio compito. Doveva crescerlo, istruirlo e renderlo un degno successore del suo rinomato padre.
« Stupido, avresti dovuto chiedermelo prima di seguirmi come un cucciolo con la madre. » gli tirò un leggero schiaffo sulla nuca e lo incitò a proseguire. Cass non si oppose, abbassò la testa ed iniziò di nuovo a camminare.
« Sul serio? » Almashan alzò le braccia al cielo « Nemmeno provi a ribellarti? »
« No. Non la trovo una cosa intelligente. »
« E ti pare intelligente seguire uno sconosciuto che ti tira uno schiaffo? »
« No. »
« Hai così tanto da imparare. Cammina, va avanti. Ti dico io quando fermarti. » lo scacciò con un gesto sbrigativo della mano e non appena Cass gli rivolse la schiena, se la passò tra i capelli legati. Avrebbe dovuto faticare parecchio per tirare fuori dall'oscurità la personalità forte e dominante che i Celesti gli avevano mostrato. Fu quasi dubbioso di riuscirci, ma l'incertezza venne annientata dalla fiducia che nutriva nelle capacità che gli erano state donate. Avrebbe modellato un re degno di quel nome.
Giunsero innanzi una porta piuttosto piccola, nascosta nella penombra, Almashan invitò Cassivellanus a farsi da parte ed avvicinando la candela che teneva in mano, il ragazzo si accorse di quanto fosse particolare l'aspetto di quell'entrata. Rassomigliava per forma ad un bocciolo, piacevolmente tondeggiante in basso per poi, salendo, culminare a punta; il legno che la componeva era chiaro, quasi bianco.
« Qui dentro sarai sempre al sicuro. » lo strano individuo che l'aveva guidato battè con le nocche sulla porta ed essa si aprì, come se avesse avuto volontà propria. L'interno che gli si parò davanti agli occhi ebbe dell'incredibile.
« Come fanno le pareti a stare in piedi? » fu la prima domanda che gli venne in mente, osservando i muri che si aprivano in finestre altissime, da cui penetrava una luminosità indefinita, quasi violacea. L'intera stanza era sommersa da quella luce, i decori che si intrecciavano al vetro venivano riflessi sul pavimento, sulle coperte del letto e sui pochi ma ben stipati mobili, addossati in punti strategici per ottenere più spazio. Cass fu colpito in particolare da una statua in marmo, la quale sembrava brillare dall'interno. Era posata su un comò basso e lungo, al fianco di un camino spento: la figura rappresentata possedeva un volto duro, fiero e guardingo, una barba foltissima divisa in due trecce e due lapislazzuli gli facevano da occhi. In una mano teneva una lancia, nell'altra un libro.
« Godhýr. Il Celeste Padre. » Almashan parve leggere i mille quesiti che si stavano formando nella sua mente « E le pareti reggerebbero anche con finestre più ampie. Basta sapere come scaricare il peso a terra in maniera alternativa. »
« Che cos'è questo posto? Non sapevo nemmeno esistesse. » Cassivellanus si guardò intorno esterrefatto, più osservava e più scopriva dettagli interessanti che l'immensità della sorpresa non aveva permesso notasse prima. Premette il volto contro un vetro per scrutarvi fuori, ma ciò che colse fu solo bianco, come se la nebbia si fosse ammucchiata proprio davanti i suoi occhi per velare qualcosa.
« E' giusto che tu non sapessi dell'esistenza della mia camera da letto. » sorrise affabilmente e passando accanto ai ceppi spenti, fece prender loro fuoco « Te l'ho mostrata perchè mi fido di te come mi fidavo di tuo padre. » vagò per tutta la lunghezza del tappeto violaceo che sporgeva dai piedi legnosi del talamo, senza distogliere lo sguardo dal suo interlocutore.
« Tu non mi conosci. Come puoi fidarti? » Cass si sentì a disagio, quella sera erano successe talmente tante cose da lasciarlo incapace persino di pensarvi e chiedere delucidazioni al riguardo. Si stava concentrando su un argomento alla volta, quasi potesse aiutarlo a credere di star navigando tra le acque dei sogni, la realtà risultasse un'isola tanto distante da non vederne nemmeno le coste all'orizzionte e lui si fosse smarrito nell'immensità di tale mondo.
« Ti conosco assai meglio di quanto conosci te stesso. »
« Chi sei? » rinnovò la domanda e corrugò le sopracciglia fini. La miriade di macchie che gliele contornavano si avvicinò, schiacciandosi l'una appresso all'altra.
Almashan attese a rispondere per qualche minuto: era incerto se dire tutta la verità o lasciare Cass nell'ignoranza ancora per qualche giorno, il tempo che si abituasse alla nuova vita di cui, quella domanda, segnava l'inizio. Una brezza leggera però si alzò nella stanza, scompigliando la coda ordinata del servo fedele ai Quattro Celesti, il quale interpretò quel segno come un invito a parlare, a rivelarsi. Ugualmente a quello sbuffo, che rivela la propria forza solo dopo essersi placato.
« Sono un'ombra, sono un'illusione. Sono il frusciare delle foglie nel vento, lo scrosciare della pioggia sulla roccia, il gorgoglio dei torrenti d'alta montagna. Sono il vagito di un neonato, le urla della madre e la risata del padre. Sono la morte e sono la vita, tutto e niente. Sono un sopravvissuto come molti, un eroe codardo, un ignobile cavaliere ed un rispettabile truffatore. Sono tutti e non sono nessuno. Ma tu puoi chiamarmi Almashan, il respiro dell'universo. »

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Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoOnde histórias criam vida. Descubra agora