7.3 Ricordi

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« Sono tornato proprio nel momento giusto

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« Sono tornato proprio nel momento giusto. » Veer mosse le labbra e ciò che ne uscì fu astio nella sua forma più cristallina. Maitreya si voltò, incrociando le lame in segno di sfida, e non appena s'accorse che l'arma che Dhoveerdhan stava tenendo in mano non fosse sua, ma l'avesse deliberatamente sfilata dalla cintura in vita di Asper, mosse un primo fendente, dettato dallo sconcerto. Il destinatario lo parò in aria per tempo.
« Se osi sfidarmi e perdi, questa volta sei morto. » sibilò tra i denti, attendendo che il suo avversario facesse il primo passo verso la morte. Non era ciò che aveva voluto capitasse tra lui e Veer, dopotutto avevano condiviso la propria infanzia e gioventù come due inseparabili fratelli, pronti a sacrificarsi per salvare l'altro, ma evidentemente i sentimenti non erano più ricambiati. Da quando era tornato, niente era più stato come ricordava e la colpa non sapeva a chi darla, se a Vissia ed alle influenze di donna che riversava su Veer, alla lontananza che aveva spezzato il loro rapporto oppure a Mothalthin, che tanto si ostinava a difendere. Per quale motivo poi, non lo riusciva a capire.
« Non voglio litigare. » Dhoveerdhan abbassò la spada, porgendola ad Asper affinchè la rimettesse nel fodero e si presentò alla rabbia di Maitreya sprovvisto di qualunque protezione materiale. Cominciare una lotta non avrebbe giovato a nessuno dei due, specialmente in quel momento delicato, in cui si ritrovava a dover fare totale affidamento sulle decisioni altrui per mantenere la propria incolumità, quella di Vissia e di Arian.
« Non capisco più da che parte stai. » anche il sovrano riportò il braccio con cui teneva salda l'elsa disteso lungo i fianchi ed apparve improvvisamente stanco della propria ira incontrollata, stremato dalle fiamme che gli ardevano dentro senza tregua.
« Non ci sono parti da cui stare, non qui dentro. Dobbiamo rimanere uniti, Ferni non aspetta altro che vederci divisi. » parlò in preda alla fatica di sostenere solamente con le proprie capacità la situazione, e Maitreya lo comprese. Lasciò cadere a terra la spada e s'avvicinò a Veer, posando la fronte contro la sua e carezzando i capelli che gli scivolavano fluidi lungo la schiena. Chiuse gli occhi, cancellando ogni presenza si trovasse nella stanza e godendo appieno di uno dei rari e limitati momenti di pace interiore che fosse mai riuscito a gustarsi. Graffianti, le tenebre della negatività avevano preso possesso del suo cuore e di quanto ci fosse mai stato di positivo in esso, ma Veer era ancora capace di trovare, anche nella notte più tetra, una speranza con cui illuminare la strada per uscirne. Questo, questo non era cambiato e desiderò con tutto se stesso che sapesse quanto gliene fosse grato.
« Abbandona l'odio solo per un istante, Maitreya. Gaverna non ti riconoscerebbe se potesse vederti. » il Rekkar mosse un passo indietro, e ciò che Veer scorse sul viso tirato dell'amico gli sarebbe rimasto impresso a ferro e fuoco nell'animo: aveva gli occhi lucidi, pronti a liberarsi del peso di numerose lacrime lasciate a fermentare per tempo immemore. Nominare la sorella al cospetto di Maitreya talvolta procurava quell'effetto, dischiudeva il cumulo di macerie sotto cui la parte più sensibile del sovrano si era seppellita e la mostrava all'aria aperta, per quanto essa fosse lacera, dilaniata e straziata dal peso della gemella malvagia che la sovrastava. Maitreya possedeva ancora una coscienza, gli era stata solo crudelmente ferita.
« Devo dare le disposizioni per stanotte alle guardie. » si chinò a raccogliere la lama dal morbido tappeto rosso e se ne andò, non guardando più nessuno in viso. Non uno dei presenti ebbe il coraggio di parlare.
Quando nella stanza scomparve anche l'ultimo residuo dell'aura possente del re, tutti sembrarono tirare un sospiro di sollievo e la tensione cedette il posto alla calma ritrovata. Mothalthin fu sul punto d'abbandonarsi nuovamente al calore del letto, ma Veer lo trattenne, sfiorandogli il collo nel punto in cui Maitreya aveva fatto solcare la spada.
« Non sanguini. » parve perplesso, a differenza del suo interlocutore, che gli strinse la mano, accennando l'ombra di un sorriso.
« E' Kaitos. » sussurrò, addocchiando il Fenrir appena prima che tornasse a seguire il suo padrone e svanisse dietro l'uscio. Vissia si girò anch'ella, incuriosita dal motivo per cui il lupo avesse attirato tanta attenzione così all'improvviso, e negli occhi rossastri della bestia le sembrò di scorgere un velo di docile umanità, dopo il quale riapparve l'usuale ringhio distorto delle pupille ed il lupo scomparve.
« Non sei Solana. » la ragazza rimase immobile, ancora persa nelle sue presunte constatazioni, mentre Mothalthin le si avvicinò « Dunque chi sei? » la prese per il mento e le spiò l'anima infiltrandosi attraverso le iridi nocciola. Aveva un tono di voce caldo, delicato e gentile, diametralmente opposto a quello di Maitreya, eppure i contorni del suo volto erano anch'essi marcati, duri e spigolosi, per gran parte richiamavano il viso del sovrano. I ricci fluenti coprivano solo parzialmente il corpo stremato ed i lasciti delle percosse, però a Vissia diede lo stesso l'impressione che fosse forte quanto il fratello, una forza celata, assopita, che non voleva essere risvegliata.
« Vissia. » mosse le labbra sottili e rosate, speranzosa che alla risposta l'uomo la lasciasse andare. Percepiva come una violazione interiore,  nell'affrontare quello sguardo tanto incredibilmente loquace, e desiderava soltanto esserne sciolta.
« Come può essere? E' identica a lei. » l'augurio che la liberasse del suo sguardo così profondo da essere intimidatorio, fu esaudito, Mothalthin si rivolse a Veer e le diede le spalle. Sentiva ancora gli occhi sbigottiti di Asper tastare la sua pelle, ma non gli causavano il medesimo disagio di quelli degli altri due fratelli. Ebbe infatti il coraggio d'incontrarli e si sorprese quando fu il ragazzo a scostare le orbite per cessare quello scambio.
« Non so nemmeno come faccia a trovarsi qui. »
« Doveva trovarsi qui. La Shàkbara non sbaglia né compie gesti futili. » Mothalthin fu lapidario nell'esprimersi, a Vissia sembrò persino una minacciosa ed irrevocabile sentenza quella, che avrebbe gravato sul suo futuro in eterno. Il tono risultò duro quanto una spessa parete di pietra e le spaventò anche il più recondito angolo del suo animo piuttosto codardo.
Lo vide gettarsi a peso morto tra le coperte e si chiese se quello strano individuo non sapesse più di quanto volesse mostrare, nella sua testa aveva preso ormai forma la convinzione che chiunque a Thora Koshra nascondesse qualcosa. 

 

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Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora