9.4 Ritorni

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Percussioni e pochi strumenti a fiato componevano una melodia d'accompagnamento per le voci narranti che intonavano su di essa leggende dell'Era dell'Unione, raccontando di come uomini e Manticore fossero diventati un tutt'uno

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Percussioni e pochi strumenti a fiato componevano una melodia d'accompagnamento per le voci narranti che intonavano su di essa leggende dell'Era dell'Unione, raccontando di come uomini e Manticore fossero diventati un tutt'uno. Gli archi si aggiungevano ai suoni solo nei ritornelli; producevano note acute e leggiadre che poco s'addicevano al contesto generale dei canti, ed inoltre l'eleganza tipica di tali strumenti musicali veniva sostituita dal sinuoso scorrere dei versi in Othil. A Cassivellanus era stata insegnata da bambino l'origine della sua Dinastia ed ancora la ricordava: Koban avrebbe voluto unirsi con i Fenrir, i poderosi lupi che prima di Elnath rappresentavano un flagello per la popolazione a causa della loro ferocia innata ed insaziabile ingordigia, ma era stato battuto sul tempo. Aveva allora cercato un animale che potesse competere contro tale forza, per impossessarsi del titolo di capostipite ed ottenere quindi i giovamenti che sarebbero accorsi nei tempi a venire, grazie alla vicinanza con una potenza del creato come i Fenrir. Si era imbattuto nelle Manticore, animali fieri di sé che dimoravano nelle alture dell'Empireo, le Flex Fòghontes, anche conosciute come Fauci del Cielo per le loro punte simili a zanne. Riuscì a giacere con una di esse, la compagna del capobranco, il quale successivamente volle rivendicare l'offesa ricevuta ma fu ucciso da Koban prima che potesse compiere la sua vendetta. L'uomo allora s'impossessò della pelliccia della bestia uccisa, proclamandosi patriarca, e rinunciò al proposito di scontrarsi con Elnath quando la Manticora a cui si era donato ebbe il primo parto. Nacque un cucciolo ed un bambino, il figlio ed erede di Koban, e da quel momento si stabilì il legame di sangue su cui la sua e tutte le altre Dinastie si fondavano. Ad ogni nascita umana, una animale, ad ogni morte umana, una animale.
« Sei pensieroso Cass. » la madre si sporse verso il suo orecchio per farsi sentire al di sopra della confusione che si stava creando nella sala da pranzo. Doveva essere un banchetto in onore di Ermosed, solenne e silenzioso per onorare la sua memoria, ma si stava rivelando solo un'occasione per festeggiare la dipartita dell'odiato sovrano e per scommettere su chi, entro due giorni, avrebbe indossato la corona. Cassivellanus aveva un cugino di poco più grande, appena ventitrè anni, che si sentiva in diritto di reclamare lo scranno di suo padre perchè era stato lui, durante l'assenza dell'erede, ad aver affiancato il Rekkar in ogni sua decisione, imparando ad entrare in contatto con il potere fin dalla più tenera età. Cass ricordava poche cose sul suo conto, ma averlo avuto davanti per tutta la serata era stato istruttivo. Aveva appreso il profondo narcisismo che Cyphrine nutriva verso se stesso e l'elevata autostima che si sprigionava come un'aura luccicante tutt'intorno alla sua figura. Aveva notato quanto fosse sguaiato nel parlare e poco elegante nei gesti, ma aveva anche visto quanti fossero coloro che gli gestavano attorno, sostenendolo come un'orda di recalcitranti leccapiedi.
« E' disgustoso tutto questo. » gemette, pensando agli ultimi attimi di vita di suo padre. Si era spento sotto i suoi occhi con un sorriso beato, felice, aveva accolto la morte come una sorella ritrovata ed abbandonato l'esistenza su quella terra come la più orrida delle punizioni. Cass si era quasi ricreduto riguardo l'idea del morire, forse non si trattava solo di disperdere se stessi e chi si fosse stati, il coraggio di Ermosed poteva suggerire che davvero i Celesti potessero rivelarsi capaci di bontà e non soltanto di invidia, cattiveria e provocazioni. Magari avevano realmente creato un mondo dopo la morte in cui raccogliere i defunti ed eternarli ad una vita migliore.
« Perchè dici disgustoso? » Nueeq corrugò le sopracciglia scure, guardandosi intorno e domandandosi cosa ci fosse di disgustoso in quel banchetto. Gli uomini bevevano, le donne ridevano ed i più ubriachi si gettavano al centro della stanza improvvisando passi di danza esilaranti. Il cibo era corposo, succulento e le bevande varie, ma suo figlio non aveva toccato un solo piatto delle numerose portate che si erano susseguite. Aveva bevuto mezzo bicchiere di sidro per necessità ed il vino nel calice davanti a lui rimaneva alto e dondolava sanguigno ad ogni pugno che l'immensa tavolata subiva dopo qualche battuta ben detta.
« Coppieri! » Cyphrine sbraitò con quanta voce avesse in corpo e fece calare il silenzio sugli ospiti, almeno per un primo istante, il chiacchiericcio riprese non appena l'eco del suo ordine si disperse contro le pareti coperte d'arazzi. Dietro le sue spalle torreggiava la gigantesca pelliccia del capobranco delle Manticore ucciso da Koban, nera come quella di Matar.
« Statemi a sentire! » rinnovò l'urlo, intramezzato da una risata senza senso, e barcollò dalla sedia sulla quale si era messo in piedi. Cass temette stesse per cadere rovinosamente a terra, mandando in visibilio l'atmosfera già eccitata del banchetto, ma il cugino riacquistò equilibrio appena in tempo per tenersi eretto « Riempiamo i bicchieri, brindiamo! A quel gran bastardo di Ermosed ed a suo figlio, che finalmente ci omaggia della sua presenza. »
Alla fine della frase di Cyphrine, gli innumerevoli servi, che sostavano immobili contro le pareti, si fecero avanti, versando il vino nelle coppe di ognuno degli invitati. Il cugino attese che anche il bicchiere di Cassivellanus fosse riempito e poi innalzò al cielo il suo, salendo dalla sedia al tavolo. Tutti quanti compirono il medesimo gesto e Nueeq costrinse suo figlio a fare lo stesso, prendendogli il gomito ed alzando a forza.
« Che vinca il migliore tra noi due. » Cyphrine rivolse uno sguardo di sfida al diretto interessato e trangugiò per intero il contenuto appena versato. Uno ad uno gli ospiti fecero lo stesso, troppo spesso finendo anch'essi il dolce mosto e scoppiando in risate rozze e sconvenienti. Cass rimase con il bordo del calice poggiato alle labbra, rifiutandosi di bere finchè tutti gli occhi che aveva intorno non si rivolsero a lui, costringendolo a dover accettare il brindisi. Il vino fece appena in tempo a sfiorargli la bocca però, che una mano lo fece rovesciare interamente a terra, sporcandogli per gran parte il farsetto e la camicia.
« Devi essere stupido per fidarti di ciò che ti dà. » Almashan fece capolino da dietro le sue spalle, rimettendo in piedi la coppa con un sonoro schianto « I brindisi a Ctekratos si fanno con l'idromele, ma la Cantarella non si mischia con il miele. » lo costrinse ad alzarsi e con una spinta lo direzionò verso l'uscita del salone, ma prima di seguirlo si rivolse alla festosa combriccola che era piombata, tutto ad un tratto, nel mutismo.
« Dannato codardo, nemmeno hai il coraggio di ucciderlo con onore. Pensavi non mi sarei accorto della scomparsa di uno dei miei veleni più importanti? Sapevo tramavi qualcosa, ma non credevo saresti giunto a tanto. » accusò pubblicamente Cyphrine d'aver tentato d'avvelenare l'erede del sovrano ed accusò uno dopo l'altro i presenti di aver taciuto riguardo le sue intenzioni, prendendo parte attiva nel misfatto. Non escluse nemmeno Nueeq, la quale solo inizialmente finse di non saperne nulla, alla fine si arrese all'evidenza ed abbandonò il proprio posto con un'indignazione appena velata e le guance imporporate.
La festa parve essere giunta al termine, ma l'accusato scoppiò in una grassa risata e dopo di lui molti lo seguirono, pochi furono quelli che si alzarono per andarsene, umiliati dalle loro stesse intenzioni. La maggior parte voleva continuare a banchettare, e soprattutto assistere alla fine di quella disputa.
« Sta' zitto, sei stato il lecchino di mio zio solo per salvare la tua posizione di cialtrone di corte. Lo sappiamo tutti che i Grandi Sapienti sono morti. Morti! » Cyphrine canzonò Almashan, saltando giù dal tavolo ed incamminandosi verso di lui. Era più alto, più forte e sicuramente più cattivo della sua preda e questo gli donava la certezza d'essergli superiore in ogni ambito. I capelli inoltre, rasati ai lati e stretti in numerosissime lunghe trecce, gli conferivano un aspetto fieramente scontroso, intimidatorio, di cui amava sfruttare al meglio le potenzialità.
« Non ho bisogno che tu creda nel mio stesso culto o alla sua esistenza. Tantomeno necessito della fede dei tuoi tirapiedi. Sarete voi, a chiamarmi, quando comincerete a perire come appestati. » fu Almashan a dire l'ultima parola, facendo scorrere la vista sulle nude anime di coloro che erano rimasti e mettendoli in allerta di un pericolo che non sapevano aver già ignorato. Mancare di rispetto alla sua persona non era un'offesa, ma denigrare il culto più antico di tutta la storia, i cui effetti si erano palesati assai più spesso di quanto una religione permetterebbe, era una mancanza verso i quattro Grandi Celesti. E togliere devozione ad una divinità non poteva essere considerata una mossa saggia.

 E togliere devozione ad una divinità non poteva essere considerata una mossa saggia

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Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora