6.3 Incontri

83 8 6
                                    

« Mi incute terrore, Maitreya

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

« Mi incute terrore, Maitreya. Si sente che non risplende niente di buono in lui. » osò bisbigliare, sperando che Veer non la giudicasse superficiale per aver espresso un'opinione tanto negativa nei confronti di una persona che non conosceva.
« Non è sempre stato così. » si sedette ai piedi di un albero che immergeva le proprie radici nel fondo del laghetto e che, guardandole dall'alto della posizione di Vissia, parevano tinte di tutti i colori, eccetto che del naturale marrone. Quello specchio d'acqua era capace d'incanti ben oltre l'immaginazione della ragazza, se solo l'avesse toccato se ne sarebbe accorta, ma Veer aveva fatto il possibile per non farlo succedere. Scorgere frammenti del proprio futuro, essere in grado di ripercorrere il passato altrui, domandare che un segreto inespugnabile fosse svelato, erano possibilità che nessuno sapeva sfruttare senza esserne sopraffatto e costituivano la rovina di tutti coloro che ne assaporavano il potere. C'era un motivo se ai viventi fosse precluso di conoscere ogni cosa prima del giusto istante.
« Da quanto lo conosci? » Vissia lasciò che la gonna si disperdesse vicino a Veer, tra il terriccio ed i ciuffi d'erba, avvolgendola come una coperta, mentre anche lei prendeva posto al suo fianco.
« Sedici anni. L'ho conosciuto quando ne avevo dieci come Arian. » s'immerse nel dolce ricordo che aveva del sovrano dell'Ostro ad appena dodici anni, quando ancora sapeva cosa volesse dire amare altri all'infuori di se stesso. Di lì a pochi anni Kuhrah avrebbe tramutato suo figlio nella bestia che gli sarebbe stata fatale.
« Hai ventisei anni? » Vissia fece due calcoli e sembrò sorpresa, lei ne aveva ventuno ed i suoi coetanei parevano addirittura più vecchi di Veer. Certo, era consapevole che avendo un figlio della stessa età di Bastian, non potesse essere ventenne, eppure non gli avrebbe mai dato un'età prossima ai trent'anni.
« Chi è legato ad un animale longevo, come un Drago od un Fenrir, invecchia assai meno rapidamente. Le prime rughe compaiono di norma attorno ai novant'anni, anche se ci sono stati casi in cui sono apparse solo dopo i cento. Abbiamo una vita media di centotrent'anni, perchè l'invecchiamento, una volta iniziato, procede veloce. » si voltò verso di lei e con un'alzata di spalle concluse la spiegazione. « Maitreya ha ventott'anni. »
« Sembra più vecchio. » rise, sentendosi leggera come se quanto detto da Veer valesse anche per lei, se fosse rimasta lì.
« E' colpa della barba, credo. » accennò una risata anche lui, tastandosi le guance lisce, sgombre da ogni accenno di peluria. « Gli ho consigliato più volte di rasarla. Non mi ha mai ascoltato. Nemmeno sul farsi crescere i capelli. » il sorriso si spense silenziosamente: sapeva per quale motivo Maitreya non volesse tenerli lunghi, lo sapeva bene. La somiglianza con Mothalthin sarebbe risultata per lui insopportabile, Asper li aveva leggermente mossi, ma i due fratelli maggiori possedevano una riccia chioma castana esattamente uguale alla loro madre e mai nessuno aveva mancato di sottolineare quanto fossero simili, almeno fino a quando Maitreya non li aveva tagliati sopra alle spalle. A Kuhrah era mancato così poco per soffocarlo tra gli schiaffi, che non aveva più osato alzare mano su Maitreya. Anche perchè, diventato più grande, temeva che si sarebbe potuto rivoltare contro di lui. Mai paura fu più fondata, ragionò Veer, dimenticandosi momentaneamente di Vissia.
« Perchè è così importante averli lunghi? Eccetto Maitreya, nessuno li ha più corti di metà schiena. » fu una constatazione improvvisa, la sua. Non aveva riflettuto affatto sui particolari, non ancora perlomeno, lo stava facendo solo discorrendo pacificamente con Veer in quella radura ed a poco a poco le saltavano agli occhi, come cavallette in un campo di erba alta, sempre più informazioni.
« Sono simbolo della casta sociale più elevata. Come le maniche del tuo bliaut. » Veer le indicò e Vissia involontariamente le prese tra le mani, cominciando a stropicciarle « Chi deve sudare sotto il sole per il proprio lavoro, non è pratico a tenerli lunghi. Potrebbe farlo, non è costretto a portarli corti, ma non gli conviene. Nel tempo si sono sempre più accostate la lunghezza di un qualcosa e la nobiltà. Le maniche, i capelli, le unghie, le ciglia, qualunque cosa possa creare fastidio nei gesti quotidiani. Non ha molto senso, ma è tradizione, quindi è naturale che possa non averlo. »
Vissia fu sul punto di replicare qualcosa, ma le parole morirono sul pelo delle sue labbra a causa di un vicino rumore di passi pesanti, la terra calpestata sotto gli stivali progressivamente più prepotentemente fungeva da presagio: chi avesse generato quei suoni non avrebbe tardato a mostrarsi. Veer si levò in piedi a malincuore, tendendo le orecchie per captare qualunque altro indizio che desse consiglio su cosa si stesse muovendo tra gli alberi e se avesse rappresentato una minaccia per entrambi. Non ottene altre informazioni, decise dunque che sarebbe stato lui a trovarle. Da solo. Non poteva rischiare che lo scovassero a dilettarsi con Vissia, completamente privo di protezione e denudato d'ogni arma, per di più fuori dalle mura senza che nessun altro eccetto loro due lo sapessero. Invitò la ragazza a rimanere immobile ed in silenzio, nonostante si stesse distanziando da lei, e con un fischio richiamò a sé i cavalli. Myrza e Chara non tardarono a mostrarsi, incuranti della presenza invadente che a Veer stava creando tanto disturbo, ma che loro non parevano ritenere un pericolo. Con una spinta li direzionò verso Vissia che fu sveglia nell'afferrare le loro redini per fermarli, le fece un cenno di approvazione e si voltò nella direzione opposta. Il cuore che fremeva in gola per farsi rigurgitare a causa della pressione. Mosse altri passi, facendo attenzione a dove poggiasse i piedi per evitare di mostrare la sua posizione, ideale per nascondersi grazie alle rocce che dalla cascata risalivano per tutto il corso del fiumiciattolo. Stava imprecando silenziosamente per essersi involontariamente infangato fin le caviglie, quando vide qualcuno muoversi. Non erano un paio di persone come aveva immaginato: decine e decine di ragazzini, perchè uomini non si potevano definire, stavano camminando a ritmo di marcia, divisi in tre file simmetriche. Innanzi a loro, due figure ammantate in un tessuto lucido e pregiato, che rifletteva la luce del sole ormai prossimo al tramonto, stavano dirigendo l'avanzamento. A Veer sembrò di riconoscere la chioma ramata che pendeva, stretta in una treccia, fuori dalla copertura del cappuccio, ma fu solo un istante, scacciò il pensiero che si potesse trattare di lei e, appurato che non avessero nulla da temere riguardo quegli stranieri, che in verità stranieri non erano perchè la Foresta Celibea si estendeva sì nell'Ostro ma per gran parte, compreso dove si trovavano loro, anche in una delle tante Terre Libere, che non appartenevano a nessuna Dinastia precisa, tornò da Vissia.
« E' meglio che torniamo indietro. Siamo fuori da troppo tempo. » bofonchiò, ed alzando lo sguardo da terra, la sorprese mentre si guardava nuovamente sulla superficie del laghetto. Si arrestò di colpo.
« Non hai toccato l'acqua, vero? »
« No. Hai detto di non farlo. » gli rispose, scrutandolo con quelle sue iridi terrose.
« Io non l'ho mai detto questo. » per un attimo fu insicuro sulle proprie parole, Vissia era sembrata così certa di ciò che avesse detto che non ebbe coraggio di non dubitare di sé.
« Invece sì. » insistette, cocciuta come quella mattina nella stanza di Mothalthin.
« Non ci ho fatto caso. » Veer lasciò cadere il discorso, troppo incupito dalla visione di quei giovani intenti nella loro marcia. « E' meglio che torniamo a Thora Koshra. Si è fatto tardi. » montò in sella a Myrza dopo aver aiutato Vissia a salire in groppa a Chara, dato che non ci era riuscita nemmeno al terzo tentativo. Diede un colpo coi talloni al cavallo e rimase attento che fosse seguito dalla sua compagna.
« Hai visto qualcosa? » la voce di Vissia provenì dalle sue spalle, così vicina da confermargli che stesse riuscendo a tenere il passo accelerato a cui stavano preseguendo nell'intricato ammasso di boscaglia che precedentemente avevano percorso a piedi.
« No. Per questo è meglio se ce ne andiamo. » le mentì e non seppe nemmeno lui il perchè l'avesse fatto.

 » le mentì e non seppe nemmeno lui il perchè l'avesse fatto

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora