2.2 Scoperte

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« Avanti, raccoglila

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« Avanti, raccoglila. Dimostrami che scendere tra i mortali non ti ha scalfito. » Maitreya aveva insistito per convincerlo a duellare e la lama che lo guardava da terra, deridendolo, non lasciava tempo per altri rifiuti. Avrebbe dovuto prenderla in mano ed aggrapparsi ai ricordi per lottare senza morire, l'elsa finemente istoriata che lo avvertiva di quanto quella spada fosse reale ed affilata: il sovrano non si abbassava certo ad usarne di fasulle. Sarebbe stato doloroso, pensò, mentre impugnava un'arma che gli pareva estranea nonostante avesse trascorso la propria esistenza al suo fianco. Erano cinque anni, cinque che non ne vedeva né tantomeno toccava una, anni in cui non si era nemmeno più posto il problema di tenersi in allenamento e l'idea di dover riaffrontare un uomo corpo a corpo appariva nella sua mente sfocata ed ambigua, non facente parte della normalità come invece lo era in quella di Maitreya. Si sentì estraneo in casa propria e se ne vergognò tremendamente, la vita dei comuni mortali lo aveva scalfito, ferendolo in profondità per poi rigettarsi nel suo corpo prendendone il possesso. Era diventato debole, incline ai sentimenti e favorevole alla libertà di pensiero, la caricatura del sovrano che fu. Si scansò appena in tempo per evitare un fendente del re a poca distanza dal suo volto ed incrociarono le loro lame, decretando l'inizio di una sfida in cui avrebbero versato sangue in due, se solo Veer non avesse conosciuto la parola pace. Maitreya lasciò la spada danzare tra le proprie mani, quasi a sbeffeggiare l'avversario di non esserne capace, poi tentò un fendente verso la sua coscia che finì dolorosamente in porto, squarciando di netto la stoffa e la pelle. Indietreggiò con movimenti felini, era abile nel muoversi e fermo nell'attaccare, uno spettacolo unico di forza e agilità che attirò gli occhi di quanti passassero nelle vicinanze. Ben presto una piccola folla di soldati e servi iniziò timidamente a raccogliersi attorno ai due sfidanti e Veer sentì la pressione aumentare, particolarmente quando si accorse che tra quelle persone c'erano volti conosciuti, tra cui Vissia nelle prime file, una smorfia di orrore a storpiarle i lineamenti delicati. Tentò di richiamare a sé l'esperienza acquisita in anni di perpetue ribellioni nelle quali lui, lo stesso che ora stava miseramente sanguinando dopo un primo attacco, aveva partecipato in prima fila uscendone vincitore. Battaglia dopo battaglia non si era mai lasciato intimidire dalla difficoltà, dai numeri a suo svantaggio e dalle sorti avverse che molti ciarlatani prevedevano per il suo corso vitale, liberava la mente e lasciava che l'istinto primordiale di sopravvivenza lo travolgesse con tutta la sua potenza.

«Pensavo che duellare fosse come andare a cavallo: una volta che l'hai imparato non lo dimentichi. » sferrò un fendente che Veer riuscì a fermare a mezz'aria ed accennò un sorriso
« Forse mi sono sbagliato. » lasciò che lo sfidante potesse acquistare fiducia, permettendogli di sferrare qualche colpo senza che però lo raggiungesse mai veramente e concedendo lui di avanzare fino a ritornare al centro del prato verde su cui tutto aveva avuto inizio. Poi però si stancò di parare mosse irrimediabilmente prevedibili e riprese le sue azioni di attacco, studiando nei particolari i gesti di chi aveva di fronte. Maitreya era un calcolatore, freddo e senza scrupoli, avrebbe lasciato che il tempo scorresse anche per ore pur di trovare un punto debole verso cui muoversi ed agguantare la vittoria. Così stava facendo, e con rammarico notava sempre più quanto Veer fosse diventato un avversario mite e facilmente valicabile, un'ombra sbiadita del guerriero spietato che fosse stato. Erano passati solamente cinque anni, eppure stentava a riconoscerlo, undici anni passati al suo fianco sembravano essersi ridotti in granelli di polvere tanto piccoli che una folata di brezza li aveva già dispersi. Quello non era il ragazzo con cui aveva condiviso la sua adolescenza, la sua vita intera nel bene e nel male, era un uomo diverso, un uomo più schiavo di se stesso che padrone degli altri. Accarezzò il suo zigomo con l'acciaio tagliente, lasciando dietro di sé un taglio zampillante di rosso e si allontanò di qualche metro per guardare cosa avrebbe fatto. Voleva fargli ritrovare la forza, l'onore ed il coraggio e poteva farlo solo umiliandolo innanzi a tutti coloro che stessero guardando, la ragazza che aveva portato con sé in particolar modo doveva vederlo in difficoltà. Doveva usarla, era lì, a guardarlo pietrificata, non poteva non approfittarne per ledere la dignità di Veer e farlo tornare in sé.
« Saresti già morto se l'avessi voluto, Dhoveerdhan. »
« Fallo, Maitreya. Hai paura? » Veer lo incitò, il desiderio di rivalsa che gli scorreva in corpo come ossigeno. Aveva compreso i piani di Maitreya, il suo volerlo mortificare spietato per infliggergli una pena che gravasse sul suo cuore come un macigno, di cui si sarebbe potuto liberare solo riacquistando la lucidità che lui non vedeva più nei suoi occhi. Aveva sofferto silenziosamente in tutto quel tempo, non piangendo la morte di sua moglie e sorella, la distruzione della sua Dinastia e la perdita di tutto ciò che avesse avuto valore, si era cucito indosso il mantello dell'indifferenza, fingendo che quanto fosse accaduto non l'avesse nemmeno sfiorato . Invero, quella stessa indifferenza l'aveva lacerato inconsapevolmente ed ora se ne rendeva conto, dovendo fronteggiare nuovamente la realtà che si era ripromesso di non incontrare mai più e non essendone in grado. Il fuoco ardente si era ridotto a brace, il suo animo fiero uno spettro raggrinzito. Voleva davvero essere un codardo? Impugnò l'elsa della spada più saldamente, con entrambe le mani, e decise che il suo passato non l'avrebbe ulteriormente ostacolato. Fendette l'aria per un paio di mosse ma alla fine un clangore di metallo risuonò nelle orecchie degli astanti, un suono dopo l'altro, sempre più forte, sempre più tonante, che si spandeva nell'eco del luogo circondato dal porticato. Stavano combattendo, lottando sul serio come nemici in quel momento, dimentichi del rapporto che li legasse, troppo testardamente orgogliosi perchè uno s'inginocchiasse al cospetto dell'altro. Chi dei due avesse perso, non avrebbe smarrito solo il proprio rispetto personale ma quello di chiunque. Maitreya infine vide la debolezza che tanto aveva atteso, sull'avambraccio destro scoperto dalla guardia di Veer, un solo fendente ben assestato in quel punto ed il dolore gli avrebbe fatto cadere la spada dalle mani. Si preparò ad avanzare ma qualcosa andò storto, Veer respinse il suo attacco ed in una sola mossa gli puntò l'arma alla gola, la punta che premeva contro la molle carne sotto il mento e nelle pupille un'oscurità indefinita, la spada del sovrano penzolante dalla mano.
«Non sottovalutarmi. » lo minacciò Veer, socchiudendo le palpebre in uno sguardo di puro odio che bastò per fargli calare l'attenzione, abbastanza da permettere a Maitreya di reagire. Rinsaldò la presa sull'impugnatura ed abbassandosi si fece strada nel tessuto che copriva gli stinchi di Veer, aprendo due nuove ferite sanguinanti con un unico gesto e costringendolo a barcollare per la sorpresa. Approfittò del suo momentaneo sconvolgimento per concludere lo scontro, attuando ciò che si era già prefigurato nella mente. Un colpo netto e gli lacerò anche la carne del braccio che ancora teneva in mano la spada, obbligandolo a lasciare la presa ed accasciarsi al suolo.
«Non sopravvalutarti. » ghignò, solleticando a sua volta la bianca pelle del collo di Veer e meditando se premervi contro o meno. Tutti si aspettavano che l'uccidesse, perchè mettersi contro la sua persona era un affronto mortale, ma l'invito a combattere era giunto da lui. Sarebbe stato scorretto negarlo. Rinfoderò l'arma nella cintura di cuoio che portava molle attorno alla vita e gli porse una mano per aiutarlo a rialzarsi, la fronte prima corrucciata ora si era distesa, rivelando un'espressione imperturbabile ma pacata.
«Tornate ai vostri compiti, perditempo. » tuonò senza preavviso, facendo sciamare come mosche la piccola folla riunitasi per ammirarlo. Rimase solo Vissia, accompagnata da una donna che era stata incaricata di sistemarla come si confaceva ad una corte. Si chiamava Mocma, era piuttosto anziana eppure indossava la propria età come un gioiello, ritta con la schiena ed infaticabile, aveva assistito la ragazza mentre si lavava e le aveva procurato un bliaut color pesca di fattura pregiata secondo quanto le era stato richiesto, ma non si era limitata solo a soddisfare degli ordini. Era riuscita di sua volontà persino a raccogliere i pagliosi capelli di Vissia in una treccia elegante, più lunga di quanto lei stessa si fosse aspettata, abbellendola con piccole perle argentate che ottimamente si abbinavano alla collana che si mostrava pretenziosa sulla casta scollatura e che anni or sono aveva adornato persino il petto della moglie del fratello maggiore di Maitreya.
«Hai bisogno di un medico. » il sovrano guardò Veer che non si scompose, riacquistò la propria fierezza ed ignorò il pungente fastidio delle ferite « E di altri vestiti nuovi. Mocma, pensaci tu.» ma Veer non le permise nemmeno di muovere un passo. Scrostandosi il sangue dalla guancia s'incamminò, lasciando alle proprie spalle un'aria carica di rimorso. « So occuparmi di me stesso. »
Vissia rimase immobile al cospetto di Maitreya, alle sue spalle c'era Mocma ma si sentiva sola nell'affrontarlo, nell'affrontare il disgusto che lui provava nel vederla respirare la sua stessa aria. Non si capacitava del motivo per cui la odiasse e sentiva di dovergli dimostrare qualcosa, qualunque cosa che gli facesse cambiare opinione su di lei, ma non sapeva come. Si trovava ai piedi di un monte così alto da disorientarla, confonderla riguardo dove e quando dovesse iniziare a scalarlo.
«Seguilo, Mocma. E' testardo ma non stupido. » il re si massaggiò le tempie tra pollice e medio, scuotendo la testa con gli occhi chiusi. Vissia si permise di rivolgergli delle occhiate fugaci, visto da vicino i suoi lineamenti erano duri ma piacevoli. I capelli quasi ricci incorniciavano fino alle spalle un viso adulto solo per lo sguardo, la pelle al contrario era fresca e giovanile, ben curata come il resto del corpo. Si sorprese a pensare che fosse avvenente, con un fascino sinistro che la lasciava al contempo smarrita e attratta. Come un quadro che non comprendi fino in fondo ma nonostante tutto ne sei sedotto. Distolse l'attenzione da lui quando riaprì gli occhi e seguì il percorso di Mocma passo dopo passo fingendo che le interessasse davvero dove stesse andando. Infine attese che fosse Maitreya ad andarsene, perchè le ginocchia le si erano fatte molli e camminare avrebbe dato loro la possibilità di cedere.
«Dhoveerdhan tiene a te. Sarai la sua nuova rovina. » la lasciò sola a riflettere sulle sue parole. Detestava quella ragazza con tutto se stesso, somigliava in una maniera sgradevole a lei, starle vicino non faceva che ricordargli il motivo per cui Veer era fuggito, il motivo per cui il suo migliore amico aveva perso tutto, per cui aveva abbandonato l'onore in favore della vigliaccheria. Per cui lo aveva abbandonato a se stesso.

 Per cui lo aveva abbandonato a se stesso

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Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoWhere stories live. Discover now