14.3 Legami

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« Dov'è Arian? Dov'è mio figlio? » sibilò Veer, facendo scorrere la vista sulla stanza vuota ed il letto immacolato sul quale Arian avrebbe ipoteticamente dormito

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« Dov'è Arian? Dov'è mio figlio? » sibilò Veer, facendo scorrere la vista sulla stanza vuota ed il letto immacolato sul quale Arian avrebbe ipoteticamente dormito.
Non aveva perso tempo nell'andare a cercarlo; appena Almashan era scomparso dietro l'angolo del corridoio insieme a Cassivellanus, lui si era diretto istantaneamente dal bambino. Non aveva lasciato nemmeno la possibilità a Maitreya di assicurarsi che, quanto detto, coincidesse con la realtà. Il sovrano aveva confidato in Kaitos, aveva affidato il figlio del suo migliore amico ad un animale senza farsi troppi problemi di cosa ne avrebbe fatto, ed ora Arian non era dove sarebbe dovuto essere.
Maitreya rimase a scrutare le coperte ben tirate ed i cuscini in ordine, scosso da un brivido di panico sul da farsi: non aveva idea di dove si trovasse. Poteva benissimo essere ancora riverso sul pavimento della privata sala dei pasti, la mente incapace di ragionare a causa del Lhuryll; poteva essere supino e dormiente in qualunque superficie raggiungibile da un Fenrir, incurante della bestia che gli giacesse al fianco; oppure poteva tranquillamente trovarsi in una qualsiasi delle altre camere. In qualunque circostanza si trovasse, però, era certo che Kaitos non l'avesse lasciato neppure un attimo. Quel maledetto lupo era stato sicuramente più cauto e prudente del padrone; il biasimo che Maitreya gli aveva visto tra le iridi rosse ancora lo ricordava nitidamente, a differenza di tutto il seguito, il quale gli pareva soltanto un turbinio di parole, gesti e sensazioni che non poteva permettersi di far emergere in quel momento.
Il sovrano si concentrò con tutto se stesso per tentare di percepire la presenza nebbiosa del proprio Fenrir, dando le spalle a Veer e chiudendo gli occhi affinché non lo vedesse. L'ultima cosa che doveva fare, era dimostrare di non sapere affatto dove quel piccoletto avesse trascorso la notte, allora veramente Dhoveerdhan l'avrebbe odiato. Già era certo non l'avrebbe mai perdonato se avesse saputo di Vissia.
« È nelle tue stanze » il volto gli s'illuminò di una luce ritrovata e rivolse a Veer un sorriso rassicurante, architettando nella sua testa una spiegazione plausibile per l'errore commesso « ricordavo male. Avevo in testa solamente l'incontro con Cassivellanus, non ho nemmeno ragionato su quanto stessi dicendoti. Ieri sera, andando a letto, si sentiva solo. Non me la sentivo di comportarmi da genitore, davvero. L'ho fatto andare a dormire nel tuo letto e Kaitos gli è rimasto al fianco. » si propinò in una spiegazione tanto credibile alla quale Veer ricambiò il sorriso, quasi da far intendere quanto lo capiva, capiva cosa volesse dire sentirsi sotto pressione e perdere il filo della ragione.
Maitreya attese l'amico si fosse già allontanato prima di iniziare a seguirlo, il sudore freddo che gli bagnava ogni viscera dell'intestino lo aveva pregato per un attimo di pace. Quella giornata era iniziata meglio, ma in pochissimo tempo si stava trasformando in un incubo senza fondo: nascondere fatti privati della sua vita non gli era mai sembrato così complesso. Se soltanto si fosse accasciato a bere in qualche angolo remoto del castello, forse adesso non dovrebbe fare i conti con tutti quelli che aveva tirato dentro alla sua bravata. Ma la sera precedente non era riuscito ad accettare di doverla trascorrere in solitudine, riversando i problemi che l'affliggevano nel vino aranciato di suo padre e piangendosi addosso. Sapeva avrebbe pianto, ne era convinto. Magari anche per quel motivo aveva voluto coinvolgere sia Vissia sia Arian, stare a contatto con le persone gli impediva di lasciarsi totalmente inghiottire dalla voragine interiore che sentiva guadagnare terreno giorno dopo giorno.
Si lasciò la stanza vuota alle spalle, guardando avanti nella direzione imboccata da Veer, e decise di lasciarlo ricongiungersi a suo figlio senza di lui. Era consapevole Arian avrebbe potuto non essere effettivamente con Kaitos, ma aveva scontrato la sua anima con quella del Fenrir tra le mura della camera di Veer; quale altro motivo poteva spiegare la presenza di Kaitos proprio lì, se non quella stessa di Arian? Si convinse della propria intuizione e prese a camminare nella direzione opposta, certo di voler vedere Vissia prima che l'avesse vista Veer. Doveva parlare con quella ragazza, parlarle così chiaramente da spaventarla. Non esisteva persona più fedele di Dhoveerdhan, aveva donato tutta la sua esistenza a Solana, e se aveva deciso di concedersi a lei, qualcosa di profondo doveva averlo indotto a farlo. E non sarebbe stato lui a stracciare quel qualcosa, annientando la speranza del suo migliore amico di avere nuovamente accanto una donna degna della sua fedeltà. Ogni evento, ogni gesto, ogni emozione accaduti il giorno precedente dovevano essere cancellati, dimenticati. Tra loro non sarebbe potuto nascere nulla, questo doveva dirglielo schiettamente, niente giri di parole che l'avrebbero potuta confondere. Non meritava di illudersi, di essere imbrogliata e canzonata, Vissia era una creatura così forte nell'animo che avrebbe saputo accettare la sua decisione. Di amori illeciti non voleva più averne, non dopo la morte di Gaverna. Se anche Vissia avesse subito il medesimo destino, un fardello si sarebbe aggiunto sul suo cuore, così pesante che, forse, alla fine sarebbe scoppiato. Dopotutto, quella ragazza l'aveva salvato già una volta dall'implodere su se stesso, se fosse venuta a mancare non ci sarebbe stato più nessuno a chiedergli di fermarsi.
Era possibile, per una persona, diventare tanto importante in una sola giornata?
Maitreya accantonò la risposta, bussando alla porta della propria stanza e scrutandosi attorno guardingo prima di entrarvi. Non voleva che qualcuno vedesse entrare lui e poi uscire Vissia, sarebbe stato troppo fraintendibile come comportamento. E Mihir si aggirava così insistentemente tra i corridoi delle camere private dei tre fratelli negli ultimi tempi, che facilmente avrebbe potuto scorgere attimi rubati tra il tremolio di una candela ed una sottoveste bianca. Esattamente come aveva fatto con Gaverna. E di sicuro non avrebbe saputo tacere neppure la seconda volta.
Il sovrano si richiuse la porta alle spalle, abbandonando la maniglia a testa di lupo solamente sentendo la serratura scattare. Lasciò lo sguardo vagare sopra i pochi ed essenziali mobili che arredavano il luogo, scarno e decisamente poco elegante eccetto per la ben fornita libreria che si ergeva dalla parte opposta del camino acceso; si decise poi a guardare la figura nascosta tra le lenzuola. I capelli biondi erano sparsi tra il bianco e il rosso delle coperte, come un campo di grano maturo, giallo oro sotto la luce del sole. Gli occhi si intravedevano attraverso quella coltre cerea, ancora chiusi, ed i delicati zigomi adagiati sul cuscino erano rilassati, spolverati di un accenno rosato.
Il corpo dalla pelle liscia, pallida ed imperfetta, si nascondeva tra le pieghe della stoffa in una posizione scompostamente elegante. Vissia era così simile a come doveva essere Solana, che Maitreya acuì il proprio senso di colpa per essersene impossessato. Nonostante questo, non riuscì a trattenersi dal sedervisi accanto e carezzarle un fianco nudo che si stava mostrando a lui in tutta la sua semplicità. Si sdraiò supino vicino a lei, rivolgendole lo sguardo in attesa che le palpebre si aprissero ed ornassero quel viso aggraziato con il marrone quercia dei suoi occhi. Le sfiorò una guancia, rigirandosi anche lui di lato ed accostandosi alle labbra chiuse della ragazza: era così difficile impedire a se stesso di ritenerla ormai sua, che gli faceva dolere il petto più di una freccia conficcata dritta nel muscolo cardiaco. Le regalò un bacio impercettibile, scostandole ciocche ribelli dal volto e facendo scorrere le dita affusolate tra le stesse, quasi desiderasse placare la loro innata ribellione solo per un attimo.
Vissia si destò proprio mentre il palmo di Maitreya le toccava la nuca con una delicatezza indescrivibile; stentava a credere che un uomo così forte fosse capace di tanta soavità. Prese la mano tra la propria, districandola dai suoi capelli e baciandola sul dorso con un sorriso ingenuo ed incantevole. 

 

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Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoWhere stories live. Discover now