4.1 Risvegli

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« Vissia, svegliati

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« Vissia, svegliati. » la ragazza percepì la voce che la chiamava come un eco lontano, indefinito. Captava appena quale significato avesse, la sua mente stanca ancora assopita non le permetteva di elaborare nessun genere di informazione, nemmeno la più semplice. Le sembrava un lamento di Bastian, lo faceva spesso durante le vacanze estive, di svegliarsi presto ed andare a disturbare il suo sonno affinchè facesse lui compagnia nei giochi più disparati che l'intelletto di bambino gli permetteva di inscenare. Eppure quando si allungò verso l'ipotetico fratellino per prenderlo tra le proprie braccia e convincerlo a concederle almeno altri dieci minuti di riposo, avvinghiò un corpo troppo grosso per essere suo e nella ricerca delle piccole mani paffute incontrò due palmi più grandi dei suoi, lisci ma certo non morbidi. Li strinse comunque, convinta che il dormiveglia le stesse giocando un brutto scherzo e sentendo in cuor suo una necessità di gustare il sapore di casa, di quotidianità che tanto amava, nonostante ci fosse una luce accesa nella sua testa, a ricordarle di soppiatto, che non le sarebbe stato possibile rivivere certe emozioni. Non in quel momento.
« Vissia. » si sentì nuovamente chiamare, proprio nell'istante in cui stava scivolando nel sonno un'altra volta. Si convinse dunque che Bastian non avrebbe ceduto, doveva alzarsi e seguirlo, o rimanere a letto senza poter dormire. Aprì gli occhi e la prima cosa che vide fu il nero, accompagnato da una sensazione di prurito sul viso. Il suo respiro era affannoso, caldo e si stava addensando tra la chioma corvina della persona al suo fianco. Alzò lo sguardo, rimanendo però immobile: sentiva un moto di piacere nello stare in quella posizione, anche se non riusciva tutt'ora a realizzare appieno a chi lei si stesse aggrappando, le dava sicurezza. I suoi occhi incontrarono il tendaggio rossastro di un letto che non era il proprio, lei non possedeva cose tanto pregiate. Per di più nella sua camera da letto, un ambiente che non aveva subito modifiche da quando era una ragazzina vergognosamente ossessionata da sogni infantili. Decise di schiudere l'abbraccio sul malcapitato al suo fianco e si puntellò sui gomiti per osservare dove si trovasse. Si trattava della medesima stanza in cui era crollata a letto la notte precedente, solo che grazie alla fioca luce del mattino adesso poteva osservarne ogni angolo e rimanerne affascinata. Non avrebbe mai creduto possibile che delle pareti potessero essere rivestite di affreschi, ma quelle lo erano ed i ricami floreali avvolgevano il letto regale su cui aveva dormito; le coperte anch'esse fregiate degli stessi motivi erano avvolte dalla struttura del baldacchino in legno lucido, da cui pendevano, legate, tende leggerissime più bianche della neve. Veer rimase ad osservare lo stupore dipinto sul volto di Vissia dalla sua posizione prona, la testa affondata nel morbido cuscino ed i capelli sparsi tutt'attorno.
« Era la stanza del fratello di Maitreya. » disse, mettendosi a sedere con la schiena poggiata alla testiera intarsiata « Mothalthin aveva gusto estetico, diversamente da Maitreya. »
L'occhiata che Vissia gli rivolse nel sentirlo parlare accanto a lei nel letto fu più eloquente di qualunque domanda.
« Ti ho sentita piangere stanotte. » ammise, per giustificare la sua presenza e comprese che Vissia non era stata cosciente dei lamenti che aveva fatto susseguire per ore, ininterrottamente, fin quando non si era avvicinato. Il suo intento iniziale non era stato affatto quello di aiutarla a tranquillizzarsi, l'aveva raggiunta semplicemente per dirle di tacere poiché la giornata trascorsa poteva annoverarla tra le peggiori della sua esistenza e desiderava davvero dormire in santa pace per scrollarsela di dosso. Ma la visione di Vissia, stretta a se stessa sotto le coperte ed in preda ai singulti, gli aveva stretto il cuore in una morsa, sconcertandolo abbastanza da provarne pietà. D'altronde nessuno meglio di lui poteva immedesimarsi nella sofferenza che si prova ad essere lontani dai propri affetti e non poterli rivedere neppure desiderandolo. Abbandonò la posizione distesa e mosse imbarazzato qualche passo, incerto su come agire. Avrebbe voluto andarsene, dimenticare il calore del corpo di Vissia e concentrarsi su questioni di valore ben più accertato, eppure era altresì spinto a rimanere con lei, una creatura così indifesa che tanto ricordava la fragilità di Solana e verso cui si sentiva in dovere di proteggerla.
« Grazie. » la sentì dire, flebile come il battito d'ali di una libellula. Anche lei si trovava in una situazione che le creava non poco disagio, l'idea di aver dormito accanto a Veer la stordiva sensibilmente e le parole che lui le aveva detto, riguardo il suo inconsapevole pianto notturno, non le venivano in soccorso. Aveva fatto la figura di una bambina incapace di controllarsi e non se ne dava pace, non voleva avere la compassione di nessuno, tantomeno quella di Veer. E se anche Maitreya l'avesse sentita? Le si formò un groppo in gola a pensare a quello sguardo pesante su di lei, misto d'odio, d'ira e disgusto. Insostenibile per un'autostima già traforata come la sua.
«Ti lascio vestire, mando Mocma ad aiutarti. » sentenziò Veer, sistemandosi meglio che potè l'aspetto trasandato che aveva intravisto nello specchio ovale appeso alla parete, vicino alla finestra da cui traspariva il mattino appena nato.
« No. » rispose, scoprendo la vestaglia ricamata che doveva essere appartenuta a Gaverna. Le stava meravigliosamente bene, come il bliaut del giorno precedente dopotutto, ragionò Veer, indisposto per i suoi stessi pensieri. « Faccio da sola, davvero. »
« Non ci riusciresti neppure volendolo. » ma Vissia era testarda, troppo per non tentare almeno di trovare cosa infilarsi addosso. Vagò per tutta la lunghezza della stanza, aprendo ante e cassetti alla ricerca di intimo e vestiti, ma erano uno dopo l'altro inesorabilmente vuoti. Si rabbuiò nel constatare che Mocma non serviva a vestirla come lei non ne fosse capace, ma piuttosto a portarle gli indumenti con cui farlo.
« Dunque? » Veer aveva aperto la porta e si era affacciato in corridoio, un accenno di risata che gl'illuminava la bocca. Vissia annuì, perlomeno non avrebbe dovuto correre lei per le vie del castello, mezza nuda, in cerca della donna. Sparì dietro l'uscio, lasciandosi alle spalle il dolce profumo di una nottata trascorsa piacevolmente insonne.

Maitreya era andato a cacciare come era sua consuetudine fare alle prime luci dell'alba, quando ancora gli animali non evitavano la luce solare per paura di essere scoperti

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Maitreya era andato a cacciare come era sua consuetudine fare alle prime luci dell'alba, quando ancora gli animali non evitavano la luce solare per paura di essere scoperti. Adorava accompagnare Kaitos a nutrirsi, ed anche se al Fenrir non serviva compagnia né aiuto alcuno, accettava la presenza del sovrano sulla propria groppa senza indugi ed insieme costituivano la morte certa per qualunque malcapitata bestia attraversasse la loro visuale. Se non erano le fauci di Kaitos ad afferrarne la gola, era una freccia di Maitreya a perforarla ed in tal caso la vittima non solo sarebbe stata mangiata fino all'osso, ma avrebbe prima dovuto subire anche il rito di un ricco condimento per essere resa più succosa. Vissia ed Arian, con i quali sperava di non sentirsi totalmente inutile, li aveva smarriti nei pressi delle cucine, inebriati dall'odore di una colazione fatta di prelibatezze. A lui aveva solo fatto ribrezzo il forte profumo di dolci che fuorisciva dai vassoi, coperti nella speranza di tenerli caldi per il ritorno di Maitreya. Non aveva mai apprezzato gli strati su strati di zucchero che s'incastravano tra i denti ed il sapore mielato che s'ancorava alla gola per ore, riducendo il gusto di qualunque altra cosa si provasse a mangiare dopo. Però non aveva nemmeno voluto costringere loro ad allontanarsi con l'acquolina in bocca, dunque aveva proseguito in solitudine il proprio proposito di rendersi utile, prendendo un tozzo intero di pane in mano insieme ad una fiaccola, e tentando di ricordarsi quale fosse la strada per raggiungerlo. Gli avrebbe portato dell'acqua, ma muoversi per tutto quel tragitto con una brocca in mano avrebbe costituito un motivo troppo facile per notarlo, forse un altro giorno sarebbe riuscito a nascondere un bicchiere non troppo pieno sotto un gilet più largo, per quella volta stava già rischiando abbastanza. Un passo falso e Maitreya avrebbe ottenuto il motivo per ucciderlo senza avere problemi di renitenza da parte della sua coscienza. Veer non era sicuro di quanto tempo avrebbe avuto a disposizione per tornare prima che la sua assenza fosse notata, ma contava di possedere almeno un paio d'ore, considerando la grandezza del castello e tutte le persone che a pocoa poco l'avrebbero popolato. Sperò di aver imboccato le gallerie esatte quando, già compiuti numerosi passi, non aveva ancora trovatola chiocciola di scale della torre ed i dubbi cominciarono ad assalirlo. Sbagliato, sbagliato, hai sbagliato zucca dura, una voce nella sua testa l'assillava, convincendolo di dover tornare indietro e rinunciare al suo vano intento di carità verso un uomo che aveva tutte le ragioni per odiarlo e non un singolo motivo per perdonarlo. L'altra sera ti ha supplicato di aiutarlo. E le chiavi? Come pensi di scardinare una porta senza che Maitreya se ne accorga? Si era acceso in lui un dibattito interiore, una parte pareva indossare i panni della ragione, l'altra i panni del cuore, questa, interpretata dal candido tono di Solana, era in contrasto netto con il vento gelido che portava con sé quell'altra, più indefinita. Si decise a proseguire, ormai s'era addentrato in un tale rischio e non avrebbe avuto senso rinunciarvi, in ogni caso ci avrebbe riprovato un altro giorno, quindi che senso aveva rimandare? La pace con lui rinchiuso là dentro non l'avrebbe trovata lo stesso. Tirò un sospiro di sollievo non appena vide davanti a sé il primo dei numerosissimi gradini che lo dividevano dalla sommità e nonostante fosse consapevole della fatica che avrebbe fatto a raggiungerla, la realizzazione di non essersi smarrito sovrastava ogni altro sentimento. La memoria perlomeno non era deteriorata insieme a tutto il resto.

 La memoria perlomeno non era deteriorata insieme a tutto il resto

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Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora