11.3 Accordi

26 6 0
                                    

Il tempio era tondo, sovrastato da un'unica cupola al centro della quale si apriva un foro che permetteva alla luce di entrare come un fascio divino

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

Il tempio era tondo, sovrastato da un'unica cupola al centro della quale si apriva un foro che permetteva alla luce di entrare come un fascio divino. Da esso si distendevano centinaia di lacunari dalle forme spigolose, manualmente scolpiti dalla pietra per alleggerire il peso dell'immensa copertura ed al contempo decorarla, attraverso delicati bassorilievi al loro interno. Dalle pareti lisce e ceree si aprivano nove rosoni, ciascuno posto alle spalle della statua del Celeste a cui era consacrato. Essi consentivano alle immense spalle delle divinità statuarie di essere baciate da un soffuso chiarore, che richiamasse anche ai profani, grazie al colore diverso di ognuno, quale fosse la materia di competenza del dio. Rosoni e statue erano distanziati da altissime e sinuose colonne, sul cui fusto correvano scanalature poco profonde e leggiadramente parallele; seguendole si giungeva, strizzando gli occhi, ad intravedere il capitello. Era quasi impossibile decifrare quanto echino ed abaco fossero magistralmente scolpiti, soltanto i loro fautori erano consapevoli delle volute che tra questi si arricciavano come serpenti, delle foglie di acanto che li rivestivano ugualmente a petali di una rosa appena sbocciata e dei più piccoli dettagli geometrici che conferivano loro, da lontano, un aspetto squisitamente complesso, studiato. Davanti ai piedi delle repliche inanimate dei Celesti, simili ad una pergamena scheggiata da venature grigie, si srotolavano in cerchio le scalinate a gradoni in marmo bianco, sulle quali si stavano quietamente sedendo i partecipanti.
Almashan si arrestò nei pressi del foro della cupola, non abbastanza vicino, però, da essere illuminato, quella luce spettava di diritto solo al sovrano. Osservò i generali avanzare al fianco degli uomini che reggevano sulla propria schiena il peso della Manticora, finchè non posarono ambedue le salme sotto il bagliore incorporeo, il quale invase presto i volti dei corpi immobili, rendendoli splendenti. Quella era l'ultima occasione per il re di guardare e dire addio alla sua forma terrena, dall'alto dell'Ethrost, che già l'aveva accolto nei sei giorni di riposo concessi al defunto. Ermosed riposava con le mani incrociate sull'elsa gemmata dello spadone a due mani che per anni l'aveva accompagnato nelle innumerevoli battaglie, i capelli ancora parzialmente biondi erano pettinati e sparsi a corolla intorno alla nuca, su cui si mostrava massiccia la corona della Dinastia. Un anello di metallo macchiato dal tempo e di una semplicità sconcertante, dal quale crescevano, una dopo l'altra, delle punte ricurve verso l'interno e sulla cui base vantava una bordatura rassomigliante ad una fune ben tesa. Gli indumenti indossati non si discostavano dal medesimo stile, solo un particolare risaltava su ogni altro: il mantello in cui il Rekkar era avvolto, orlato della più candida pelliccia di ermellino e tinto di un rosso cupo, simbolo del sangue versato per la propria terra e chi in essa ha vissuto, vive e vivrà. Il volto era disteso, le sopracciglia canute rilassate e la bocca chiusa, come gli occhi, in un eterno silenzio.
Almashan si abbassò per sfiorare con le labbra la fronte di Ermosed e la zampa dell'animale, rendendosi servo e guida delle loro anime per il cammino che attendeva di essere percorso in quella cerimonia. Quando si mosse per alzarsi, i tamburi cessarono il loro lamento ed il tempio venne colmato di una presenza aerea, inafferrabile. Il vento, che fino a quel momento aveva preso a frustare le mura del Potria Silei, cessò tutto ad un tratto e la luce entrante si fece più intensa. I Celesti avevano appena preso parte al funerale.
Il Grande Sapiente girò su se stesso, rivolgendo occhiate furtive a coloro intenti nello scrutarlo, in attesa di pronunciare le fatidiche parole che avrebbero dato ufficialmente inizio al rituale. Egli riconobbe, tra questi, Dhoveerdhan Algethy, il Rekkar Rinnegato, una mano di galena nera stampata sul volto, le dita scure a protendersi verso la parte sinistra del viso; Mothalthin Enoch, fratello maggiore di Maitreya, considerato morto, i capelli stretti in una treccia nella parte alta della testa e trucco sbriciolato ad annerirgli le palpebre; Ferni Algethy, il reggente bastardo del Focolare, il viso sfregiato da una cicatrice a mezzaluna, unico elemento che permettesse di distinguerlo con certezza dal fratellastro; Yed Algethy, il fratello di Deithor il Magnifico, marito tradito di una moglie infedele, padre della rossa al suo fianco che considerava alla stregua di una figlia legittima; Kohor l'Astuto, Rekkar dei Cani Neri, una folta barba spezzata a metà da due trecce ed una chioma bionda, quasi bianca, ad incorniciare l'espressione austera ed attenta, giovane ma saggia, la quale talvolta correva in direzione della moglie, alleggerendosi della sua durezza; infine agganciò lo sguardo prima con quello di Cassivellanus, seduto innanzi la figura di Godhýr, la schiena protesa in avanti per sentirsi ancora più vicino a suo padre e raggi finissimi di galena sulle guance, a simulare lacrime già versate; dopo con quello di Cyphrine, nelle iridi del quale si leggeva chiaramente disprezzo e rancore. I lati rasati della testa erano stati decorati con perizia di particolari, quasi fosse lui a dover indossare la corona e non suo cugino. Almashan si domandò se avesse in mente, in un futuro non troppo lontano, di marciare contro Cass, approfittando della guerra tra Viverne e Fenrir che si percepiva nell'aria in quei giorni. Ma non era quello il momento per pensare a stragi e congiure, ritornò nella posizione d'inizio e mosse le labbra annerite per parlare.
« Poche sono le parole che quest'oggi verranno pronunciate, l'addio che siamo intenti avanzare è futile, trascurabile. Il cuore può essere pieno d'angoscia, se non si comprende la morte. Io sono qui solo per farvela capire e da essa liberarvi » il Grande Sapiente volse nuovamente l'attenzione al futuro sovrano e lo vide lottare per trattenere le lacrime « Ermosed è tra i Celesti, si è elevato dagli affanni terreni per incontrarsi con i nostri padri divini, è libero ora. Libero come lo scrosciare dell'acqua nei torrenti, come il volo degli uccelli nell'aria, come il fluire delle stagioni. Egli è in tutto questo, si mostra a noi non più materialmente, ma spiritualmente. Dobbiamo solo volerlo ascoltare, e per farlo c'è bisogno di silenzio. Ed è ciò che avremo, non appena le mie frasi si saranno disperse tra le pareti di questo luogo sacro. » Almashan allargò le braccia e chiuse gli occhi, alzando il mento al cielo con un sorriso accennato ai lati della bocca.

 » Almashan allargò le braccia e chiuse gli occhi, alzando il mento al cielo con un sorriso accennato ai lati della bocca

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.
Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoWhere stories live. Discover now