10.1 Decisioni

52 6 1
                                    

« Ha urlato

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.

« Ha urlato. Molto. Fin quasi lacerarsi le corde vocali. Spero abbiate sentito. »
Maitreya si pulì le mani chiazzate di rosso scarlatto ed affidò ad una guardia lo straccio sporco, la quale lo lanciò in un angolo remoto, sgomento dall'enorme quantità di sangue vi fosse rappresa sopra. Il suo sovrano era anch'egli macchiato del medesimo colore delle cascate che circondavano Menastir; pareva effettivamente colare come un rivolo d'acqua vermiglio, a guardarlo meglio.
Il soldato era rimasto, insieme ad altri due compagni scelti come sorveglianti, ad attendere fuori dalla porta in cui il Rekkar si era rinchiuso per ore; allietandosi nel proprio dolore con quello altrui. Le grida disumane che si erano sprigionate dalla bocca del malcapitato, spandendosi per le mura delle prigioni come l'eco di un guaito tormentato, gli avevano fatto accapponare la pelle. Maitreya era spietato in ogni gesto, ma deteneva una assai particolare perizia nelle torture, cosa che lo rendeva l'incubo di coloro che capitavano sotto le sue mani.
« Abbiamo udito, signore. » l'uomo abassò riverente il capo ed invitò gli altri presenti, con un gesto della mano, a fare lo stesso. Era incauto non mostrarsi pronti alla sottomissione, quando un re risultava essere più sofferente delle sue stesse vittime. E soprattutto se si trattava di una personalità quale quella del reggente dell'Ostro, raramente incline ai sentimenti più umani.
« Potete andare, ora. » Maitreya affondò il volto in un palmo della mano ed attese che i passi pesanti dei tre servitori si dileguassero nel buio del corridoio. Aveva appena consumato un piccolo pezzo della sua vendetta ma non si sentiva per nulla soddisfatto, anzi; se poteva realmente esserlo, era più esausto della vita di quanto non lo fosse stato prima.
Mihir gli aveva assicurato che Asper non sarebbe morto. Si era ripreso in pochi giorni anche grazie al legame con Isar, generalmente un lupo insopportabile, ma che non aveva sporto una sola zampa oltre la stanza del fratello minore fintanto che non l'aveva fatto anche il suo padrone. Eppure la rabbia per quanto fosse accaduto, per come fosse potuto accadere, bruciava nel petto del sovrano come un fuoco in lontananza; le sue fiamme ardevano affamate per espandersi, inghiottendo nel loro calore ogni barlume di vita si accostasse troppo. Esse bramavano un incendio, una sola scintilla che le facesse divampare similmente ad una tempesta rovente che frusta e sovrasta il creato. Malauguratamente, però, tale scintilla stentava a presentarsi ed i bracieri si consumavano lentamente, diventando cenere inutile.
Avrebbe voluto muoversi contro Ferni, chiamare a sé l'intero esercito della sua Terra e marciare verso le Viverne, ma comprendeva quanto fosse poco saggio. L'ira gli annebbiava la ragione, era vero, però non accecava del tutto il suo buon senso. Sapeva bene che, pur avendo decine di migliaia di uomini pronti a combattere al suo fianco, non avrebbe potuto contrastare tutte e cinque le Terre del Sud. Dinastie mediamente potenti, ma avvezze, nel caso dei Rok ai tumulti interni, ed alle difficoltà numeriche nel caso dei Grifoni. Gli Alicanti erano sostanzialmente inutili, sovrani abituati alla pace ed ai diletti, ma la loro inutilità era bilanciata dalla resistenza e fedeltà dei Cani Neri. Il Rekkar della Penombra, Kohor, s'intendeva di strategie militari nei luoghi meno adatti alla vita, proprio come la sua Terra, ed era abile nel destreggiarsi, simile ad un serpente, tra un problema e l'altro, strisciando accanto ad uno e mordendone un altro.
Maitreya era stato avvertito da Asper di non correre in pasto alle fauci luride della dannatissima Viverna di Ferni e lui inizialmente non l'aveva nemmeno ascoltato. La notizia aveva leso a tal punto il suo orgoglio da gettarlo nell'oblio dell'odio marcio; nonostante questo, ripensando alle parole del fratello con una lucidità ritrovata appena, ammetteva d'aver sbagliato e si rallegrava di non aver già compiuto un passo falso. Forse il ridurre ad una preda dilaniata il corpo di Serhatan non era stata una mossa ponderata a sufficienza, però il fedele del bastardo di Deithor respirava ancora e quindi poteva essere usato a loro favore. Quel piccolo insolente di basso rango aveva valicato ogni limite pugnalando il minore dei Fenrir, e Maitreya aveva oltrepassato anch'egli ogni limite ingegnandosi per farlo soffrire. Era stato uno scambio equo.
Si avvicinò ad una fredda parete, toccandola con le spalle e lasciandosi scivolare a terra. Il silenzio che regnava tra le celle vuote di Thora Koshra permetteva ai suoi nervi di distendersi; al suo animo di placarsi per un attimo ed abbandonarsi al piacere di non sentire nulla ed alla sua mente d'assopirsi, stanca serva di signori tiranni.
Posò la testa sulla pietra ed alzò lo sguardo verso la fiaccola che bruciava sopra i suoi capelli ricci: il calore tiepido si andava posando sulla pelle del re, raggelando per il freddo che incontrava nell'impatto. Qualunque oggetto lo circondasse gli pareva distante, surreale, senza massa, una voce nella testa gli assicurava che quelle fiamme non rappresentassero la realtà, fossero false. Illusioni. Non carpiva più il significato di niente, tutto quanto sembrava aver perso il proprio senso.
Un primo urlo intriso di malcelata disperazione fece capolino dalle labbra del sovrano e, seppur a stenti, venne ricacciato in gola, dove rimase in attesa d'esser liberato. Maitreya strinse i pugni, battendosi per non farsi vincere dall'afflizione che per tanto tempo aveva sottomesso alla sua irosa follia. Li battè a terra, incurante di quanto forte facesse cozzare le dita chiuse contro il pavimento duro, insensibile.
In quel frangente di pura lotta interiore, emerse dalle sue memorie più recondite l'immagine di Gaverna; i capelli dello stesso colore dei campi appena arati e gli occhi, come radici nascoste in quella terra morbida, che lo guardavano, domandandogli aiuto e perdono al contempo. Sua sorella si era sempre data la colpa di non aver mai saputo opporsi ai desideri di loro padre, d'essere stata la causa scatenante dell'odio tra consanguinei e d'aver arrecato danno a chiunque l'amasse. Era stata una donna encomiabile, una supplice silenziosa ed un'amante eccezionale, una figura necessaria ed essenziale per Maitreya. La sua morte aveva dato inizio alla discesa verso il personaggio duro, spietato ed odiabile che si era rivelato poco a poco, culminato nell'assassinio della stessa famiglia reale e la prigionia estenuante di Mothalthin.
Il secondo urlo montò nel petto del re senza che fosse in grado di arrestarlo, valicò il primo che ancora raschiava la pelle della gola e si spigionò senza controllo, riecheggiando tra le vuote mura delle prigioni.
L'ululato angoscioso di Kaitos si levò al cielo pochi istanti dopo, distante da Maitreya abbastanza per coprire la sua voce.

 L'ululato angoscioso di Kaitos si levò al cielo pochi istanti dopo, distante da Maitreya abbastanza per coprire la sua voce

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.
Le Cronache di Meknara - Sangue di DragoWhere stories live. Discover now