Capitolo 37

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Diverse ore dopo entrai sbadigliando in camera da letto, dove senza accendere la luce lanciai le scarpe in un angolo, appoggiando giacchetto e borsa sulla scrivania.

Quando mi decisi ad accendere la luce, premendo l'interruttore, il mio sguardo cadde con una certa malizia verso il letto, ancora disfatto dalla sera prima. Indossato il pigiama mi presi del tempo per dedicarmi a far riaffiorare le sensazioni che avevo provato. Abbracciai il cuscino su cui Abe aveva dormito. Sentivo ancora il suo profumo e chiusi gli occhi rievocando i momenti salienti della sera precedente.

Abe non si era fatto vivo per tutto il giorno, probabilmente aveva realizzato di aver fatto una pessima scelta fiondandosi nel mio letto. Del resto non avevo fatto granché per impedirglielo, con il risultato di sentirmi improvvisamente una perfetta stupida.

Ora avevo con certezza perso quei piccoli spiragli di illusione di mantenere l'amicizia con lui. Lo avevo perso per sempre come amico, anzi, probabilmente lo avevo perso per sempre e basta. L'idea fu talmente dolorosa da mandarmi in crisi. Potevo sentire il mio cuore crollare in tanti minuscoli pezzi. Quello che avevo prima non sarebbe mai più tornato, mentre quello che di nuovo poteva esserci sembrava dissolto nel nulla, come se non fosse mai esistito.

Presi il telefono tra le mani, desiderando con tutta me stessa di chiamare Abe, di implorarlo di darci una possibilità. La voce di Keri però risuonò nelle mie orecchie. "Se gli è piaciuta l'idea si farà vivo presto..." aveva detto convinta. Pensai di aver rovinato tutto. Forse ero stata troppo impacciata, poco dolce, poco intraprendente. Forse non gli ero piaciuta e basta. Oppure Abe si era pentito attribuendo la causa di quell'intimità alle birre di troppo.

Non potevo scrivergli o chiamarlo, rischiando di sembrare più patetica di quanto già non sembrassi a me stessa. Così allontanai il telefono, rimettendolo sul comodino, e restai in silenzio, stesa sul mio letto a fissare il soffitto.

Non puntai nemmeno la sveglia e ben presto scivolai in un sonno senza sogni. Il suono ovattato del campanello mi risvegliò. Che ore erano? Non avrei saputo dirlo con certezza. Quando mi trascinai assonnata verso l'ingresso chiedendomi chi fosse, Keri apparve come un fantasma alla porta della sua camera, guardando torva in direzione della porta, ma non disse una parola.

"Torna pure a letto" le dissi, ancora assonnata. "ci penso io qui." La vidi ritornare nella sua stanza così come era apparsa, poi aprii la porta d'ingresso, sbloccando la serratura.

Sentii le farfalle nello stomaco quando mi trovai davanti Abe, con un sorriso che parlava più di mille parole. Mi porse un piccolo bouquet di fiori di campo, i miei preferiti.

"Ti ho svegliata?" domandò entrando. "Scusa, so che è molto presto..." si giustificò senza aspettare che rispondessi, nascondendo le mani nelle tasche dei jeans.

"Non importa" feci spallucce, diretta in cucina in cerca di un recipiente in cui mettere i fiori. Lui mi seguì, sedendosi. Mi guardò silenzioso mentre con cura riempivo di acqua fresca un piccolo vasetto, posizionandovi i fiori, attenta a non rovinarli.

"Grazie, sono bellissimi.." ero un po' imbarazzata per quel gesto. Non mi aveva mai regalato dei fiori. Lui rimase a fissarmi sorridente. Sembrava davvero contento di avermi fatto una sorpresa. Mi invitò con un cenno a sedermi al suo fianco e obbedii di buon grado. Si passò una mano tra i capelli, cercando il coraggio per dirmi qualcosa. Lo incoraggiai con un sorriso.

"Becky, mi dispiace per ieri sera, per come sono andate le cose... Avevo bevuto troppo, non volevo farti pressioni, sai che non sono così..." Il suo sorriso ora era sfumato, lasciando posto ad uno sguardo pentito.

"Eravamo entrambi d'accordo, se ricordo bene..." lo rassicurai, accompagnando le mie parole con un sorriso timido.

"Non è così che deve andare, voglio essere presente a me stesso quando finiamo in quelle..." mi parve imbarazzato. Lo trovai molto romantico. "In quelle condizioni.." disse poi con una certa reticenza.

"Per questo non ho approfittato di te, piccolino" dissi facendo una smorfia simpatica e dandomi importanza. Lui si lasciò scappare una risata allegra. "Come sei magnanima, vecchia zitella che non sei altro!" commentò, posando su di me uno sguardo che mi scaldò il cuore.

Era tornato da me, scusandosi e senza rimpiangere nulla, se non il fatto di essere ubriaco mentre eravamo insieme. A questo punto non potevo avere più dubbi su quello che provavo per lui. Lo adoravo. Era di nuovo al mio fianco e io non volevo nient'altro. Sorrisi felice, abbracciandolo forte.

Mi accarezzò i capelli dolcemente. "Dobbiamo festeggiare!" disse contento, stampandomi un bacio amorevole sulla fronte. Assaporai ogni momento di quel contatto, poi gli rivolsi uno sguardo di approvazione. "Certo, hai già qualche idea?" Abe mi sorrise, prima di scostarsi appena. "Ho prenotato al Moonstone." L'aria soddisfatta che aveva dipinta sul viso era impagabile.

"Al Moonstone? È molto costoso... Ne sei sicuro?" Ero lusingata, ma pensavo davvero che non fosse necessario spendere tanti soldi per una cena.

"Per una volta che male c'è? Ho un lavoro adesso, ricordi? Prometto che la prossima volta ti porto al ristorante cinese. Ma questa sera voglio un vero appuntamento con te, signorina Thompson." Posò il suo sguardo con dolcezza su di me, sfoggiando un sorriso che mi fece arrossire.

"Ok, grazie Abe. Sarà fantastico!" Dissi emozionata, abbracciandolo con slancio.

"Ottimo. Passo a prenderti alle otto." Concluse, alzandosi. Lo accompagnai alla porta e restammo impacciati uno di fronte all'altro, senza deciderci a salutarci. Poi entrambi cedemmo e ci avvicinammo, scambiandoci un bacio a fior di labbra. Non riuscii a impedirmi di sorridere come un'idiota, mentre lo guardavo scendere le scale. Le cose tra di noi ora erano diverse e avevo una gran paura, questo è vero. Ma essere al centro delle sue attenzioni mi sembrava un sogno.

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