EPILOGO

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Più tardi, quella stessa sera, uscii nel cortile sul retro per cercare Abe. Lo trovai seduto sugli scalini a fissare il vuoto. Mi accomodai al suo fianco.

"Pensieri?" domandai, mettendogli una mano sulla spalla.

"Per una volta, no." Rispose. Scrutai i suoi grandi occhi ambrati e vi trovai più serenità di quanto pensassi. Le mie labbra si piegarono in un sorriso, mentre appoggiavo la testa sulla sua spalla. "Zitella?" la sua voce ruppe il silenzio nel quale ci stavamo crogiolando.

"Dimmi, piccolino." Risposi a tono. Si spostò, in modo che potessimo guardarci negli occhi. L'attesa mi rese nervosa.

"Hai sentito come ti ho chiamato?" Annuii, senza riuscire a capire dove volesse arrivare. "Bene, perché da ora non ti chiamerò più così." Il respiro mi si bloccò in gola, mentre lui continuava a fissarmi con una strana luce negli occhi. Non ci fu bisogno di rispondere: in un attimo l'atmosfera tra noi si intensificò, caricandosi di una forte emozione.

Abe mise una mano dietro alla mia nuca spingendomi verso di sé, per darmi un bacio. Questa volta la paura non mi sopraffece e non lasciai che i dubbi rovinassero quel momento. Assecondai i suoi movimenti, unendo le mie labbra alle sue, lasciando che la sua lingua cercasse la mia, in un appassionato incontro che mi provocò una piacevolissima sensazione in tutto il corpo. Ricambiai il bacio lasciandomi finalmente andare, assaggiando la sua bocca con la mia, cogliendo il suo gusto dolce, godendo dei suoi movimenti lenti e sicuri.

Con il respiro corto ci separammo, allontanandoci un poco. Mi prese il viso, passando il pollice sulla guancia, accarezzandola dolcemente. "Che c'è?" mi chiese infine. "Se non altro, finalmente non mi chiamerai più zitella!" dissi fingendomi sollevata. Un ghigno divertito si dipinse sul suo volto. "Certo. Ora non sei più zitella..." lasciò il discorso in sospeso per qualche momento "Ma rimani sempre vecchia!" aggiunse, scoppiando in una risata allegra. Mi finsi arrabbiata, incrociando le braccia e mettendo il broncio, ma lui mi rubò un bacio a fior di labbra, facendo dissolvere il mio cipiglio offeso, subito sostituito da un sorriso che contagiò anche lui.

La nostra storia era ancora tutta da scrivere, ma giurai a me stessa che non avrei più abbandonato Abe. Mi resi conto che, erroneamente, avevo sempre pensato che lui avesse bisogno di me; che la sua vita, così sfortunata e piena di imprevisti dolorosi, lo avesse reso fragile e indifeso. Ma ora sapevo che non si trattava di questo. Io ero fragile quanto lui, assoggettata alle mie paure, bisognosa di qualcuno che si prendesse cura di me. Ora avevo la consapevolezza che non esisteva un mondo a compartimenti stagni, in cui io ero forte e lui debole o viceversa. Esisteva un mondo in cui io e lui, insieme, tenendoci per mano, potevamo crescere, un passo per volta, dandoci forza e fiducia a vicenda. Non era più necessario definire chi fossi io o chi fosse lui, perché finalmente eravamo semplicemente noi.

Sorrisi, accoccolandominel suo abbraccio, finalmente capace di accogliere con gratitudine il fatto cheun tempo eravamo amici, ma che ora, dopo un percorso difficile come quello cheavevamo affrontato, eravamo qualcosa di più.

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