Capitolo 45

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Aprii gli occhi guardandomi intorno, per realizzare, dopo un breve attimo, che mi trovavo nel salotto di Abe e Lucas. La penombra rendeva appena visibili le sagome dei mobili, mentre una sottile linea luminosa a terra rendeva riconoscibile la porta d'ingresso. Probabilmente era già mattino inoltrato. Provai a muovermi, dal momento che dormire sul divano mi aveva fatto a pezzi la schiena. Tuttavia mi ritrovai a desistere dall'impresa. Sentivo il respiro regolare di Abe, addormentato e ancora abbracciato a me, e rimasi in silenzio a godermi quel momento così piacevole. Un dolore fastidioso alla colonna vertebrale mi convinse però che era il momento di alzarmi da quel divano, così cercai di spostarmi senza disturbare il suo sonno, sapendo che aveva bisogno di riposare, ma proprio in quel momento lui strinse più forte.

"Stai facendo finta di dormire?" chiesi mostrandomi falsamente contrariata.

"Resta qui. Mi sei mancata." Disse con la voce ancora impastata dal sonno, accoccolandosi meglio vicino a me.

"Ho bisogno di sgranchirmi le ossa, sono tutta indolenzita!" protestai, divincolandomi dal suo abbraccio.

"Oh, per favore, Becky!" si lamentò.

"E va bene, piccolino." Mi arresi, sorridendo.

"Grazie, vecchia zitella." Attese qualche attimo prima di aggiungere: "Ancora per poco".

"Saputello. Che ne sai? Magari voglio rimanere zitella per sempre..." lo rimbrotto scherzosamente.

"Certo, come se non sapessi che non hai idea di come resistere alla voglia di baciarmi." Rispose, vantandosi. Fu a quel punto che il mio stomaco produsse un brontolio di dimensioni epiche. Lui si mise a ridere. La sua risata era la cosa più bella che avessi mai sentito, e ne fui talmente rapita che non riuscii nemmeno a fingermi offesa del fatto che stesse ridendo di me.

"Okay, forse dopo colazione..." mi prese in giro, dandomi un buffetto sulla testa. "Vedo che hai capito, ho proprio voglia di un vagone di pancakes, altroché!" borbottai, alzandomi.

Quando Lucas entrò in cucina ci trovò intenti a preparare la colazione. Per un attimo l'atmosfera si incupì. Abe si fece serio, come se vedere il fratello lo avesse improvvisamente riportato al giorno prima. "Vorrei parlarvi." Disse Lucas, rivolgendosi a noi. 

"Se volete io posso andare, vi lascio un attimo soli?" chiesi subito. Non volevo intromettermi in un discorso familiare, ero dell'idea che quei due avessero molte cose di cui discutere.

"Ad essere sincero, vorrei che anche tu ascoltassi quello che ho da dire, se vuoi." Ammise, mentre si sedeva sullo sgabello accanto al fratello. Tolsi la padella dal fuoco del ripiano di cottura, sedendomi e dedicando la mia attenzione a Lucas. Per un attimo scrutai il viso di Abe, cercando di capire come stava reagendo. Mi sembrò colpito, completamente rapito da Lucas, per il quale aveva sempre avuto un affetto indescrivibile, anche se per lungo tempo si era sentito abbandonato da lui. 

"Vi devo delle scuse." Esordì, pacato. "Le devo a te, Becky, perché so bene di aver influenzato anche la tua vita, almeno in parte, con le mie scelte. Ma soprattutto le devo a te, Abe. Perché sono tuo fratello, sono più grande di te e avrei dovuto in qualche modo proteggerti. Vorrei poterti dire il perché non l'ho fatto. Probabilmente i motivi sono tanti, primo tra tutti il fatto che da quando..." capimmo che si riferiva alla morte della madre e che per lui era straziante affrontare quel discorso proprio in quel frangente. Sospirò, cercando di ritrovare la lucidità. "Non ho mai accettato la sua perdita. Non ero ovviamente favorevole al modo di comportarsi di nostro padre, sai che non potevo esserlo. Avrei preferito di gran lunga che si accanisse su di me. So che non potrai perdonarmi facilmente, a pensarci bene non ho scuse per essere stato così insensibile nei tuoi confronti. Ora che anche lui se n'è andato, capisco che mi ero mi ero completamente estraniato da lui e, involontariamente, anche da te. Ho lasciato che tutto succedesse, senza fare nulla per cambiare le cose. Non so dirti quanto mi dispiace..." combatteva con forza la tentazione di abbassare lo sguardo, in preda alla vergogna.
"So che ora io sono la tua famiglia e tu sei la mia. Non importa se non mi perdonerai mai, probabilmente non merito nemmeno che tu lo faccia. Ma sappi che non avrò più il coraggio di guardarmi allo specchio se non ti starò accanto come meriti." 

Abe lo interruppe, cercando di trattenere le lacrime. "Ti prego Lucas, non pensare nemmeno per un attimo...." Gli si ruppe la voce. "Non è colpa tua. Anche io ti ho tenuto distante, mi dispiace così tanto!" ormai non si preoccupava più di contenere il pianto. Le lacrime scorrevano veloci sulle sue guance, mentre Lucas le tratteneva stoicamente, stringendosi la base del naso con due dita e inspirando profondamente. Mi sentivo un po' di troppo in quel momento, mi sembravo un'intrusa di fronte a quelle confessioni così intime e personali tra i due fratelli.

Si abbracciarono, mentre io li osservavo commossa. "Voglio chiederti un favore." Disse poi Lucas, appena vide che si era tranquillizzato. Abe annuì, asciugandosi le lacrime con le mani. "Voglio che lasci il tuo lavoro al fast-food." In risposta ebbe solo uno sguardo interrogativo e sbalordito. "Ho dei soldi da parte e voglio che tu ti iscriva all'università. So che è stato difficile per te andare avanti e so che sono stato pessimo quando ho deliberatamente deciso di non presenziare al tuo diploma. Ma ora voglio che tu vada a prenderti ciò che meriti. So che forse ti sembra strano ora, ma io posso darti questa opportunità e vorrei tanto che tu la cogliessi. Hai diritto a vivere questa esperienza e ti assicuro che non lo dico con l'intento di farmi perdonare. Come ti ho già detto prima non mi aspetto che tu lo faccia, o almeno non subito. Lo capisco."

Abe rimase a fissarlo, ancora incredulo. "Non ho nulla di cui perdonarti. Lucas, sei mio fratello. Sei la mia famiglia. Non hai bisogno di affrontare alcun sacrificio economico. Possiamo cavarcela comunque." Disse infine, con molta serenità. 

"Sai che per una volta non mi farò i fatti miei e ti tormenterò fino a quando non accetterai la mia proposta?" ribatté Lucas, con un sorriso. A quella frase Abe scoppiò in una risata, contagiando anche noi. "Becky, grazie per avermi fatto capire che sono stato un vero coglione..." mi disse Lucas, contrito. Io sorrisi, lasciandomi alle spalle ogni rancore. 

"Quando vuoi!" scherzai, cercando di sdrammatizzare. Le nostre risate riempirono la stanza per qualche istante. "E ora che ne dite di qualche pancake?" chiesi infine, mettendomi nuovamente ai fornelli, mentre loro, accettando di buon grado la proposta, iniziarono ad apparecchiare la tavola.

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