Capitolo 41

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Ormai era Dicembre inoltrato. Non sentivo Abe da quasi un mese, anche se ero sempre tentata di scrivergli qualche parola di incoraggiamento o di fargli qualche domanda, e in alcuni casi anche di implorarlo affinché tornasse da me. Probabilmente avevo sbagliato a lasciarlo andare, proprio nel momento in cui sembrava essere più fragile e bisognoso di aiuto. Eppure il suo buttarsi a capofitto nell'alcol mi aveva spaventata, sebbene ritenessi il nostro sentimento forte e sincero. La paura mi aveva spinta a rimanere a galla, anche se questo significava lasciare andare il ragazzo con cui ero cresciuta, quel fantastico e fragile ragazzo che amavo, senza il quale ora tutto sembrava essere privo di senso.

Avevo consumato la sua foto, a forza di guardarla. Era un rito che avevo ormai consolidato: nei momenti di sconforto mi nascondevo al riparo da occhi indiscreti e accarezzavo la sua foto, come se potessi accarezzare lui; piangendo lo imploravo mentalmente di risolvere tutto e di tornare da me, pregavo tra me e me che fosse sincero dicendo che mi amava e mi auguravo che fosse finalmente sereno, in modo da poter sperare in un futuro che ci vedesse nuovamente insieme.

L'atmosfera Natalizia che avvolgeva ogni cosa non faceva che peggiorare la situazione. Era deprimente vedere tutta la frenesia e la gioia fittizia di quel periodo. Inoltre, pensare che avrei trascorso il Natale a casa con i miei, accanto a casa di Abe, mi faceva sentire davvero inquieta e nervosa.

La voce di Keri mi distrasse dai miei pensieri. Ero incantata nel guardare, senza realmente vedere, una vetrina piena di addobbi natalizi.

"Ehi, dolcezza, sei su questo pianeta?" mi disse la mia migliore amica, scuotendomi una spalla. Trasalii, stringendomi nel mio cappotto.

"Scusa, stavo pensando..." le dissi sorridendole appena.

"Me ne ero accorta!" ammise, prendendomi a braccetto. "Senti, promettimi che per le vacanze di Natale verrai a casa mia ad aiutarmi a smaltire tutto il cibo che avrà preparato mia madre!" mi implorò, facendomi scoppiare a ridere.

"Povera Mandy, lei cucina per farti diventare grande... quanto sei ingrata!" ridacchiai, prendendola in giro.

"Ormai ho raggiunto la maggiore età da un pezzo! Non dovrei nutrirmi con quella quantità di cibo, se voglio evitare di esplodere!" ribatté, facendomi una linguaccia.

"Va bene, vedrò quello che posso fare!" mi arresi con sufficienza, proseguendo per la strada diretta al campus. All'entrata dell'edificio la guardai sorpresa.

"Non capisco come fai a non essere nemmeno un po' tesa per l'esame...!" le confessai, mettendo le mani in tasca in cerca di un po' di calore.

"Mia cara" mi apostrofò lei, entrando nel suo modo di fare espressivo che tanto adoravo.

"È semplice, in realtà. Possibile che tu non l'abbia ancora capito? Sono sicura che sarà un enorme, gigantesco fiasco! Ecco perché sono tranquilla. So già l'esito!" disse fingendosi distrutta per il peso di quella consapevolezza.

"Almeno la prendi con filosofia..." constatai scuotendo la testa fingendo disapprovazione. "In bocca al lupo!" aggiunsi abbracciandola.

"Tranquilla, ci vediamo a pranzo!" esclamò lei, trotterellando verso l'ingresso. Sorrisi, diretta alla caffetteria, dove avevo appuntamento con Jude per passargli degli appunti.

Entrai dentro al locale, facendomi investire dal piacevole caldo artificiale. Vedendo Jude mi avvicinai al tavolo, sedendomi e appoggiando cappotto e guanti al mio fianco.

"Grazie per essere passata. Ho un bisogno disperato di quegli appunti. Quel virus mi ha fatto perdere un sacco di lezioni..." disse lui, abbattuto. Estrassi dalla borsa il plico di appunti.

"Figurati, non c'è problema. So che avresti fatto lo stesso per me. Ora stai meglio?" chiesi appoggiando la borsa. Lui sorrise afferrando il prezioso plico.

"Benissimo, grazie. Giusto in tempo per le vacanze di Natale. Tornerai a casa?" domandò infine, riponendo nello zaino gli appunti e tornando alla sua tazza di caffè fumante.

"Beh, sì... Tornerò qualche giorno, sai, per stare in famiglia...e tu?" Vidi la cameriera passarmi accanto per poi tornare indietro.

"Posso portarti qualcosa?" mi chiese gentilmente.

"Un caffè, grazie" le dissi senza pensarci troppo. Jude aspettò che facessi l'ordinazione. "Anche io sarò con i miei vecchi..." Disse sconsolato. Sentii il mio cellulare vibrare in tasca. Lo estrassi, chiedendomi chi poteva essere.

"A proposito di genitori...scusami un attimo" dissi a Jude, rispondendo alla chiamata di mia madre.

"Pronto? Ciao mamma!" risposi, stupita di sentirla a quell'ora del mattino.

"Becky, tesoro, ci vediamo in chiesa?" rispose lei, un po' affannata.

Rimasi basita per un momento, non capendo cosa mi stava dicendo.

"Mamma, stai bene?" domandai preoccupata.

"Io sì. Sei già lì?" chiese lei, come se fosse di fretta.

"Ma dove? Che sta succedendo?" iniziai a provare una strana sensazione alla bocca dello stomaco, percependo che qualcosa non andava.

"Becky. Non dirmi che non ne sai niente." Le sue parole mi colpirono come una freccia infuocata.

"Ma di cosa...? Mi sto preoccupando, è successo qualcosa?" Vidi Jude che cambiava espressione, sentendo il mio tono scosso.

"Oh Dio, Becky. Non posso credere che non tu non ne sappia nulla... Io pensavo che fossi già lì! Il padre di Abe...è venuto a mancare. C'è il funerale questa mattina."

Fissai sconvolta il cellulare, come se mi avesse parlato un fantasma fino a quel momento. Non riuscivo a capacitarmi di come mai Abe non mi avesse detto nulla.

"Becky!" sentii mia madre che urlava nel telefono.

"Non ne sapevo nulla." Ammisi, sconvolta, riportando il telefono accanto all'orecchio.

"Tesoro, mi dispiace davvero. Non immaginavo che non ne sapessi nulla. Quindi non verrai?" chiese infine, con circospezione.

"Certo che verrò. Io...non so come, ma in qualche modo farò..." dissi con un filo di voce, riattaccando. Jude capì che ero sconvolta.

"Ehi, tutto ok? Sei pallida.." disse preoccupato. Mi passai una mano tra i capelli.

"Io...sì...cioè, no. È appena morto..." mi interruppi, cercando una soluzione per arrivare lì il prima possibile.

"Chi?" domandò Jude fissandomi sempre più in pensiero.

"Il padre di Abe. Devo tornare a casa, appena possibile. Subito. Ma non ho l'auto e non so come fare perché Keri sta dando un esame..." Dissi con un filo di voce, quasi parlando tra me e me.

"Becky, stai tranquilla. Ti darò io un passaggio. Quando dobbiamo partire?" mi domandò comprensivo.

"Davvero lo faresti?" ero stupita dal suo gesto.

"Ma certo, certo che lo farei. Tu mi hai appena prestato i tuoi super appunti, no? Sono in debito con te. E comunque, lo avrei fatto lo stesso, lo sai. Andiamo?" disse, allungando una mano sulla mia spalla, cercando di consolarmi goffamente.

"Sì. Grazie." Affermai sintetica, alzandomi in piedi e indossando sciarpa e cappotto sovrappensiero.

We were friendsWhere stories live. Discover now