Capitolo 40

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Mi risvegliai all'improvviso. Ero sul divano in attesa di Abe e mi ero addormentata. Guardai il telefono preoccupata: erano le tre di notte e di lui ancora nessuna traccia. Doveva venire a dormire da me, ma non mi aveva avvisato di cambi di programma, per cui ero rimasta sveglia ad aspettarlo finché mi era stato possibile. Risvegliandomi nel bel mezzo della notte, nel silenzio che mi circondava, la preoccupazione assunse toni piuttosto drammatici. Provai a chiamarlo ma non ottenni nessuna risposta, anche se il telefono suonava.

Riprovai, sebbene sfiduciata, e questa volta sentii la sua voce dall'altro capo del telefono.

"Ehi" cantilenò "come stai piccola?" la sua voce era euforica e a quanto pareva aveva di nuovo esagerato con l'alcol.

"Abe, che stai combinando? Sei ubriaco! Dove ti trovi?" domandai agitata, accendendo la luce. Non ottenni nessuna risposta. "Abe!" dissi forte nel telefono, sperando di farlo reagire. Dall'altra parte sentii una risata.

"E' incredibile, vero? Sono proprio uguale a lui!" esclamò beffardo. Io andai su tutte le furie.

"No! Non sei affatto come tuo padre! Ora smettila di dire sciocchezze e dimmi dove sei!" la mia voce era sul punto di rompersi per la preoccupazione e la rabbia. La linea si interruppe e quando richiamai a rispondermi fu la segreteria telefonica. Così rinunciai e rimasi sveglia a fissare il vuoto fino al mattino seguente. Purtroppo non era la prima volta che beveva troppo negli ultimi tempi, ma non era mai stato così fuori di sé da non tornare a casa o dire cose di quel genere.

Quando Keri mi trovò in quello stato, il mattino dopo, si allarmò all'istante.

"Becky, ma che diavolo succede? Sei stata così tutta la notte?" mi apostrofò, chiedendomi spiegazioni. Io mi scossi dal mio torpore e le spiegai come stavano le cose.

"Non ne posso più, Keri. Questo non è Abe...non lo riconosco più. Non posso andare avanti così. Credevo che lo avrei reso felice, ma da quando è con me le cose vanno anche peggio." Mi misi a piangere per la frustrazione, lasciando che Keri mi consolasse per l'ennesima volta.

"Non preoccuparti, starà bene." Mi disse concisa, cercando di rassicurarmi, sapendo che in parte ero scossa anche per la preoccupazione.

"Sì, spero con tutto il cuore che starà bene... Ma io? Io non voglio stare con lui se è questo che mi aspetta. Non è mai stato così, non amavo un ragazzo che fa del male a se stesso...e anche a me." dissi sfinita. Keri annuì, comprensiva.

"Lo prenderei a calci nel sedere, se non sapessi che sei tu che devi toglierti questa soddisfazione. Perciò non indugiare, non subire i suoi comportamenti. Credo che quel ragazzo debba essere messo in riga." La consapevolezza mi colpì come uno schiaffo. Keri aveva ragione, non potevo più accettare quelle condizioni, nemmeno da Abe, che ero sicura di amare, fino a quando non aveva rovinato tutto, proprio ora che le cose sembravano andare per il meglio.

Versai una quantità enorme di caffè nella mia tazza. Era orribile che fosse domenica, poiché la mancanza di impegni mi dava tutto il tempo di pensare e ripensare. Alla fine la soluzione era una sola e mi faceva molto male. Più di quanto pensassi che sarei riuscita a sopportare.

Passai la mattinata ai fornelli, per preparare qualche pietanza per il pranzo, mentre Keri sistemava qua e là l'appartamento e passava ad assaggiare di tanto in tanto.

Dopo pranzo sedemmo a guardare un film comico, ma quell'occupazione risultò talmente deprimente in quel momento, che avrei volentieri sradicato la televisione dalla presa elettrica per poi gettarla dalla finestra.

Mi alzai come una molla quando sentii il campanello suonare. Io e Keri ci scambiammo uno sguardo di apprensione. Andai ad aprire e mi ritrovai di fronte Abe, con la faccia più contrita di un cucciolo bastonato. Ma questa volta non avrebbe funzionato, ero stanca di quella situazione. Prima che lui aprisse bocca, Keri ci salutò.

We were friendsWhere stories live. Discover now