Decimo Capitolo

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Dopo aver dilaniato e
divorato tutto il gregge,
le belve finiranno per
sbranarsi tra loro.

(Citazione)

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RIFORMATORIO DI TOKIO, DIVERSI ANNI PRIMA.

Fu sbattuto violentemente a terra, sul pavimento sudicio e polveroso, con una forte spinta.

"Allora, signorino, vediamo se riusciamo a farti abbassare la cresta!" esclamò, subdola, una delle due guardie, sfregandosi le mani e leccandosi le labbra.

Izaya ansimava dal terrore e dal disgusto, bloccato al buio, in un angolo, mentre inalava aria umida e stantia.

Non vi erano finestre in quel luogo, era in trappola.

Tentò comunque di rialzarsi, barcollando, ma ad un tratto si sentì afferrare per i capelli.

L'altro uomo lo spinse di nuovo giù con forza e lo sovrastò col suo corpo, bloccandolo per i polsi.

L'Orihara si sforzò di trattenere le lacrime, ma l'angoscia gli stava trapanando il cervello ed era inarrestabile.

"Non dovevi ribellarti, noi ti avevamo avvertito!" esclamò quella bestia, sogghignando e alitandogli pesantemente sul collo.

"Ora dovremo darti per forza una lezione..." sibilò il compare, falsamente dispiaciuto, ed invece già eccitato, mentre accendeva la luce della lampadina lasciata rozzamente penzoloni al filo della corrente.

"LA-LASCIATEMI ANDARE!!!" strillò il giovane, nel panico, sentendo accelerare all'inverosimile il battito del proprio cuore.

"Grida pure quanto vuoi, tanto qui nessuno riuscirà a sentirti. Questa cantina è a prova di proiettile!" dichiarò l'assistente sociale, appena arrivato, chiudendosi alle spalle la spessa porta di legno.

Il rumore che fece quest'ultima nello sbattersi forte sui cardini suonò per il ragazzo come una campana a morto.

Sarebbe stato ucciso stavolta, ne era sicuro.

Avrebbe terminato i suoi giorni in quel dannato buco, pieno di topi, ragnatele e cianfrusaglie, senza più riuscire a rivedere la luce del sole.

Intanto che la sua disperazione cresceva a dismisura, l'animale che aveva addosso già iniziava a mordicchiargli il collo, palpandolo dappertutto con le sue sudicie mani infiltratesi sotto la maglietta, mentre gli altri due in piedi lì vicino ridacchiavano.

Izaya non riusciva a distinguere bene le loro sagome, poiché le lacrime gli offuscavano la vista, ma sapeva già quel che sarebbe accaduto, di lì a pochi minuti.

Non era la prima volta che succedeva, del resto.

E' per questo che in mensa si era alterato tanto, scagliando addosso ai suoi aguzzini il piatto, con ancora tutto il cibo dentro, quando erano venuti a prelevarlo con la scusa che il direttore voleva parlargli.

Nessuno degli altri ragazzini che erano lì aveva fiatato, paralizzati dalla paura, perché già sapevano che nei prossimi giorni sarebbe toccato anche a qualcuno di loro.

Pure gli inservienti erano rimasti in silenzio, a quelli non importava niente di ciò che stava avvenendo.

L'unica voce che si sentiva erano le grida rabbiose e allo stesso tempo disperate dell'Orihara, mentre veniva trascinato a forza di peso per il lungo e freddo corridoio che portava direttamente alle scale del seminterrato.

Quella zona non la bazzicava nessuno, le guardie potevano agire indisturbate.

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Izaya boccheggiava, tremando per il terrore di quella nuova violenza e divincolandosi, intanto che uno dei suoi carnefici lo voltava a pancia sotto e con una mano gli strattonava malamente i pantaloni, abbassandoli e toccandolo lascivamente in mezzo alle gambe.

BREAKDOWN | by LavrielWo Geschichten leben. Entdecke jetzt