Quindicesimo Capitolo

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ISOLE IZU-OSHIMA.

MATTINA INOLTRATA.

Il sole splendeva ormai alto nel cielo, invaso dai gabbiani, i quali, a gruppetti, scattavano fulminei verso la superficie dell'acqua, a caccia di cibo.

Il mare era un olio, e carezzava dolcemente la riva, creando poi, su di essa, una debole risacca.

Izaya dischiuse lentamente le palpebre, doveva essersi appisolato.

Aveva gli occhi in fiamme, per il gran pianto, e la gola gli doleva, così come tutto il resto del corpo.

Per di più, l'ingente mole di dolore, rilasciata all'improvviso, alla stregua di uno tsunami gli aveva completamente sconquassato l'anima, devastandogliela senza pietà.

Gli sembrava come d'esser stato investito da un treno tanto si sentiva stravolto, sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista psicologico.

E cos'era rimasto di lui, dopo tutto quello sfacelo?

Chi era, esattamente, Izaya Orihara, adesso?

Il giovane non riuscì a rispondersi, e gli si gelò il sangue, quando, facendo a poco a poco mente locale, si ricordò del modo in cui era vergognosamente crollato sulle spalle di Shizuo.

Tra l'altro, nonostante ancora lo stesse circondando con le proprie braccia, anch'egli doveva essersi addormentato, perché lo sentiva immobile... E, inoltre, dannatamente caldo.

Come diavolo faceva quel cervello di protozoo a mantenere così alta la sua temperatura corporea?

La sensazione di benessere ricevuta dal suo abbraccio, nonostante l'iniziale riluttanza, si era rivelata scandalosa, non aveva mai provato niente del genere, forse perché, del resto, nessuno mai l'aveva stretto così a sé.

L'informatore, spaesato e imbarazzato a morte, non aveva la più pallida idea di come gli avrebbe parlato, o di come si sarebbe comportato, una volta che questo si fosse svegliato.

Ma, al contempo, il fatto che gli fosse ancora abbarbicato addosso la diceva lunga.

Molto lunga.

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"Pulce..." biascicò ad un tratto l'Heiwajima, facendolo trasalire e provocandogli un fastidioso nonché notevole aumento del battito cardiaco.

"Ci sei?" mormorò poi con tono sommesso, poggiandogli una mano sulla testa e passandosi l'altra in mezzo ai capelli, insonnolito.

"S-si..." rispose lui, titubante, allontanandosi di scatto dal suo petto, la testa china.

"E... Va meglio?" seguitò il biondo, con cautela.

"Sto... Sto bene." sussurrò il giovane, coi capelli che gli coprivano fa faccia.

"Sei sicuro?" insistette l'altro, serio, sollevandogli il cappuccio della giacca per andare ad incontrare i suoi occhi.

"S-si... Te l'ho detto, a parte... Qualche acciacco..." affermò l'Orihara, ritraendosi un poco, ma non mostrandosi, tuttavia, ostile.

"Dio... Che male..." si lamentò subito dopo, sentendoli pizzicare, una volta a contatto diretto con la luce del sole.

Shizuo, sfiorandogli una guancia con la mano, lo costrinse poi a voltarsi ed incrociare il suo sguardo.

Ma egli, inquieto e pallidissimo, non riuscì a sostenerlo, un po' per la vergogna, un po' perché l'ambiente era decisamente troppo luminoso per le sue pupille martoriate, che rimasero, dunque, rivolte verso il basso.

BREAKDOWN | by LavrielWhere stories live. Discover now