Trentaduesimo Capitolo

533 37 2
                                    

STESSA SERA, ANCORA SUL TETTO DELL'EDIFICIO ABBANDONATO.

La luna si trovava ancora alta nel cielo quando Izaya ed il proprio aggressore iniziarono a fronteggiarsi sull'ampio tetto in cemento, perimetrato da un'estesa ringhiera in ferro, del vecchio edificio che, mesi prima, era stato teatro di un efferato quanto macabro omicidio.

Il vento, quella notte, continuava impassibile ad accanirsi sull'intera Tokyo, facendo sbattere e cigolare senza riserve la minuta porticina di metallo, distante dai due uomini circa una decina di metri, la quale, incastonata tramite i cardini in una cupoletta, anch'essa di cemento, conduceva alle ripide scale utilizzate dall'informatore per giungere sin lassù.

Nell'aria, metaforicamente parlando, si poteva avvertire un odore davvero particolare.

Un odore terribile.

Un odore... Di forte pericolo... Unito a ferocia mortale.

****************

"Mi farai passare la voglia? E a quale tipo di voglia ti stai riferendo di preciso?" domandò Nevan, sogghignando spaventosamente e leccandosi di nuovo le labbra, mentre, nel frattempo, si sfregava le mani, divertito.

"Tu... Davvero, mi fai schifo. Ma non riesci proprio a pensare ad altro?" replicò l'informatore, contraendo il volto in una profonda smorfia di disgusto e riprendendo ad indietreggiare, al fine di frapporre, tra sé stesso e l'assassino, il maggior spazio possibile.

"Non fare troppo lo schizzinoso! Alla fin fine non sei poi così diverso da me." esclamò tuttavia l'uomo, passandosi una mano fra i capelli, il sorrisetto sornione disegnato sulle labbra.

"Beh... Forse hai ragione. Però almeno io non mi diverto a violentare ed uccidere bambini!" rispose prontamente il giovane, serrando i pugni, rancoroso.

Egli era cosciente d'avere, con l'avvocato, una certa somiglianza... Ma non nel fisico, bensì negli atteggiamenti, ovvero, per esempio, nel pericoloso ed irrefrenabile bisogno d'avere, a tutti i costi, qualsiasi cosa sotto il proprio volere e controllo, oppure nelle terribili risate che spesso li contraddistinguevano, rivelando, in parte, al mondo, l'oscurità da cui entrambi erano rivestiti.

Come Dei ingrati e capricciosi, i due, ognuno alla sua maniera, si erano divertiti negli anni a tenere in scacco la vita di moltissimi individui, coinvolgendoli in "giochetti" loschi e perversi, mentre, al contempo, cercavano di convincersi di non appartenere a quello strano mondo nel quale comunque erano nati, e nel quale comunque continuavano a vivere.

Izaya non era un assassino, né uno stupratore, è vero, e di sicuro non avrebbe mai raggiunto il livello dell'aguzzino... Il sol pensiero d'arrivare a certe efferatezze lo ripugnava, ma sapeva oltremodo bene d'aver tenuto, anch'egli, un comportamento orribile verso parecchie persone, e nonostante il suo modo d'agire fosse stato dettato da una profonda quanto viscerale sofferenza, mixata alla forse (almeno all'inizio) non tanto consapevole tendenza a farsi del male, il dolore causatone agli altri si era rivelato forte e duraturo.

Non per nulla in città lo odiavano quasi tutti.

Ma quello stesso dolore, dopo ogni bravata, dopo ogni brutto scherzo... Gli ritornava indietro moltiplicato all'ennesima potenza, amplificando così l'oscura solitudine in cui si era ritrovato invischiato ed alimentando sempre più il suo atroce inferno personale.

Izaya Orihara, giovane corrotto dall'anima perennemente scorticata, a dispetto delle apparenze non raggiungeva mai l'estasi attraverso il proprio operato, mentre invece, l'avversario, a differenza di lui, ci riusciva benissimo, senza alcuno sforzo.

****************

"Non mi diverto solo a violentare bambini, sai?" riprese l'assassino, malizioso, iniziando subito a ridacchiare divertito, dopo aver visto l'ombra del panico baluginare per qualche secondo fra le screziature cremisi degli occhi del rivale.

BREAKDOWN | by LavrielWhere stories live. Discover now