Trentunesimo Capitolo

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EDIFICIO METROPOLITANO N. 1, SERATA DEL CONTRATTACCO.

SOTTOSCALA.

"Sta arrivando qualcuno..." mormorò Shizuo, tenendosi pronto.

Izaya annuì, affilando lo sguardo.

Entrambi avevano atteso, pazienti, nel loro buio angolino, respirando aria stantia e polverosa, che tutti gli ospiti presenti alla festa di beneficienza riprendessero le proprie macchine e se ne andassero, chi insieme alle guardie del corpo, chi insieme ai soli autisti.

Nel garage sovrastante, per almeno una buona mezz'ora, non si era sentito altro che il forte ruggito dei motori delle lussuose automobili di quella gente, un acuto odore di gas di scarico, in parte penetrato, attraverso la grata di ferro, anche nello stanzino nel quale si trovavano nascosti i due giovani, e voci, molte voci, di uomini e donne.

In seguito, la situazione al piano superiore si era fatta silenziosa, per cui non appena il grosso bandone di metallo situato all'ingresso fu tirato su, stridendo fastidiosamente, i passi di alcune persone risuonarono subito all'interno del vano, sempre illuminato, ma ora del tutto vuoto.

"Ci siamo." sussurrò l'informatore, coltello già alla mano, spostandosi di soppiatto, seguito dall'Heiwajima, silenzioso e concentrato a rimanere nell'ombra, verso le scalette in ferro rugginoso del sottoscala, che portavano ad una piccola porticina, forzata qualche minuto prima, ma tenuta accostata per non dare nell'occhio.

Fu quest'ultimo a riconoscere per primo la voce dell'avvocato.

"Bastardo..." sibilò, fra i denti, stringendo i pugni, già in collera.

"Shhh... Non fare casino." protestò il compagno, a bassa voce, facendogli cenno di star zitto ed aggrottando le sopracciglia.

"Si stanno avvicinando... Però qualcosa non torna... Stanno discutendo, sì, ma non certo in modo amichevole." seguitò poi, sospettoso, accovacciandosi sull'ultimo gradino e ponendo un orecchio vicino alla superficie dell'uscio di metallo, per cercare di carpire qualche discorso.

"Cioè?" chiese in un soffio Shizuo, inginocchiandosi dietro di lui, confuso.

Le voci, al di là dello stanzino, iniziarono a farsi via via più concitate.

"Maledizione!" sbottò l'Orihara, in un ringhio smorzato, cercando di non alzare troppo la propria e ritraendosi di colpo con uno scatto, come se si fosse appena scottato.

"Oi... Oi pulce..." bisbigliò l'altro, in apprensione, retrocedendo a sua volta, veloce, fino a che entrambi non si ritrovarono di nuovo ai piedi delle scalette.

All'improvviso uno straziante urlo di dolore li freddò entrambi.

"Cazzo..." sibilò Izaya, sobbalzando, spaesato, mentre fissava la grata sopra la sua testa, da cui tuttavia, non si riusciva a vedere nulla.

"Dannazione! Quell'uomo... Ma lo stanno torturando??? Non dovevano solo parlare???" gli fece eco il biondo, afferrandolo per un braccio e trascinandolo di nuovo nell'angolino buio di prima, intanto che lo abbracciava ancora da dietro, tenendolo stretto a sé, e lui ricambiava, ancorandoglisi addosso, spaventato.

"Questo mi aveva riferito la mia fonte! Io non so perch-

Non fece in tempo a finire la frase che le voci si fecero di scatto sempre più alte e rabbiose, ed al contempo un nuovo terribile urlo perforò loro i timpani.

"No..." mugolò il giovane, sgomento, tappandosi le orecchie con le mani e continuando, con gli occhi sbarrati dall'orrore, a fissare, impotente, la grata sopra la sua testa, oltre la quale si stava consumando una tragedia.

BREAKDOWN | by LavrielWhere stories live. Discover now