Capitolo 3

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"avrei dovuto?" rispose, indifferente, voltandosi composto, sul suo banco, Bakugo.

"credo proprio di no" gli rivolse un sorriso, Kirishima.

Egli si sedette al posto accanto al proprio, poggiando, sul legno scheggiato, un quaderno e una biro trovata di fortuna all'interno dell'ultima tasca dello zaino.

Bakugo si rese conto, che con la presenza di Kirishima, non avrebbe potuto scorgere, senza essere colto in fragrante, Midoriya.

Non che a lui importasse di quel nerd di merda.

"vuoi che mi sposti?" posati sul viso di Bakugo vi erano due occhi neri come l'oblio, talmente magnetici che avrebbero potuto distrarre Katsuki da Izuku.

"sì" fu schietto, lo era sempre.

Kirishima sorrise, sembrò non riuscir a far altro che colmare il mondo della proprio gioia.

"è a lui che pensi quando guardi oltre la finestra?" indicò la facoltà di psicologia, precisamente una chioma indomabile composta da mille nodi.

"levati senza fare domande" lo minacciò guardandolo con il filo dell'occhio.

"immagino tu riconosca quanto questo potrebbe farti male" prese a stringersi il proprio materiale in petto, alzandosi.

"te lo ripeto" contorse il proprio viso in un'espressione di stizza "vattene" scandì bene le sillabe.

E così Eijiro fece, con la strana sensazione di sentire l'animo spezzato.

Lo studio per Bakugo non era un problema, era sempre stato una mente eccellente, se non stupefacente.

Ma ciò che abbondava in intelligenza, scarseggiava in denaro.

Era stato cacciato molto frequentemente dai propri datori di lavoro per il comportamento impulsivo e particolarmente intollerante nei riguardi dei clienti che gli rivolgevano sguardo di sufficienza e arroganza.

Non che lavorare come cameriere fosse un impegno indegno.

Ma Bakugo vedeva negli occhi altrui il proprio fallimento.

Così aveva intrapreso altre strade per guadagnarsi da vivere, strade tortuose e imprevedibili.

L'università aveva le sue spese e non poteva permettersi di chiedere denaro ai propri genitori.

Le situazioni famigliari in cui si trovava immerso non erano delle migliori.

La sua vita, dentro a quella casa, entrava in uno zaino.

Aveva impiegato molto impegno e tempo a trovare un'appartamento conveniente e adatto alle proprie esigenze.

Non poteva ancora permettersi un televisore, ma era sufficiente, aveva un tetto sulla testa che riusciva a pagare senza particolare fatica.

"dovresti darci un taglio" gli inviò in un messaggio Kaminari.

"vai a fare in culo, Pikachu di merda" rispose, quasi bucando, con i propri pollici, lo schermo del telefono.

"hai fatto spostare quel ragazzo solo per poter vedere Midoriya, non lo chiamo avere un problema, ma non è normale" giunse rapida la risposta di Denki, mentre il suo capo si voltava verso Katsuki, volgendogli uno sguardo di rimprovero con il filo dell'occhio.

Bakugo non si pentì, non aveva bisogno di amici per andare avanti.

E neppure di Midoriya, il quale era solo uno svago per poter vagare oltre con la propria mente.

Non era convinto se provasse attrazione nei suoi confronti, ma riconosceva che qualcosa vi era quando si trovava in sua presenza.

Eppure, quella chioma rossa, nei quali primi banchi scriveva furiosamente ogni singola parola del professore, lo chiamava a gran voce, sin dalla sua prima apparizione nella sua vita.

All'ora di pranzo Bakugo si diresse in mensa, accompagnato dal persistente Denki.

"Kacchan" fu Midoriya, ad attirare la sua attenzione "siediti con noi" lo invitò.

Al fianco del giovane Izuku, vi era quel ragazzo dai capelli bicolori, si chiese, Bakugo, quando avesse, Midoriya, perso interesse nei suoi confronti per poter inseguire egli.

"certo" rispose Denki, con sorriso smagliante, convinto che avrebbe giovato, a Bakugo, della compagnia.

"preferisco mangiare da solo" e si voltò, giungendo a un tavolo apposito per due persone, accanto alla colonna in cemento che sosteneva l'edificio.

Kaminari quella volta non lo seguì, ormai ci stava perdendo la speranza.

"credevo ti piacesse" ancora lui, quella macchia rossa che quel giorno sembrò perseguitarlo.

"non sono frocio" iniziò a torturare con la forchetta il risotto.

"sai, a me non interessano le tue preferenze" e si sedette, poggiando il vassoio, di fronte a lui.

"perché mi segui?" lasciò cadere, spazientito, la posata sul tavolo.

"ho solo bisogno di parlare con qualcuno" gli sorrise, portandosi tra le labbra la bottiglietta d'acqua.

"e devo essere proprio io il tuo capro espiatorio?" gli chiese, inarcando un sopracciglio.

"mi sembra che molti ti temano, se non il tuo amico e il ragazzo a cui vai dietro" poggiò i gomiti sul tavolo e il mento sulle proprie nocche.

"vedo che non sei bravo a comprendere le parole quando te le spiegano una volta sola" assottigliò le palpebre, perdendo la pazienza.

"non ti guarderei mai dall'alto in basso se lo confessassi" si spiegò Kirishima.

"io non devo confessare proprio nulla" e iniziò a mangiare il proprio pranzo.

"posso aiutarti" gli fece, prima di tagliare a pezzi la propria bistecca.

"cosa sei? un consulente sentimentale? non approfittarti della mia momentanea calma" alzò lo sguardo dal piatto, giusto il minimo per scrutare il suo volto.

"posso essere tuo amico, Katsuki Bakugo" e fu in quel momento, in mensa, che il sorriso di Kirishima marchiò, in un'altra vita, l'esistenza di Bakugo.

Scusatemi l'assenza, tra le verifiche e le interrogazioni non ho potuto scrivere nulla.
Ma questa settimana spero non sia pesante come la precedente.
Spero vi piaccia ♡ al prossimo capitolo.

No type // KIRIBAKUWhere stories live. Discover now