#6 Matt

1.5K 79 2
                                    

Allungai il viaggio di qualche ora cercando un benzinaio, ma alla fine parcheggiai nel grande parcheggio di un centro commerciale.
Mi slacciai la cintura e spensi il motore rilassandomi sul sedile.
«Wow, quante luci! Hanno gli alberi bianchi le città! E guarda là, quelle mele sono giganti!»
Corrugai le sopracciglia ascoltando le  assurdità che stavano uscendo dalla bocca di Ella.
Mi sporsi e notai che il centro commerciale era già ricoperto di addobbi natalizi, la ragazzina scese e io mi affrettai a seguirla.
Le porsi la mano e lei alzò gli occhi al cielo.
«Volere di tua madre»
Lei sorrise e mi prese la mano senza discussioni.
Pochi minuti dopo Ella sembrava essere tornata bambina, si girava indicando ogni angolo e schiacciandosi contro ogni vetrina di vestiti e scarpe che vedesse.
«Non sapevo che la città fosse così. Quindi tutte queste persone abitano qui?»
Io sorrisi ed entrai nel supermercato.
«No, questo è solo un centro commerciale, un insieme di negozi dove le persone si ritrovano insomma»
Lei annuì alzando lo sguardo verso le luci che occupavano il soffitto.
«E perché gli alberi sono bianchi? E quei frutti? La frutta non brilla»
Io risi e le lasciai spingere il carrello.
«Non è frutta, sono decorazioni di Natale»
Cominciai a buttare nel carrello tutto quello che mi ispirasse ed Ella mi indicò qualche scatola di biscotti. Tanto pagava Tessa.
«Natale?»
Io annuì.
«È una festa, si addobba la casa di cose inutili, si preparano biscotti a forma di omino, tanto cibo e si scartano i regali»
La ragazzina si fermò e io mi voltai per guardare che stesse bene.
Il suo sguardo sembrava impaziente, le iridi le brillavano e io rimasi in silenzio esitando qualche istante.
«Che c'è»
Lei mi prese per la giacca e si alzò in punta di piedi.
«Mi compri il Natale Matt?»
Io alzai un sopracciglio e mi sfiorai i capelli.
«Ella non so se...»
Mise il broncio e io cedetti liberandomi dalla sua presa.
«Okay okay, da quella parte»
Lei fece un salto regalandomi il più bel sorriso che le avessi mai visto addosso, mi strinse in un abbraccio e una donna mi rivolse un sorriso, io abbassai lo sguardo e pregai che, una volta a casa, Tessa non mi avesse ammazzato.

Quando tornammo in auto e scaricai la roba nel retro della Jeep, mi maledì per aver detto si, tra spesa e decorazioni avevo speso una fortuna.
Caricai il pino finto per ultimo e scossi la testa, Ella aveva scelto il più grande che ci fosse, fortunatamente verde e non rosa.

La strada sembrò più corta al ritorno, avevo smesso di ascoltare Ella parecchi minuti fa, nonostante parlasse da ore la mia mente non era in quel veicolo.
Continuavo a pensare a Tessa, al suo profumo, ai suoi occhi, ai suoi capelli sempre in ordine.
Rivolsi uno sguardo alla ragazzina e mi accorsi si fosse addormentata, tornai con gli occhi sulla strada e presi un respiro cominciando a tenere un tempo inesistente con il pollice sul volante.
La radio era spenta da un po'.
Tornai su Ella qualche secondo e decisi di fare una piccola deviazione, non girai all'incrocio, ma continuai ad andare dritto. Avevo bisogno del mare, di ascoltare del rumore vero, non gli scricchiolii di vecchie querce immerse nel silenzio.
Accelerai ignorando i limiti di velocità e mi portai una mano sulla bocca sentendomi pesante.

Non ho idea di quanti chilometri avevo fatto, nemmeno di dove mi trovassi esattamente. Sapevo di essermi fermato almeno tre volte a fare benzina e di aver chiesto indicazioni fino a finire in questo posto.
Girai la chiave e strinsi il volante con entrambe le mani sentendo le mie labbra sorridere.
Un lamento uscì dalle labbra di Ella e un lungo sbadiglio la interruppe. Scesi dalla jeep e andai ad aprirle la portiera. L'odore dell'acqua salata si confondeva con l'inverno, e il lieve tepore di quella località mi fece sentire a casa.
Avevo parcheggiato esattamente davanti alla spiaggia, solo dieci metri di sabbia fredda ci sparavano da quelle onde leggere.
L'espressione della ragazza sprigionava meraviglia pura e la aiutai a scendere.
«Wow...»
Sospirò sorridendo poi incredula.
Mi voltai e guardai il sole toccare l'acqua all'orizzonte, il cielo era un tripudio di colori caldi e intensi.
«Togliti le scarpe»
Lei alzò un sopracciglio e io la invitai a seguire il mio consiglio, alla fine cedette e scendemmo quei tre scalini di legno a piedi scalzi.
La sabbia era umida, i nostri piedi ci affondarono dentro e ad Ella venne da ridere.
«Oddio...è stranissimo»
Io risi, quella ragazza non aveva mai visto una città, figuriamoci il mare.
Rimase ferma qualche secondo con lo sguardo basso, sembrava divertita, la sua mano stringeva la mia e io la trascinai con me fino all'acqua.
«Non avrei mai immaginato di poter vedere il mare...»
Disse guardando l'orizzonte con ingordigia, sembrava non voler chiudere le palpebre nemmeno per un secondo.
Mi lasciò la mano e si accucciò sfiorando la sabbia con le dita, fino ad affondarci l'intera mano.
Si alzò pulendosi poi le mani e mi rivolse uno sguardo mordendosi le labbra.
«Matt entriamo?»
Io alzai un sopracciglio divertito e guardai le sue iridi implorare.
«Ella è già tanto se arriviamo ad un grado qua fuori, potresti ammalarti»
Lei alzò le spalle e rivolse uno sguardo al mare.
«Ti prego! Potrebbe essere l'unica pazzia che potrei fare. Un'influenza certo non mi ucciderà»
Mi prese le mani e io esitai, a me un bagno non avrebbe fatto nulla, ma a lei poteva essere fatale.
Mi avvicinai all'acqua e mi abbassai per sentirne il calore. Non era congelata, ma nemmeno tiepida, forse se saremmo rimasti verso l'acqua bassa non le sarebbe successo nulla.
«Allora?»
Mi chiese cercando di contenere l'euforia.
Io la sollevai sulla spalla e lei gridò divertita.
«Matt! Che diavolo fai! mettimi giù!»
Rise ed io entrai in acqua vestito, la lasciai andare e lei mi appoggiò le mani sul petto, era immersa solo fino alle ginocchia, un brivido la invase e io risi.
«Fredda?»
Lei mi fece una smorfia e si abbassò raccogliendo tra le onde una conchiglia.

DnaWhere stories live. Discover now