#21 Matt

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Mi sfiorai la nuca guardando il vuoto, mi ero dovuto sedere ai piedi del letto quando Ella era scomparsa davanti ai miei occhi. Ero confuso, non riuscivo a capire dove avesse potuto prendere quella lancia, avevo visto squartare centinaia di Angeli con quell'arma e ora era in mano a lei.
Presi un respiro e guardai la porta, non riuscivo a pensare, mi sembrava assurdo.
Mi alzai in piedi e uscì da quella stanza, mi sentivo lo sguardo vuoto e la sensazione di aver fallito.
«Matt»
Mi chiamò Dylan facendomi tornare alla realtà, levai la mano dalla tasca e mi fermai sulle sue iridi scure.
«Devo parlarti»
Disse agitandomi davanti un piccolo quaderno rovinato. Corrugai le sopracciglia e lo raggiunsi scendendo gli ultimi gradini velocemente. Lo seguì fuori e facendo il giro della casa mi ritrovai davanti un vecchio capanno.
«Che diavolo ci facciamo qui?»
Chiesi entrando e facendo attenzione a non inciampare sui cocci di qualche vaso.
«Spesso vedevo Ella raggiungere questo posto insieme a Jeremy, inizialmente credevo avessero una storia, ma mi sono ricreduto quando ho letto questo»
Mi diede il quaderno e io me lo rigirai nelle mani notando fosse sporco di terra. Quel posto non era un granché, una vetrata dava sfondo al bosco, piante e rovi ormai avevano completamente occupato il piccolo spazio ed edera secca ricopriva i muri di legno dando a quel posto un odore di terra e umidità.
«Dove l'hai trovato?»
Chiesi sfogliandone qualche pagina senza fermarmi a leggerne il contenuto, le pagine erano rovinate, come se fosse stato nascosto in un posto umido. Alzai lo sguardo su Dylan, sembrava preoccupato, si portò una mano tra i ricci chiari e fermò il suo sguardo sul mio.
«Sotto quella panca, era avvolto dentro un tovagliolo e nascosto all'interno di un vaso, ma non questo il problema, è quello che c'è scritto che mi ha sconvolto»
Rispose indicando il quaderno, lo vidi voltarmi le spalle e farsi un giro per il capanno.
«Ha ucciso, Matt»
Disse rompendo il silenzio durato qualche minuto.
«Lo so, da qualche giorno era diversa, ma speravo di sbagliarmi»
Appoggiai il quaderno su una mensola e mi avvicinai alla finestra guardando fuori, la luce della luna illuminava gli alberi di una luce opaca. I rovi si erano spinti oltre i vetri rotti, entrando dalle finestre e attorcigliandosi ovunque.
«Che vuoi dire?»
Chiese spostando qualcosa alle mie spalle. Incrociai le braccia al petto e presi un respiro.
«Aveva lo stesso sguardo di Tessa»
Tagliai corto guardando il vento muovere i rami spogli degli alberi, i muri cominciarono a scricchiolare e mi voltai incontrando gli occhi di Dylan.
Non gli avrei mai spiegato che cosa significasse la mia frase, non credo ce ne fosse avuto bisogno.
Lui annuì, io gli passai accanto e riprendendo il quaderno uscì dal capanno.

Chiusi a chiave la porta e l'eco dello scatto della serratura fece risuonare la stanza. Accesi la piccola lampada infondo alla stanza e mi sedetti nel divano guardando il muro ricoperto di ritagli e cartine. Presi il piccolo quaderno ed esitai guardando la copertina, cominciai a sfogliarne qualche pagina leggendo solo le date, mi fermai ad una settimana fa e allungando una gamba sul divano cominciai a leggere il suo corsivo perfetto.
Questa notte ho superato il confine, la rete a sud era rovinata, ho esitato, mi sono voltata indietro più volte pensando a cosa mi avessero raccomandato tutti, ma la mia curiosità mi ha spinta a fuggire.
Ho camminato per diversi chilometri incidendo con un segno un pino ogni 50 passi, giusto per non perdermi.
Mi sono imbattuta in delle persone, ragazzi per lo più, credo di averli osservati per diverse ore, ho aspettato che si addormentassero per poter tornare indietro. Uno di loro è venuto verso di me, mi ha vista, stava per urlare e io gli ho tappato la bocca e gli ho spinto la lama del coltello nello stomaco.
Corrugai le sopracciglia e spostai il mio sguardo alla finestra, tornando poi sulla carta girando pagina.
È successo in fretta, quasi fosse stato un impulso per difendermi, l'ho trascinato lontano dai suoi amici e l'ho guardato morire, ci sono voluti poco più di venti minuti. Quando ho estratto il coltello la luce della luna illuminava il suo sangue, lo sfiorato con l'indice e me lo sono avvicinata alle labbra, il suo odore metallico mi ha fatto sorridere, ricordo di essermi sporcata un labbro, era ancora caldo e in quel momento ho provato una strana sensazione, mi sembrava di avere fame, mi faceva male lo stomaco e al richiamo del nome del ragazzo ricordo di essermi alzata in piedi.
Ricordo poco di quello che è successo dopo, ma quando sono tornata a casa ero sporca di sangue, ho provato a lavare i vestiti, ma quell'odore non riusciva ad andare via, forse era solo immaginazione, non lo so.
Alzai gli occhi dal quaderno e ascoltai il suono del mio respiro, c'era qualcosa di strano in quelle parole, come se contenessero la parte oscura di Ella.

DnaWhere stories live. Discover now