New Life..

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"A volte penso che il freddo dentro me sia quello che mi rende vivo°, che mi spinge a mostrarmi solare ed iperattivo con gli altri. Forse, la mia anima irreparabilmente ferita sfoga il suo bisogno di piccoli gesti felici con il linguaggio del corpo ma, dentro di me, resto sempre vuoto, spento...come se nulla potesse farmi tornare alla vita di prima."

Non presto attenzione alle parole di Taehyung, non ci riuscirei nemmeno volendo; non riesco a fare altro che fissare la parete bianca difronte a noi come se fosse la cosa più bella del mondo.
Il racconto del ragazzo, man mano che proseguiva, mi ha ridotto a pezzettini sempre più piccoli, che marcivano uno dopo l'altro.
Sopportare la morte di mio padre è stata dura ma, questo...questo è davvero troppo; come può una persona uscire da una situazione simile senza impazzire? Senza sentirsi così perennemente in colpa da desiderare la morte?

Ed è mentre entrambi restiamo in silenzio a fissare un muro pallido, con il sedere schiacciato contro il pavimento freddo e le mani a pochi centimetri l'una dall'altra, che decido di aprirmi con lui.
Taehyung mi ha appena raccontato fatti così personali, privati e dolorosi che non avrei mai nemmeno accennato a qualcuno.
Non credevo possedesse tanto coraggio, sangue freddo e fiducia in me.
Il senso del dovere di ricambiare è così tanto da suscitarmi quasi malessere; mi sento scomodo nel mio stesso corpo, mentre la mia coscienza fa a pugni con la ragione.

"Sono afefobico." La mia voce rimbomba per tutta la stanza, quando sputo fuori in modo secco quelle uniche due parole ma notando lo sguardo perplesso del biondo, capisco che ne sa tanto quanto prima, così prendo un respiro profondo e chiudo gli occhi...
Forse, se non lo guardo e non percepisco il suo sguardo su di me, riesco a lasciarmi andare.

"Il giorno in cui sono impazzito non è stata colpa tua, ma è successo tutto a causa della mia fobia: io non riesco ad avere un contatto fisico con le persone, ne sono terrorizzato, per questo ho reagito così.
È iniziato tutto molto tempo fa, avevo cinque...sei anni."
Prendo una pausa quando inizio a sentire gli occhi bruciare.
Il ragazzo, invece, non ha mosso un muscolo; continua a scrutare la parete ma riesco benissimo a percepire la sua attenzione, si nota dalla tensione dei suoi lineamenti.
"Io...avevo un bellissimo rapporto con mio zio, da parte di mia madre. Ogni volta che veniva a trovarmi mi portava un gioco nuovo, mi raccontava sempre le storie prima di andare a letto e mi portava al Lunapark. Poi, un giorno, lui...lui mi ha."
Sento una sensazione umida lungo le guance, ma non faccio nulla per impedirlo; non cerco nemmeno di trattenere i singhiozzi e gli spasmi.
Non so nemmeno da quanto non parlavo e tanto meno ripensavo a quel giorno...quello che ha stravolto completamente la mia vita e mi ha reso un apatico, cagasotto del cazzo, ma la morale della favola è che parlarne e piangere mi sta facendo bene, come se avessi sciolto uno dei tanti nodi che mi ingarbugliano lo stomaco.

"Lui..."
"Basta Jungkook, ho capito." Mi interrompe secco Taehyung, come se fosse scocciato, ma quando mi giro verso di lui lo trovo con i pugni stretti e gli occhi iniettati di rabbia, la stessa che rivedo in me stesso quando incrocio lo sguardo di mia mamma.
Ma tutto un colpo, sembra calmarsi. Decide di scollare gli occhi dal muro e guardarmi con estrema malinconia.

"Siamo entrambi vittime di situazioni tragiche e pessime persone; ci hanno lasciato come le macchine dentro le fabbriche, fare la ruggine sarebbe facile°, ma non voglio. Non voglio passare il resto della vita a rimpiangere una catastrofe successa in gioventù ed ho ragione a pensare che per te sia lo stesso; non vorrai forse restare bloccato e rovinarti la vita per una cosa successa anni ed anni fa. Non siamo stati noi a farci del male, ma siamo complici se non proviamo a risollevarci, a risorgere."
Una persona normale, dopo aver sentito la mia storia, sarebbe ancora a bocca aperta, mentre lui vuole spronarmi a reagire...lui, un ragazzo che conosco da pochi giorni, quando ne mia madre, ne tanto meno quattordici anni di terapia sono riusciti a farlo.

Mi sorprendo di me stesso quando un sorriso spontaneo distende le mie labbra e nello stesso tempo le lacrime non fermano la loro discesa.
Vengo scosso dalle mie risate, che aumentano vedendo la stessa reazione in Taehyung.
È forse questa quella che chiamano follia?

"Come potrei reagire alla mia fobia?" Chiedo riacquistando serietà ed asciugandomi le lacrime, ancora scosso da piccoli tremolii.
Sentendo la mia domanda, il biondo acquisisce uno sguardo duro, quasi freddo, che mi fa preoccupare; solleva un braccio in aria, davanti al mio viso, con la mano stretta a pugno fatta eccezione per un unico dito, il mignolo.

"Un passo alla volta."
Brividi dovuti alla tensione mi percorrono la spina dorsale appena capisco le sue intenzioni.

Non so dirvi cosa sia, con esattezza, a spingermi a farlo; forse il suo sorriso quadrato rassicurante, il fatto che si sia confidato con me o forse perché è una delle poche persone che posso considerare amica, fatto sta che trovo la forza per sollevare a mia volta il braccio opposto ed esporre il mignolo.

Mi paralizzo appena sfioro la sua mano ed è Taehyung ad annullare la misera distanza tra le nostre dita, intrecciandole.

Trattengo il fiato.
Le scosse che mi percorrevano la schiena si intensificano ed il battito cardiaco aumenta, ma non cedo e stringo la presa.

Mentre siamo seduti a terra e ci fissiamo rispettivamente negli occhi, con i mignoli intrecciati, credo potrei ignorare tutto il resto:
Mia madre e la sua cocciutaggine, mio zio e l'afefobia.
Ci siamo solo io e Tae.

Il sorriso del biondo si allarga mentre lascia la presa.
"Bravissimo Kook. Visto? Questo è solo l'inizio, ti prometto che risolveremo tutto." Mi incoraggia.
Io, da parte mia, annuisco distratto, continuando a fissare la mia mano.

"Grazie Taehyung."

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Annieong-aseyo
Siccome ho pubblicato il capitolo per sbaglio, mentre lo rileggevo. Questo vale come capitolo per lunedì prossimo.

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