소원 돌

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La leggenda di Sowon-dol

Centinaia di anni fa, quando lo stato era popolato solo da piccoli villaggi, auto sufficienti, o minuscole città stato, ancora legate alla Cina; sull'argine del lago sorgeva un villaggio di pescatori.
C'erano statti anni, lucenti, in cui il pesce pescato era talmente abbondante e raro da diventare un punto fisso nell'itinerario dei mercanti, alla continua ricerca di stoffe, spezie ed ogni minima cosa in grado di riempirgli le tasche.
Non c'era uomo, donna o bambino vestito di stracci. Erano sempre ben curati, lindi ed adornati da sete pregiate e gioielli lucenti, provenienti dalle mani esperte dei sarti cinesi. Ma a ricordare a tutti le origini, umili, dell'agglomerato di capanne era il puzzo, putrido e stagnante, che impregnava ogni cosa toccasse: dalla paglia dei tetti agli abiti delle giovani nel fiore degli anni, dai sacchi di riso ai lunghi capelli del primo cittadino.
Quest'ultimo, dall'alto della sua carica e coperto sempre dalle vesti migliori, aveva una gran testa; in grado di progettare sempre una tecnica innovativa per la pesca o per irrigare i capi, fertili, circostanti. Ma come ogni uomo che arriva ad ottenere il controllo di una cittadina, ad arricchirsi più degli altri e possedere un influente quantità di potere nelle proprie mani, tende a dimenticare le proprie origini, a diventare avido e morboso nel desiderio di ottenere sempre più poteri. Ma ciò non lo distoglieva dal proteggere sempre il bene del villaggio; amava il suo paese e la sua gente.

Per gli abitanti del paese, del quale nome non è riportato su alcuno scritto, era solito vedere facce nuove ogni giorno: dai mercanti, aspiranti pescatori, vagabondi in cerca di un tetto ed una vita facile o intere famiglie che, stanche della vita monotona o povera condotta da un'altra parte, si stabilivano attorno al lago in cerca di fortuna.
Perciò, quel lontano 1 luglio di un anno sconosciuto, nessuno si sorprese nel vedere una donna, per quanto bella fosse, varcare le porte della cittadina accompagnata dal figlioletto di soli tre anni.
Nemmeno i bambini, solitamente curiosi ed allo stesso tempo guardinghi, nei confronti degli stranieri, si sforzarono nel posare uno sguardo sulla coppia; giunta per nessun apparente motivo logico.

La vita nel villaggio continuò, ordinaria e monotona, come ogni giorno.
Gli uomini continuavano a gettare reti e ritirare le canne, mentre le donne evisceravano il bottino o rammendavano le reti logorate, dal momento che chiunque aveva almeno un pescatore in famiglia. Oppure trafficavano con qualche bottegaio per un prezzo migliore ed i figli osservavano i genitori per imparare.
Perciò, quando un urlo di puro terrore squarciò l'ordinarietà, sotto il sole cocente del mezzogiorno, non ci fu uomo, donna o bambino che, dopo aver rivolto uno sguardo preoccupato ai propri vicini, non si sia raccolto attorno alla bella straniera, dal quale era provenuto lo strillo e che non stringeva più la mano del figlioletto.
"Che è successo?" Le chiedevano certi.
"Dov'è tuo figlio?" Urlavano altri che l'avevano già vista in compagnia del più piccolo.
Ma ella non rispose a nessuno, aprendo bocca solamente dopo l'arrivo del primo cittadino, al quale si gettò ai piedi, piangendo disperatamente. "D-Due mer-mercanti...signore, m-mio fi-figlio...". "Si calmi! Si calmi! Siamo tutti pronti ad aiutarla ma non possiamo farlo se non ci spiega per bene cos'è successo." La richiamò quest'ultimo, effettivamente pronto a prestarle soccorso e mantenere il villaggio un luogo sicuro ma forse troppo poco tollerante e paziente. Così ella prese un respiro profondo, tirando su col naso, e ricominciò a parlare. "Erano due mercanti con un carretto, signore, mentre uno governava i cavalli, l'altro ha afferrato mio figlio per le spalle, trascinandolo sul cassone assieme a lui. Ho urlato di fermarsi ma in un batter d'occhio si sono lasciati le porte della città alle spalle." Il primo cittadino sospirò pesantemente, immergendo una mano in quell'ombra di peluria che gli ricopriva il mento; come volesse trasmettere riflessione. "Saranno stati due mercanti di carbone; cercano sempre giovani da mettere a lavorare nelle miniere." "Sicuramente due dalle saline; lo metteranno a lavorare nelle cave di sale." "Ma cosa state dicendo! I bambini hanno manine piccole perfette per cucire e rammendare la seta..." "Oh, fate silenzio. Lasciatemi pensare." Sbottò l'uomo che, però, stava si riflettendo su come recuperare il bambino ma con l'unico scopo di ottenerne un ritorno economico. "Mi spiace interrompere i suoi ragionamenti, signore, ma se quei due 'mercanti' provengono da dove credo io, non abbiamo molto tempo da perdere." Si intromise un vecchio, dai capelli talmente bianchi e sottili da apparire quasi trasparenti, facendosi spazio tra la folla, visibilmente linda ma impregnata dal puzzo del pesce e delle alghe. "Taci Goejja, ho detto che sto pensando." Ribadì il primo cittadino ma il vecchio lo ignorò. "Sappiamo benissimo chi si nasconde a nord, tra le montagne, e sappiamo anche perchè gli vietiamo l'ingresso nel paese. Certo, solitamente se ne stanno alla larga per prudenza e se si avvicinano sono facili da riconoscere per il rossore della sclera dei loro occhi. Magari i bambini nei villaggi vicini iniziano a scarseggiare al punto da costringerli fin qui e forse sono sfuggiti agli occhi attenti delle guardie." Concluse, scuotendo la testa e sperando di essere ascoltato; infondo, anche se si stratta di un semplice estraneo, nessun paesano voleva portare una morte sulla coscienza. "I cannibali?" Strillo la giovane madre che aveva capito il discorso del vecchio e si ritrovava più terrorizzata di prima. E solo allora il primo cittadino fu disposto a prestare attenzione a quel vecchio, a mala pena in grado di reggersi in piedi. "Va bene. Va bene." Ripeté il primo cittadino, stanco. "Mia bella straniera, io sono pronto a smuovere tutti gli uomini necessari nella ricerca del bambino ma significa perdere giorni di pesca e raccolto, nei campi, come posso..." "Verrete abbondantemente ricompensato." Si affretto a convincerlo la ragazza e bastarono quelle semplici tre parole per far apparire un flebile sorriso sulle labbra dell'uomo. Non gli importava con cosa o come, sapeva che avrebbe ottenuto un risarcimento e questo gli bastava. "Se riuscirete a ritrovare mio figlio e riportarmelo sano e salvo, avvererò il vostro più profondo desiderio, mio signore, qualunque esso sia." Si spiegò meglio lei, facendo però storcere il naso all'uomo. "Oh, mio bella straniera, sono lusingato ma non è certo del corpo di una donna che ho bisogno; quello di certo non mi manca." Ma all'udire quelle parole fu lei ad irrigidirsi. "Di fatti non intendo certo offrirvi il mio corpo. Qualsiasi desiderio voi custodiate nel profondo del vostro cuore, io sarò in grado di farlo avverare." "Non credo proprio, mia cara straniera." Scoppio in una risata, divertita, lui. "Per ottenere ciò che desidero ci vorrebbe la magia ma, aimè, non esiste." Allora la boccucia da rosa della straniera si increspò in un ghigno. "Non ditemi che non avete mai sentito parlare di fattucchiere, mio gentile signore." Ribatté, allungando una mano, stretta a pugno, verso una giovane piantina, secca e morente, al bordo di una capanna vicina ed iniziando ad ammorbidire la stretta poco a poco. "Certo che si ma si tratta solo di mere leggende che si raccontano ai bambini per spaventarli. Non mi vorrà far credere che..." L'uomo non finì la frase perchè, quando la donna ebbe finito di aprire le dita e rilassare la mano, la pianta, da piccola, bitorzoluta e risecchita che era, divenne molto più alta e rigogliosa, tanto da esibire una massiccia chioma verde. Il primo cittadino rimase a bocca aperta per alcuni secondi, diviso tra lo stupore, un'innata paura ed il desiderio di sfruttare la magia della donna. Così, dopo interminabili secondi, optò per la terza opzione. puntando un dito contro gli uomini raccolti attorno a loro. "Va bene, cara straniera, il suo bambino per il mio più grande desiderio." Acconsentì, più entusiasta che mai, sotto lo sguardo, ancora sbigottito, di tutti i compaesani. "Voi andrete alle miniere dell'est, voi alle cave di sale a sud, mentre voi vi dirigerete a perlustrare i villeggi dell'ovest ed, in fine, voi due mie uomini più forti e valorosi, salirete lungo i versanti delle montagne a nord e vi infiltrerete tra i cannibali." Sentenziò, indicando una coppia d'uomini di volta in volta. "Prendete i cavalli più veloci della mia scuderia e prestate attenzioni a tutto ciò che superate. Ma ora sbrigatevi, forza, che il tempo scorre." Aggiunse, ormai accecato dalla promessa della donna, mentre lei era tornata mogia e tesa a pensare al proprio pargolo. "Voi, mia bellissima e cara straniera, seguite le donne nella nostra casa da the e non preoccupatevi, perchè vi giuro che ritroveremo il vostro bambino, incolume." Concluse, definitivamente, il discorso, abbandonando il luogo per tornare a controllare i guadagni tra le sue carte ed ordinando a due delle sue mogli di seguire la straniera e farla tranquillizzare.

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