Rain of petals in the heart.

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Passo distrattamente lo sguardo sulla folla che si è radunata attorno alla mia casa, richiamata dal suono lancinante ed incessante delle sirene dell'ambulanza, mentre mi affretto a salirci sopra seguito da mia madre.

Ma come tutte le volte che succede qualcosa di strano, tragico o semplicemente inaspettato, la mia mente cessa di ragionare; lasciandomi recepire milioni di impulsi ma senza darmi la possibilità di elaborarne mezzo. E questa volta, me ne rendo conto osservando le labbra di un medico che si muovono, rapidamente, per pormi delle domande su Ying, ma tutto ciò che riesco a sentire è un ronzio fastidio.

"Jungkook? Jungkook?" La voce, tremolante ed ovattata, di mia madre riesce a farsi strada tra la moltitudine di ali di minuscole zanzare che mi ronzano in testa e, d'improvviso, il chiasso si infrange come una bolla di sapone; come se tutti quei minuscoli quanto dannati insetti fossero morti stecchiti all'unisono. E riacquisto il controllo.

Osservo mia madre, con il capo stretto tra le mani e le guance bagnate dalle lacrime, prima di prestare attenzione al medico.

"Le lo chiedo nuovamente ma la prego, ci dica tutto ciò che sa." Mi supplica, portandomi ad annuire istintivamente.

"Ci aveva già provato?"

"Non che io sappia." Mi stupisco da solo, notando quanto riesca ad essere impersonale la mia voce, mentre l'uomo annota il tutto.

"Aveva mai mostrato segni di autolesionismo? Se ne poteva intuire il pensiero o, semplicemente, che voi sappiate, c'è qualcosa che può averla spinta ad un tale gesto?"

Impiego parecchio tempo per rispondere, rimanendo ipnotizzato dalla penna del medico lasciata tintinnare, ritmicamente, sulla cartellina e la cosa rischia di farmi uscire di testa.
Con tutto ciò che è successo l'ultima cosa di cui ho bisogno è un fastidioso rumore che sembra fatto per noia, come se al suo fianco non ci fosse una ragazza morente ma che stessimo andando a fare una gita in montagna; come se fosse un'abitudine fissa quella di soccorrere una donna con le arterie nei polsi tranciate.
Ma allo stesso tempo, mi rendo conto che si mostra così quieto solamente per calmare noi però...cazzo...riesce solo a farmi innervosire.

"È incinta." Quasi urlo, cercando immediatamente di riacquistare la calma.
"Ma l'uomo che l'ha ingravidata non si è fatto più di tanto problemi ad abbandonarla e lasciarla senza un tetto sulla testa." Non mi rendo nemmeno conto di quanta cattiveria stia mettendo nelle mie parole e di quanto siano tesi i miei lineamenti.
"Ma sono abbastanza sicuro che non sia questo ad averla spinta. Anzi, sono certo che non le freghi nulla della casa o del bambino che porta in grembo. Il vero punto di rottura, quello dove è saltata la corda, è che lo ama ancora; alla follia. Quel figlio di troia. Ed evidentemente non è riuscita a metabolizzarne la perdita."
"E nemmeno a rendersi conto del nostro che è quell'uomo." Aggiungo, sputando veleno, mentre il dottore si limita ad annuire e posare la cartellina.

"Va bene." Introduce il discorso.
"È mio compito spiegarvi quale sarà la procedura da ora in poi. Non avendola ancora sentita parlare non possiamo confermarlo con certezza ma la prima diagnosi che sento di poter dichiarare è quella della depressione e, come è pericolosa per una persona al massimo della salute, lo è maggiormente per una donna incinta che rischia di fare male anche alla creatura che cresce in lei. Di conseguenza, perdendosi maggiormente nella visione cupa e tetra della sua mente."
Io e mia madre ci limitiamo ad annuire, flebilmente, attendendo che prosegua.

"Non è assolutamente raro incontrare una persona che soffre di depressione, nel nostro paese ma, anzi, potrebbe benissimo essercene uno anche tra di noi, perciò non abbiate paura. Ci sono centri appositi o cliniche specializzate fortemente competenti. Perciò, una volta dimesso, il paziente verrà trasferito in un apposito centro dal quale potrà uscire una volta guarito. So che è duro ma è la scelta migliore e più sicura per tutti."

Gameplay [Vkook]Where stories live. Discover now