11. The Unintended Mask

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Quando mi sveglio impiego qualche secondo di troppo a mettere a fuoco la realtà.

Sento un dolore pungente sopra l'occhio, uno più sordo e generalizzato che mi investe tutto il corpo, partendo dalla testa. Sprazzi della scorsa sera mi sovvengono come in un sogno, confusi e irrilevanti, mischiandosi e separandosi a ogni battito delle mie ciglia.

Solo una cosa, in quei ricordi, è ancora nitida.

Mi basta sollevare lo sguardo per incontrare gli occhi di Churchill, semisdraiato accanto a me.

"Ciao" saluto, e la mia voce è orribilmente aspra.

La schiarisco appena.

"Che ore sono?" chiedo, senza evidenti miglioramenti.

"Le dieci, Annika"

Mi sbatte in mano una pillola e un bicchiere prima ancora che sia riuscito a capire se sono effettivamente ancora vivo.

"Phineas è passato a darti un'occhiata un'oretta fa. Ti ha lasciato questa per il dolore"

"Detesto prendere medicine" borbotto stupidamente, rigirandomi la piccola pillola bianca tra le mani.

Gli occhi di Churchill si accendono di furiosa impazienza.

"Ingoia" mi impone, lapidario.

"Di solito sputo" ironizzo.

La sua espressione è talmente disgustata da strapparmi un sorriso.

"Dio Santo, Camille" sbotta, "Non dirlo neanche per scherzo"

"Sono stato pestato" gli ricordo, prendendo la pasticca con un sorso d'acqua, "Il mio senso dell'umorismo non è al suo meglio"

"Inizio a pensare che quel tizio abbia fatto bene a spaccarti la faccia"

È una risposta un po' fiacca per Churchill, e questo mi spinge a studiare più a fondo il suo viso.

Sembra così fottutamente stanco, gli occhi gonfi che faticano a restare aperti e una generica lentezza nei movimenti che lo fa sembrare sul punto di addormentarsi in ogni momento.

Mi torna in mente solo ora la promessa fatta, di vegliare su di me anche nel sonno, e sento il cuore riempirsi di calore all'idea che sia stata mantenuta.

"Non hai dormito neanche un attimo?" chiedo, con dolcezza, nonostante conosca già la risposta.

"Dormire è sopravvalutato, April" risponde infatti, trattenendo uno sbadiglio.

Non ho idea di quale sia la mia espressione in questo momento, ma la sua è così critica e nauseata che posso facilmente intuirlo.

"Se non la smetti di fissarmi con quell'aria innamorata, Dolly, ti lancio giù dalla finestra" mi conferma, con una smorfia.

Rido appena, nonostante mi costi un vago dolore a livello delle costole, e torno a stendermi, trascinandolo al mio livello.

"Dormi" ordino, teneramente, "Controllerò che non ti collassi il cervello"

Si lascia abbracciare senza opporre particolare resistenza, in un incastro talmente familiare che mi concedo di sorridere, con le labbra premute tra le sue scapole.

"Posso dire una cosa che odierai?" chiedo, le mie dita che carezzano distrattamente la pelle morbida in prossimità dell'incavo del gomito.

"Posso dire una cosa che odierai?" chiedo, le mie dita che carezzano distrattamente la pelle morbida in prossimità dell'incavo del gomito

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𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennonWhere stories live. Discover now