39. The Last Trip

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Una delle cuffiette mi pende contro il petto, come un'impiccata dal suo albero. L'altra, ancora in posizione, è costretta a sostenerne il peso.

Non sto ascoltando nulla: ho spento il mio telefono non appena messo piede fuori dal dormitorio, dopo la sesta chiamata di Mike.

Le ho infilate per abitudine, senza neanche pensarci, e anche dopo essermene reso conto non ho ritenuto necessario toglierle.

Non voglio che qualcuno tenti di parlarmi nel tragitto che mi porterà alla stazione, non voglio che mi vedano perso.

Indossare delle cuffiette è il modo più socialmente accettabile di rimanere in silenzio.

Le persone intorno a me si chiederanno cosa sto ascoltando, al massimo. Forse ammireranno persino la mia capacità di perdermi nella musica.

A nessuno piacciono le persone che, invece, si perdono senza ragione.

Cammino a lungo, prima di decidermi a salire sull'autobus: il mio modo di salutare la città.

Chissà com'è Cambridge in inverno. E in primavera.

Mi tortura il pensiero che non lo saprò mai.

Non vedrò la brina ingioiellare l'erba, le gemme gonfiarsi sotto la spinta dei boccioli.

Non vedrò i mercatini addobbarsi per Natale, e non saluterò l'estate prendendo il sole sulla riva del Cam.

Non vedrò la Tartaruga rassegnarsi al bastone, non finirò per vomitare nei bagni del The Eagle.

Non vedrò Phineas appendere, infine, delle nuove tende al posto di quelle che ha bruciato. Non lo vedrò salvare il mondo.

Non vedrò più i miei appunti coprirsi delle margherite storte disegnate da Shiva. Non vedrò i primi capelli bianchi macchiare la sua chioma.

Non vedrò Cynthia mentre scrive il suo primo libro. La notizia mi raggiungerà per caso, scorrendo gli scaffali di una libreria.

Non vedrò i capelli di Jane mischiarsi ancora al bianco delle coperte, il suo sorriso tingersi di divertimento quando indovina qualcosa su di me che non vuole farmi sapere.

Non vedrò più Churchill.

Non vedrò i miei amici conquistarsi la vita che mi auguro per loro, che sogno con loro.

Ma pensarci è pericoloso.

Questa sola idea, l'idea delle persone che più amo che si allontanano e mi sfuggono dalle dita, potrebbe convincermi a rimanere.

E io non posso.

Scuoto la testa, d'istinto, come se questo bastasse a scrollarmi di dosso i pensieri più dolorosi.

Non so dove andare.

So solo di dover andare.

Mi sento come se ogni mio legame col mondo fosse stato tranciato di netto, come un cordone ombelicale strappato via mentre ancora non si è pronti a respirare.

Mike, l'ultimo, sfilacciato lembo di pelle che mi stringeva a questa vita, mi ha tradito nella maniera peggiore possibile: per il mio bene.

Non riesco a pensare a lui senza provare dolore. Un pugno nello stomaco che mi svuota i polmoni e mi lascia ad annaspare, in cerca d'aria.

E nel mentre la città scorre, inconsapevole, dietro il finestrino.

Perché la vita continua.

Soffriranno la mia assenza, probabilmente. Per qualche tempo saranno divisi tra il desiderio di odiarmi e la voglia di riavermi accanto.

𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora