23. The Art of War

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Il potere che Churchill esercita sugli altri non smetterà mai di sconvolgermi.

Gli sono bastati dieci minuti di discorso, ieri pomeriggio, per movimentare centinaia di persone.

Il miraggio di contenere tutti nella sala comune era velocemente sfumato, e il prato verde di fronte al New Court spariva dalla vista, del tutto coperto dalle teste degli studenti accorsi al suo richiamo.

Nessuno diceva una parola.

La vigilanza di Shiva e Phineas, immersi tra la folla per mettere a tacere eventuali chiacchiere, si era rivelata del tutto superflua, così come lo stupido megafono da quattro soldi che avevamo rimediato per l'occasione.

Churchill non aveva neanche avuto bisogno di alzare la voce.

Aveva parlato normalmente, di fronte alla folla silenziosa, come un predicatore di fronte ai suoi adepti.

"Sembra di essere in Chiesa" era stato il commento di Shiva.

Phineas era finito ritto accanto a Churchill, grondante di orgoglio, e avevo sorriso nel vedere i suoi occhi illuminarsi per l'ammirazione.

Dieci minuti dopo, quella massa di persone si era agitata in un urlo entusiasta che mi aveva messo i brividi, e decine tra loro si erano avvicinate per offrire il proprio aiuto.

Le ragazze avevano dato pieno accesso ai loro armadi, e i ragazzi più facoltosi avevano messo a disposizione i propri portafogli per reperire le taglie mancanti.

Io ero rimasto immobile, sorridente, con gli occhi fissi su Churchill.

"È una fortuna che voglia semplicemente fare il politico" aveva detto Shiva, "Se volesse fare il re ora staremmo tutti marciando su Buckingham Palace per portargli la testa di zia Beth"

Il suo tono era sarcastico come sempre, ma persino lui non era riuscito a celare una certa ammirazione, un latente senso di orgoglio che gli aveva dipinto un sorriso in volto.

Churchill potrebbe convincere chiunque a fare qualsiasi cosa, e la cosa non smetterà mai di sembrarmi straordinaria.

Lo penso anche ora, guardando la modesta folla di studenti che, nonostante il nostro evidente ritardo, ha diligentemente atteso fuori dalla porta dell'aula, come da istruzioni.

"Ora cosa facciamo?" chiede uno dei ragazzi, sistemandosi distrattamente l'orlo della gonna.

Tutti gli occhi sono su di me, e per un attimo mi sento mancare. Accecato dall'entusiasmo, non avevo previsto di dover diventare leader di qualcuno, in un qualche momento di questa storia.

Avevo creduto che il contributo organizzativo esaurisse la quota dei miei doveri, e che questo genere di potere sarebbe rimasto di competenza di Churchill.

Ma Churchill non è qui, adesso, e nel guardare tutte queste persone che attendono indicazioni, indicazioni da parte mia, sento la gola seccarsi.

"Tu, come ti chiami?" interviene Shiva, dopo avermi lanciato un'occhiata preoccupata.

Sta prendendo tempo, e ancora una volta sono grato al suo intuito, ai preziosi secondi che mi sta fornendo per riordinare le idee.

"George Martin" risponde il ragazzo, intimidito.

"Beh, George Martin" scherza Shiva, con il solito sorriso storto a illuminargli il viso, "Hai un ottimo nome ma pessime domande: andiamo a seguire la fottuta lezione"

Poi si volta verso di me, e il suo sorriso si fa più gentile, rassicurante.

"Hai indicazioni da darci, Cass?" chiede, ed è la completa e totale fiducia che leggo nei suoi occhi a sbloccare la mia lingua.

𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennonWhere stories live. Discover now