1. The Prime Minister

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Per tutta l'estate non ho fatto altro che immaginare la mia entrata trionfale al St. John's.

Ho sognato gli sguardi incuriositi dei professori e degli studenti, gli occhi delle ragazze che sfioravano la mia camicia bianca e la piega perfetta dei pantaloni.

Ho persino provato allo specchio il sorriso giusto da rivolgere ai miei interlocutori prima di dire "Ehi. Sono Paul McCartney".

E spero davvero che domani chiunque, guardandomi, avrà voglia di diventare mio amico.

Per ora, invece, sono bagnato come un pulcino, e il tassista che mi ha accompagnato sin qui ha appena gettato nel fango le mie valigie.

I capelli fradici mi coprono gli occhi e nel buio perfetto della sera mi risulta difficile distinguere alcunché.

Solo quando il tassista riparte, sgommandomi addosso una buona dose d'acqua, mi decido a seguire le luci accese che vedo lampeggiare in lontananza.

Quando finalmente metto piede nel dormitorio la prima cosa che mi accoglie è un urlo oltraggiato, e io sono davvero a un passo dal voltarmi e tornare a casa di corsa.

La proprietaria di quella voce è una donna tendente all'anziano acidulo, vestita di borgogna.

"Le scarpe!" grida, ancora, mentre io resto lì immobile, terrorizzato come un cervo dagli abbaglianti, "Togli subito quelle scarpe!"

Chino gli occhi a terra, studiando le impronte fangose che ho lasciato sino a quel punto, e mi affretto ad eseguire.

La donna ne sembra grandemente rincuorata.

"Perfetto, mio caro" dice, e stavolta ha il tono che usava mia madre quando combinavo un guaio davanti alle sue amiche e non poteva sculacciarmi come avrebbe voluto, "Paul McCartney, immagino".

Mi limito ad annuire, e firmo senza battere ciglio il registro che mi sbatte in faccia.

"Sono la signora Hyde. Per te signora e basta. Mi occupo del dormitorio"

Vorrei chiederle se di giorno si trasformi nella signora Jekyll, ma ho il vago sospetto che abbia già sentito questa battuta innumerevoli volte e che mi costringerebbe a ingoiare i lacci delle mie scarpe se solo la ripetessi.

Il mio silenzio è ripagato con una sorta di sollievo da parte sua.

Sono bravo a capire le persone: la maggior parte delle volte vogliono solo che tu stia zitto.

"Camera numero 607. Ultimo piano" sentenzia infine la signora Hyde, allungandomi le chiavi con un vago sorriso.

Poi, nuovamente, si rabbuia "Il tuo compagno di stanza è arrivato circa un'ora fa. Buona fortuna"

Mentre ringrazio e attraverso il corridoio, ansimando per il peso delle valigie, non riesco a levarmi dalla testa l'idea che quell'augurio non sia riferito tanto alla mia carriera accademica, quanto al mio compagno di stanza in sé.

*

Quando apro la porta della 607, il demonio in questione è sdraiato sul letto, con le lunghe gambe contro il muro e un libro sollevato di fronte al viso.

Sembra una posizione maledettamente scomoda, ma decido in fretta che non sono affari miei.

"Ehi" sorrido, "Sono Paul McCartney".

Sono certo di essere assolutamente carismatico mentre lo dico (accidenti, mi sono esercitato per mesi) eppure lui non sposta lo sguardo dal suo libro.

"Vai a cambiarti" commenta, laconico, girando pagina, "Stai lasciando una pozza d'acqua a terra".

Ha ragione, ovviamente, ma non era così che immaginavo le prime parole tra noi.

𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennonWhere stories live. Discover now