41. The Fallen Angel

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Finisco per cenare con Shiva e Phineas, lasciandomi trascinare dalle preghiere del primo, e mi offro persino di cucinare.

Chissà perché, dato che so benissimo di non esserne capace.

Sono immerso nel senso di colpa, non voglio altro che essere servizievole nei confronti degli altri.

Voglio essere il Gesù Cristo del loro maledetto dolore, voglio slacciare le Nike consunte di Phineas e gli stivaletti scamosciati di Shiva per lavare loro i piedi, piantarmi dei chiodi tra i tendini e decorare le pareti di questa sala.

Nel frigo abbiamo solo delle uova avanzate dall'ultima trovata culinaria di Shiva, e mi rassegno a romperle semplicemente in un piatto, allungandole con un goccio di latte perché bastino per tutti.

Mentre la forchetta si agita nel miscuglio, rompendo la perfetta simmetria dei colori, non posso fare a meno di pensare a quanto sia facile, per me, creare disordine.

Rovescio il composto nella padella, con le mani che tremano, e attendo che inizi a raggrumarsi.

Il mio problema è ovviare al disordine, ricostruire.

E la padella è troppo piccola, o il resto è troppo liquido, e la mia frittata stenta a prendere una forma definita.

Sento, stupidamente, gli occhi riempirsi di lacrime.

Perché questa è una sciocchezza, è solo una stupida frittata.

Ma, tra le mille altre cose, io non so fare neanche questo.

Tutto ciò che agli occhi altrui è semplice a me appare insormontabile, come se vivere mi costasse più fatica rispetto agli altri.

"Tutto ok?"

Phineas si sporge verso i fornelli, le mani ben salde sul bordo del ripiano, per controllare come stia andando.

Nel farlo, lancia una discreta occhiata alla mia espressione.

Stringo forte le labbra, raschio la spatola sui bordi.

"È una merda di frittata" commento, e ancora, non so spiegarmi perché mi venga da piangere.

"Non è una merda di frittata" mi corregge Phineas, sorridente. "Sono delle ottime uova strapazzate. Dammi qui"

Mi sfila di mano la spatola, distruggendo il tutto fino a renderlo effettivamente simile a quanto promesso.

"Visto? Tutto si può risolvere, Cass" accenna, sfiorandomi la spalla con le dita. "Ogni disastro ha le proprie potenzialità"

Non chiede altro, non indaga il motivo del mio crollo.

Mi passa semplicemente un braccio intorno alle spalle, stringendo brevemente.

Non facciamo menzione, a tavola, di ciò che è successo.

Phineas ci racconta dei suoi pazienti, divertito e affascinato da quel nuovo mondo che va dispiegandosi sotto i suoi occhi, e come sempre il suo sorriso è il diversivo migliore per la tristezza altrui.

"Il signor Wilkinson è un uomo adorabile. Un simpatico vecchietto che non ci sta più con la testa" afferma, serenamente. "Il problema, con lui, sono i turni notturni. Una notte mi ha chiamato, e mi ha chiesto di far scendere quella donna dal soffitto. C'è mancato poco che mi rintanassi sotto il camice del primario piangendo per il terrore"

Ridiamo delle avventure paranormali dei pazienti di Phineas, e mi chiedo cosa mi sia saltato in testa stamattina: io ho bisogno di loro.

Ho bisogno di questo continuo ribilanciamento, della serenità che riescono a trasmettermi, del modo in cui mettono ogni cosa al suo posto dentro di me.

𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora