64. The Prodigal Son

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È un fruscio a svegliarmi.

Intorno a me tutto è buio e silenzio, solo qualche raggio di luce che attraversa le tende, in un riverbero dei lampioni.

Socchiudo appena gli occhi, pronto a lamentarmi e a spintonare via Mike, ma il profumo che invade le mie narici mi paralizza all'istante.

Eau de Cologne 4711.

Se solo volessi, potrei citarne le componenti a memoria: agrumi in prima battuta, e poi lavanda, ciclamino, basilico, pesca, muschio. Più qualcosa che non sono mai riuscito a decifrare.

La boccetta, decorata in oro e ceruleo, si avvicenda nel bagno padronale sin da quando ne ho memoria. Mille volte, insieme a mio fratello, ce la siamo rigirata tra le mani, affascinati, elemosinandone qualche goccia per i giorni di festa.

Resto immobile, inspirando a fondo l'odore di mio padre, e fingo di dormire. Proprio come quando ero bambino.

Paura e adrenalina che mi si mischiano sotto le palpebre. Paura di essere scoperto sveglio ben oltre l'orario del coprifuoco. E adrenalina perché, cazzo, disobbedirgli mi è sempre piaciuto da morire.

Papà armeggia con qualcosa, al di sopra della mia testa, ancora del fruscio e il suono di mani che battono delicatamente sul muro.

Si siede sul bordo del letto. Percepisco distintamente il suo peso affossare il materasso.

Sento il suo sguardo addosso, pur ad occhi chiusi, e mi sforzo di controllare il ritmo del mio respiro perché non intuisca che sono sveglio.

Poi, d'improvviso, le sue dita mi sfiorano i capelli.

Piano, a malapena, come se avesse paura di turbare il mio sonno, ma il movimento è inequivocabile: una carezza.

Non parla. Rimane lì, con una mano sospesa sulla mia testa e i suoi polpastrelli che mi solleticano la guancia, e non dice niente.

Non lo faccio neanch'io. Non ne ho il coraggio.

Lascio che mio padre mi carezzi piano, con le sue dita che iniziano a tremare per l'età, e mi costringo a non pormi alcuna domanda.

Ha le mani fredde, papà. Le ha sempre avute. Come me.

Da piccolo le scaldavo tra quelle della mamma. Lei mi strofinava le dita tra le sue, prima di chiuderle in un piccolo nido, e fingeva di sorprendersi. "Ma come sei freddo!" si lamentava, sgranando gli occhi, e sorrideva nel sentirmi ridacchiare.

Mike ha le mani calde di mia madre. È il più simile a lei, tra noi due.

Ma io sono come papà. Incapace di trasmettere calore.

Prima di andar via, mi posa un bacio sulla tempia, leggero come un insetto e come la neve, e io devo trattenere un singhiozzo, perché questo è il modo in cui mi baciava la mamma, ed è tutto ciò che ho sempre voluto da lui, senza mai ottenerlo.

È la prima volta? Lo ha già fatto prima?

Perché lo sta facendo?

E perché mi sento sul punto di piangere?

Devo smetterla di pensarci.

Anche quando infine si alza, lo sento sostare sulla soglia ancora qualche secondo, come se non riuscisse a rassegnarsi all'idea di andarsene.

Mi guarda dormire.

La porta si richiude, ed io mi rigiro tra le coperte, in preda a un'angoscia che non so decifrare.

Il viso addormentato di Mike è quasi indistinguibile nel buio.

Riposa con il corpo teso verso di me. Sorride.

𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora