43. The Longest Dinner

359 51 210
                                    

La macchina accosta di fronte a una bella casa in stile vittoriano, dipinta di bianco e con dettagli in nero che spiccano nel candore generale.

Il numero 22 torreggia sulla porta, le due cifre dorate rilucono sotto la carezza dei fari.

"Ricordatemi perché ho accettato" sospira Jane, profondamente annoiata.

"Perché hai una cena a prezzo stracciato in un ristorante il cui chef lavorava per Gordon Ramsay" riassumo, a suo beneficio. "O, almeno, questo è il motivo per cui ci andiamo noi"

Per la nostra prima cena con Mo, Phineas ha scelto il ristorante più elegante e più ricercato della città. Il fatto che sia anche il più costoso, ovviamente, va di pari passo.

"Pagherò tutto io" aveva giurato, "Voglio solo che ci siate"

"Hai risolto soltanto il primo problema" era stato il cinico commento di Shiva, "Per quel ristorante c'è una lista d'attesa di tre mesi"

"Tre cosa?"

"Potremmo andare in un pub" avevo proposto io, timidamente, cercando di porre un argine alla crescente crisi isterica di Phineas.

"Non porterò Mo in un fottuto pub!"

L'urlo aveva fatto sussultare l'intera Sala Comune, e strappato un'occhiataccia al Cerbero.

Churchill, rannicchiato sulla solita poltrona, aveva sollevato appena gli occhi dal suo libro.

"Smettila di starnazzare, paperella" era intervenuto, pacato. "Chiamerò io. Sono certo che Sam ci troverà un tavolo"

"Chi diavolo è Sam?" aveva chiesto Phineas, rassegnato e vagamente offeso per essere stato chiamato paperella.

"Il proprietario"

Churchill aveva risolto il problema, ovviamente.

E aveva ottenuto, perlopiù, un prezzo di favore che avrebbe consentito a ognuno di pagare la propria parte, senza gravare sulle tasche di Phineas.

Nel vederlo riattaccare il telefono, avevo cercato il suo sguardo con il mio, ammirato, pronto a sorridergli non appena i nostri occhi si fossero incrociati.

Quelli, tuttavia, erano tornati immediatamente al libro, e non si erano mossi da lì per il resto della serata.

"Finalmente!"

Sussulto, mentre qualcuno apre la portiera e delle mani mi trascinano fuori.

"Sei stato ad aspettarci sul marciapiedi?" chiedo a Phineas, e devo dire che la cosa non mi stupirebbe poi troppo.

"Eravamo usciti a fumare una sigaretta" interviene una voce vellutata, a pochi passi di distanza.

"E stavamo rischiando di perdere il tavolo" mi rimprovera Phineas, e so che aggiungerebbe un paio di insulti, se solo accanto a lui non si trovasse la sua ragazza.

"Beh, ora siamo qui" constato, sorridendo. "Tu devi essere Mo"

Lei si scosta la frangia scura dal viso, ricambiando, e mi tende la mano.

È un gesto strano, troppo formale. Ma tutto, in lei, sembra esserlo: dai capelli accuratamente raccolti al tailleur chiaro che indossa.

Ciò tacendo, ovviamente, la freddezza del suo sguardo.

"Maureen, sì" mi corregge, dolcemente, ma sembra contrariata.

Noto Shiva aggrottare le sopracciglia, perplesso quanto me, ma mi sforzo di mantenere la mia espressione impassibile.

𝐀𝐔𝐃𝐄𝐍𝐓𝐄𝐒 𝐅𝐎𝐑𝐓𝐔𝐍𝐀 𝐈𝐔𝐕𝐀𝐓 - mclennonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora