32. Noah

26 6 3
                                    

Addie si trovava sull'aereo. Era stanchissima e non riusciva nemmeno a riposarsi per cinque minuti. Il pensiero che avrebbe potuto perdere Niall le tartassava il cuore e la mente, senza darle un attimo di pace. Continuava a versare lacrime, se ne fregava del fatto che fosse in pubblico e qualcuno avrebbe potuto accorgersene. A lei non era mai importato nulla della sua vita, dei suoi particolari, delle poche persone che ne facevano parte, di niente; tutto ciò che le stava a cuore erano soltanto i ragazzi: le uniche cose davvero importanti e che avevano un valore per lei.

A un tratto l'hostess decise di comunicare un messaggio ai passeggeri: "Si comunica che l'aereo atterrerà tra circa venti minuti. Si prega di mantenere la calma e attendere la fine del volo, buon proseguimento"

Solo venti minuti ed Addie sarebbe potuta correre in ospedale. Solo venti fottutissimi minuti che sembrarono ore.

Tremava come una foglia, era spaventata e solitamente -quando si sentiva così- Niall la rassicurava sempre, ma ora lui non c'era e doveva cavarsela da sola anche se era estremamente difficile.

"Signorina, va tutto bene?" chiese un ragazzo notando Addie quasi in lacrime che non riusciva nemmeno a reggersi in piedi.

Addie si asciugò gli occhi e alzó la testa "Certo. Sai forse dirmi dove posso trovare un taxi veloce?"

"Dove devi andare?"

"In... in ospedale" una lacrima cadde, non riuscì a trattenerla.

"È l'ora di pranzo, e c'è davvero troppo traffico per la strada principale. I taxi saranno tutti bloccati"

"Bene, significa che farò una lunga passeggiata. Grazie mille, sei stato molto gentile"

"Signorina!"

Addie si giró verso il ragazzo "Si?"

"Posso sapere il tuo nome?"

"Addie"

"Bene... Addie, io sono Noah. Ho la macchina parcheggiata a dieci metri da qui, se hai un'urgenza di andare in ospedale posso accompagnarti io"

"Non credo sia il caso, non mi va di creare disturbo. Davvero, è gentile da parte tua ma non posso accettare. Quindi... ciao, Noah" abbozzó un sorriso sincero, e cominció a camminare verso la sua destinazione.

"Addie, lascia solo che io ti aiuti. C'è qualcuno a te caro in ospedale?"

"Noah senti, ho detto che..."

"Dimmi solo si o no"

"Si, il mio ragazzo. O meglio, non so se sia ancora il mio ragazzo, non credo. Probabilmente abbiamo rotto. Ad essere sincera credo di averlo lasciato io"

Noah la guardó con aria perplessa.

"È una lunga storia, Noah. Ora lui è in coma"

"Pensa se tu non arrivassi in tempo. Il coma è una brutta situazione e le sue conseguenze colpiscono alla sprovvista senza avvisare nessuno. Chi ti dice che non sia già morto? Io ho perso mia sorella in questo modo. Era in coma qui in Francia, io mi trovavo a Londra. Ho preso il volo dopo settimane di questa notizia perché non potevo lasciare il lavoro, era una situazione complicata. Quando finalmente sono arrivato qui, in ospedale, era troppo tardi. I dottori avevano appena staccato la spina. Se l'avessi saputo prima sarei corso da lei a nuoto. Quindi ti prego, fallo per il tuo ragazzo: vieni nella mia macchina e lascia che ti accompagni da lui. Non voglio che qualcun altro provi ciò che ho provato io quando mia sorella si è spenta. Fidati di me, Addie"

Quest'ultima annuì. Non aveva parole da dedicare a Noah, sentiva solo un vuoto dentro sé stessa che lentamente diventava sempre più grande. Spesso le cicatrici fanno più male dei lividi. Ti restano impresse sulla pelle per sempre, non ti danno una via d'uscita, ma ti lasceranno per sempre un ricordo inciso nella mente per sempre.

Il viaggio in macchina fu fin troppo silenzioso, quando ad un tratto Noah ammazzó l'imbarazzo: "Come si chiama lui?"

Addie arrossì: "Niall, Niall Horan"

Noah spalancó gli occhi incredulo: "Mi prendi in giro? Il biondino dei One Direction?"

"Proprio lui. So che è impossibile da credere, ma è così" sorrise timidamente.

"E come c'è finito in coma, e da quanto tempo è in questa situazione?"

"So che è in ospedale da un paio di settimane. Non capisco nemmeno perchè abbiano voluto aspettare così tanto tempo per dirmelo, avrei dovuto esserne a conoscenza molto prima, e invece, mi hanno telefonato soltanto ieri per avvisarmi. Tra l'altro non mi hanno mai detto come ha fatto a ridursi così; probabilmente si è ubriacato di nuovo come una merdaccia"

Noah puntò per un secondo lo sguardo sulla ragazza e poi si concentrò di nuovo sulla guida: "Ehi! È il tuo ragazzo"

"Lo so, ma quando si ubriaca non posso spendere nemmeno una buona parola in suo favore"

"Come mai?" caló di nuovo il silenzio "Non sei costretta a parlarne se non vuoi"

Addie prese un respiro profondo, sperando di non ricominciare a piangere: "L'ultima volta che si è ubriacato io ero in ospedale e..."

Noah la interruppe, fu più forte di lui: "Siete affezionati agli ospedali? A me non sembrano bei luoghi in cui stare"

Addie rise, poi ricominció il suo racconto: "Ero in ospedale perché ero ferita alla nuca e ho rischiato molto. Siamo stati lì uno o due giorni, e una di quelle notti Niall era uscito per andare in un bar. Si è ubriacato e... mi ha, si ecco, tradita?"

"Ne sei sicura?"

"Me lo ha detto lui" alzò le spalle.

Noah continuava a guidare, senza distogliere lo sguardo dalla strada: "Tu lo amavi?"

"Non ne hai la più pallida idea"

"E perché cazzo lo hai lasciato?"

"Ha tradito la mia fiducia, e lui era tutto per me. Mi fidavo ciecamente di lui, è l'unico ragazzo che mi fa sentire come se fossi l'unica al mondo. Ama tutto di me, anche la mia acne dietro la schiena. Pensa che quando mi guardavo allo specchio e piangevo, lui si posizionava accanto a me, mi guardava, e baciava le parti del mio corpo che più odio dicendomi che ero bellissima, e che mi amava così com'ero. La mattina mi preparava la colazione e me la portava a letto, così la mangiavamo assieme. E ai concerti -durante la mia canzone preferita- teneva gli occhi puntati sui miei, perché quella melodia, quelle parole, erano nostre. E non capisco nemmeno perché ne stia parlando con te, ti conosco da venti minuti e sai già troppe cose. Forse sto esagerando, mi dispiace. Probabilmente mi sto sfogando con la persona sbagliata, è solo che... non parlo con qualcuno da settimane"

Il ragazzo sembrò essere innocuo: "Lo ami ancora, non è così?"

"Si"

"Puoi ancora recuperare tutto. Io credo che anche lui ti ami ancora. Ha fatto la figura del coglione, e su questo non posso darti alcun torto. Ma credo che abbia avuto tutto il tempo per riflettere sul suo errore, è sicuramente pentito. Dagli un'altra possibilità. La tua felicità dipende da lui, e la sua da te. Se vi amate dovete stare insieme, e non distanti migliaia di chilometri per una questione di orgoglio. Sappiate amarvi"

"E se fosse troppo tardi?"

Noah accostó, erano arrivati all'ospedale. Aprì lentamente lo sportello della macchina, facendo uscire dal suo interno Addie, e tutto ciò che disse fu: "Non è mai troppo tardi per amare. Ama finché puoi, finché il tempo te lo permette Addie"

La ragazza lo ringraziò. Aveva bisogno di sentirsi dire parole del genere, e ora aveva una speranza in più che tutto andasse bene. Si chiedeva se avrebbe mai rivisto quel ragazzo; non che le interessasse, voleva solo ringraziarlo nel modo giusto, e non con un semplice e povero "Grazie".

*

Spazio autrice
ALLORA. Fate attenzione a questo capitolo, può sembrare inutile ma è uno dei più fondamentali. Probabilmente ora non capite il perché, ma più in là scoprirete tutto. Detto ciò, siamo quasi alla fine della storia. Non manca pochissimo, ma nemmeno troppo. Spero che fino ad adesso la storia vi stia piacendo :)

Her strengthWhere stories live. Discover now