33. "Ero io la tua luna"

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Un'infermiera si soffermó a guardare i ragazzi che aspettano buone notizia in sala d'attesa, era dispiaciuta nel vederli così. Odiava la tristezza e dare brutte notizie, ma per fortuna o purtroppo quello era il suo lavoro. Decise quindi di richiamare la loro attenzione: "Voi siete i coinquilini del signor Horan?"

Harry si alzò scattante dalla sedia: "Si, ci dica tutto"

"Il paziente può ricevere finalmente visite. In caso voi vogliate salutarlo o vederlo è nella stanza in fondo al corridoio, seconda porta a sinistra. Se non sbaglio è la numero 14" accennó un sorriso di speranza per il povero ragazzo rinchiuso lì dentro senza più coscienza.

I ragazzi la ringraziarono di cuore e andarono dal loro amico. Harry li dirigeva verso quella dannata stanza, era preoccupatissimo, più di chiunque altro; sarebbe scontato dire che aveva paura. Non sarebbe dovuto succedere, sapeva che Niall non meritava una cosa del genere.

Dopo una decina di minuti passati attorno al letto di Niall, tutti lasciarono la stanza; tutti, tranne Harry. Si inginocchiò al letto e teneva stretta forte la mano del suo migliore amico, sperando con tutto sé stesso che riuscisse a sentirlo: "So che ci sei, amico. So che vorresti rispondermi, abbracciarmi e farmi il solletico come fai sempre. So che vorresti essere lì fuori assieme a me e i ragazzi per divertiti. So che vorresti cantare, e suonare quella maledetta chitarra che ami con tutto te stesso. Ora sei bloccato, ma puoi uscire da questa situazione. Sei forte Nialler, e non voglio che tu te ne vada dalla mia vita. Fai parte di me, della mia famiglia. Ci sei sempre stato, sopratutto nei momenti no. In parte la mia vita dipende da te, e so che non sembra così" si fermò. Non riusciva più a continuare, aveva il cuore distrutto e parlarne significava calpestare tutti i suoi frammenti fino a farli diventare polvere. Si asciugò il viso, e intanto continuava a tenere per mano Niall: "Se solo avessi saputo cosa sarebbe successo, ti avrei detto tutti i fottuti giorni della mia vita quanto cazzo io ti voglia bene, e quanto tu sia speciale per me. Abbiamo litigato, ti ho giudicato e urlato contro. Non sai quanto me ne pento amico mio. Se tu non dovessi farcela, non sopporterei sapere che l'ultima volta che ti ho rivolto la parola ti ho soltanto aggredito come un lurido bastardo. E tu non lo sei, tu non sei un bastardo. Non sei un bastardo" lo ripeté ancora, come se non fosse mai abbastanza, come per assicurarsi che il ragazzo capisse ciò che gli stava dicendo; "Non meriti questo, molto probabilmente non meriti nemmeno di essere mio amico perché tu devi avere il meglio, ed io faccio solo casini. Ma non saprei vivere senza di te, quindi ti prego, lotta; combatti"

*

"Louis!" urlò Addie appena lo vide in ospedale.

Entrambi erano commossi. Non si vedevano da settimane, e stare l'uno senza l'altro ormai diventato impossibile. Per Addie era stupendo riabbracciare colui che le aveva fatto da fratello maggiore per tutto quel tempo, e ancora si pentita per essersene andata via senza nemmeno salutarlo decentemente. Gli chiese scusa mentre continuava a stringerlo forte e ad affondare il viso pieno di lacrime nel suo petto. Anche Harry, Liam e Zayn, si unirono a quell'abbraccio di gruppo che aveva preso visione di tutta la sala, comprese dottori e infermiere.

Louis indicò il corridoio della stanza in cui si trovava Niall: "Lui é di là" disse abbassando lo sguardo "Credo ti stia aspettando"

Addie non riuscì a contenersi: "Mi sta aspettando? Quindi è sveglio?"

Louis sgranó gli occhi. Anche lui desiderava che il suo amico si svegliasse, ma non era ancora possibile: "No. Ti sta aspettando da prima che cadesse in coma. Ti aspetta da quando hai lasciato il tour bus e sei tornata a casa tua. Se dovesse svegliarsi, continuerebbe ad aspettarti. Se non dovesse farcela, continuerà ad aspettarti anche in cielo, anche in un'altra vita; perché lui ti ama ancora, e lo farà per sempre"

Her strengthWhere stories live. Discover now