Capitolo 6

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Le ginocchia scoperte e sanguinanti erano l'unica cosa che riusciva a distinguere nella sua visuale mentre teneva la testa china e cercava in tutti i modi di trattenere le lacrime e i singhiozzi. Le mani si stringevano forti alla sedia sulla quale era seduto, troppo grande e alta per le sue gambe così corte che non gli permettevano di toccare il pavimento nemmeno con la punta dei piedi.

«Oh Taehyungie, per quanto ancora hai intenzione di spaventare gli altri bambini?» la voce dell'uomo sembrò rimbombare nelle sue orecchie, come se fosse l'unico suono che in quel momento - preso dalla paura e dal tremore - potesse sentire, mentre tutti gli altri erano ovattati. Solo il rumore del suo cuore che batteva forte nel petto suonava nelle sue orecchie quando tutto taceva. «Ti avevo detto di non farlo ma non ascolti mai. Sei un bimbo cattivo.» il tono era divertito mentre gli diceva quelle parole, seduto dal lato opposto della scrivania.

Si morse il labbro tremante e scosse negativamente la testa. Nel compiere quel gesto alcune gocce salate scesero violentemente sulle sue gambe coperte da un misero pantaloncino grigio. «N-non ho fatto niente.» piagnucolò con la voce incrinata e interrotta dai singhiozzi, mentre il rumore della sedia che strisciava sul pavimento e poi il rumore dei passi di quell'uomo che superarono la scrivania per porsi di fronte a lui, fecero battere il suo cuore come se volesse uscire dal suo petto e scappare da quell'ufficio al posto suo.

Le scarpe laccate di nero lucido entrarono nella sua visuale, tutto il resto, poteva sentirlo. Il rumore della cinta che viene aperta e poi sfilata dalle asole del pantalone elegante era diventato un suono familiare e che gli ricordava solo brutte sensazioni.

«Devo punirti Taehyungie, sai che queste sono le regole.» quella frase fu un silenzioso invito ad alzarsi da quella sedia di plastica, filarsi la maglietta e inginocchiarsi sul pavimento dandogli le spalle. L'aveva già fatto altre volte e le cicatrici erano ben visibili sulla sua piccola schiena, che ben presto ne avrebbe ospitate altre.

L'ultima cosa che vide prima che il dolore iniziasse a torturarlo e a costringerlo a stringere gli occhi e i denti per non gridare troppo, fu la segretaria bionda che di fronte alla porta assisteva a quella scena impassibile.

La schiena gli bruciava, il sudore iniziava a colargli dalle tempie e ad immischiarsi con le lacrime, mentre urlava per il dolore che ogni frustata gli provocava. Le orecchie erano ovattate e le parole di quell'uomo gli arrivavano lontane mentre gli gridava contro. «Sei spazzatura! Tu e la tua razza!» ogni frase corrispondeva ad un colpo «Spero che l'abbiano torturata quella puttana!»

L'ultima frustata, più forte e dolorosa, fu quella che lo fece riversare per terra sfinito e con il fiatone.

«Yuhee, porta fuori questa spazzatura.» quella, fu l'ultima frase che gli sentì dire prima che chiudesse gli occhi sfinito per non riaprirli per le prossime ore.

Esalò un grosso respiro mentre riapriva gli occhi e si metteva seduto sul letto. Il sudore gli aveva bagnato i capelli e la maglietta, mentre la gola era secca per la mancata idratazione ed il respiro affannato.

Si portò una mano sul cuore chiudendo gli occhi, prima di portare quest'ultima tra i suoi capelli per sollevarli dalla fronte bagnata. Aveva appena sognato, secondo le spiegazioni di Jungkook, un episodio del suo passato. Anche se avrebbe preferito definirlo più un incubo che un sogno...

All'improvviso sentì bussare alla sua porta ed alzò di scatto la testa, ma senza che la persona lì fuori potesse anche solo dargli il tempo di risponderequest'ultima aveva già abbassato la maniglia e lo fissava dallo spiraglio della porta che aveva aperto.

«Tutto bene?» gli chiese e fu naturale per Taehyung domandarsi se avesse fatto molto rumore durante quel sogno per aver attirato l'attenzione dell'altro così velocemente.

The Hybrid|ᴋᴏᴏᴋᴛᴀᴇDove le storie prendono vita. Scoprilo ora