Capitolo 18

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Le rondi volavano nel cielo e riempivano il silenzio con il lorostridio. Le sfumature rosa del tramonto, dove tra gli alberi era possibilescorgere il sole rosso acceso, si riproducevano su un volto dai tratti gentiliche contrastavano con la linea dura che si riproduceva sulle labbra. Un sospirofuoriuscì da esse, mentre gli occhi erano intenti ad osservare quel cielo rosaricoperto da delle nuvole bianche e dove i pensieri sembravano svolazzare piùdel dovuto, come ormai facevano da un po'

Taehyung, seduto tranquillamente sulla panchina in legno posta sul pianerottolo della casa del branco appartenente a Kim Namjoon, guardava con sguardo vuoto e con una mano a sorreggere la testa due figure dalla bassa statura rincorrersi e giocare tranquillamente tra di loro.

I sospiri uscivano dalle sue narici senza che potesse controllarli ed ormai erano parte della sua vita quotidiana da quando tutto quello era successo.

A distrarlo ancora prima che quei ricordi potessero riprendere il sopravvento, fu l'echeggiare di alcuni passi sul pianerottolo su cui si trovava e che lo portò a girare lo sguardo verso il capobranco di quel territorio. La sua altezza copriva la visuale del sole tramontante e si riprodusse come ombra sulla sua figura ancora seduta. Le mani nella tasca, la maglietta bianca sgualcita e quel sorriso comprensivo e speranzoso che gli rivolgeva sempre.

Distolse lo sguardo potendo perfettamente immaginare il motivo per il quale si trovasse lì e lo sentì sedersi al suo fianco mentre si schiariva la voce. Lo sguardo, come il suo, rivolto ai gemellini intenti a rotolarsi tra le foglie secche adesso sottoforma di cuccioli di lupo e le mani congiunte l'una con l'altra con i gomiti poggiati sulle ginocchia.

«Sei ancora qui fuori?» domandò guardandolo con la coda dell'occhio e Taehyung semplicemente fece spallucce non rispondendo effettivamente a quella domanda. Il maggiore era perfettamente a conoscenza del suo stato d'animo che per sei mesi lo aveva accompagnato: era passato l'inverno con il suo nevischio ed era entrata la primavera senza che se ne rendesse conto. I giorni erano passati monotoni in quella casa, e l'unica cosa che cambiava in continuazione era la speranza che cercava di non perdere con il passare del tempo.

D'altro canto il licantropo non si permise nemmeno di spronare quel ragazzo a cercare di sollevare il suo morale a terra, conscio che non sarebbe servito a nulla se non renderlo ancor più triste di quanto già non fosse.

Posò come ogni volta la mano sulla sua spalla, pattandola con fare premuroso, prima di alzarsi e rivolgergli un ultimo sguardo. «Prova a capirlo Taehyung.» abbozzò un sorriso che Taehyung si forzò di ricambiare prima di dire un leggero «Tranquillo Hyung.»

Lo seguì con la coda dell'occhio allontanarsi dalla panchina sulla quale era seduto e fermarsi sull'uscio della porta per dirgli un «Tra poco andranno via tutti, quindi puoi entrare tranquillamente per cenare.» lo avvisò entrando poi in casa solo dopo aver visto un cenno positivo da parte di Taehyung.

Era sempre così da quando tutto era drasticamente cambiato, ancora una volta, nella sua vita. Il capobranco non faceva altro che ripetergli frasi come "prova a capirlo" o "dagli un po' di tempo". Erano sei mesi che viveva lì, un tempo così lungo ma apparentemente così corto che ormai aveva la certezza di poter conoscere meglio Namjoon o i due gemellini ancora intenti a giocare, che colui che gli aveva promesso di proteggerlo... che Jungkook. Erano sei mesi che, da quella notte, non vedeva il volto di del suo Guardiano.

Namjoon era rimasto in contatto con lui – si sentivano regolarmente una volta a settimana e talvolta gli faceva anche visita –, perciò Taehyung sapeva che stesse bene. Semplicemente Jungkook aveva espresso a chiunque lo circondasse di tenerlo lontano da lui, di non volerlo vedere e di non volersi far vedere.

Da quella notte, da quando lo aveva morso, si era allontanato da lui. Taehyung poteva lontanamente immaginare il motivo di quella decisione e il pensiero che il licantropo potesse essere arrabbiato con lui – cosa molto probabilmente vera – lo colpiva al cuore e lo portava in quel tunnel di apatia che faceva parte di lui ormai.

The Hybrid|ᴋᴏᴏᴋᴛᴀᴇWhere stories live. Discover now