Un passo indietro?

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Louis passò la mattinata un po' distratto. Era insolito per lui, perché era sempre riuscito a tenere la concentrazione al massimo sulle cose che faceva.
Anche quando era all'università riusciva a seguire tutte le lezioni, una di seguito all'altra, senza mai perdere il filo del discorso. Liam delle volte si assentava, per riposare il cervello e diceva che Louis non era umano, vedendo l'amico sempre indaffarato a prendere appunti e rispondere alle domande.
Era una sua caratteristica, un suo tratto peculiare. Louis era bravo a concentrarsi, era maniaco del controllo.

Ma adesso la situazione gli stava sfuggendo di mano. Per tutta la sera prima, ed anche quella mattina, non aveva fatto altro che pensare ad Harry. Sperava che quel ragazzo riuscisse nel suo intento, che fosse un bravo sportivo, perché voleva vederlo contento. Voleva vederlo soddisfatto di se. Più di ogni altra cosa, voleva vedere Harry credere in se stesso.
Perché Harry non era un ragazzo stupido, questo Louis lo aveva capito. Era solo un ragazzo a cui serviva un po' di aiuto, e lui era lì per questo.

Per questo non vedeva l'ora che suonasse la campanella. Non vedeva l'ora di entrare nell'aula di detenzione e trovarci Harry con un sorriso smagliante, pronto a provare con lo sport.

Ma quel pomeriggio, quando entrò in classe trovò la stanza vuota. Un senso di depressione si impossessò di lui, gli penetrò nel petto. Non poteva crederci. Proprio adesso che avevano fatto un passo avanti, ecco che Harry gli aveva fatti retrocedere duecento passi indietro.

Louis si sentì sconfortato, coprendosi il volto con una mano. Non era arrabbiato, non era furioso come la prima volta che Harry non si era presentato in punizione. No, ora si sentiva enormemente deluso.

Prese un lungo sospiro, e si incamminò fuori. Gli sembrava di vivere un dejavu ma voleva trovare Harry a tutti i costi. Voleva capire le sue ragioni.

Prima lo andò a cercare sotto gli spalti, sperando di non trovarlo a fumare. Niente, non era lì. Poi cercò nelle altre aule, nei laboratori, in tutti gli uffici della scuola. Passò ore a cercare quel ragazzo dai capelli ricci che tanto lo faceva dannare. Ma dovette rinunciare quando scoccò l'orario di fine detenzione.

Nella scuola non era rimasto più nessuno, il coach e la squadra di calcio erano andati via, anche i bidelli avevano finito il loro lavoro. L'ultimo ad abbandonare quell'edificio fu Louis, avviandosi alla sua macchina.
Ma quando arrivò al parcheggio gli si gelò il sangue nelle vene.

Harry era lì, appoggiato al cruscotto della sua auto con una sigaretta tra le labbra.
Louis non seppe che pensare, era senza parole. Così si avvicinò lentamente al ragazzo.

"Perché?" Chiese sconsolato Louis.

Era certo che Harry avesse capito cosa volesse significare quella singola domanda. Perché non ti sei presentato? Perché ora che avevamo stabilito una tregua hai voluto annullare tutto? Perché non ti importa del tuo futuro? Perché hai lasciato che io credessi in te?

Harry abbassò lo sguardo, fissando le sue scarpe.

"Perché ho paura" sussurrò, con la voce tremolante, incrinata.

Louis distolse lo sguardo da lui, incredulo. Alzò gli occhi al cielo, per calmarsi.

"Harry era solo una prova! Di cosa avevi paura?" quasi gli urlò.

Ma anche Harry sembrò arrabbiarsi, alzando il tono di voce:

"Perché è l'ultima opzione che mi rimane! E se non fossi capace neanche di fare questo, cosa sarei? Un fallito, ecco cosa." Gli gridò Harry in risposta, mentre delle calde lacrime bagnarono le sue guance. "Ho paura di scoprire di essere un fallimento totale" bisbigliò, con la voce rotta dal pianto.

Louis sentì il suo cuore stringersi. Non poteva vederlo in questo modo, Harry era il ragazzo più duro che avesse mai incontrato e adesso si stava sciogliendo davanti a lui. Louis non penso razionalmente (o forse lo fece fin troppo) e azzerò la distanza tra loro, accogliendolo in un caldo abbraccio.

Harry si irrigidì sotto a quel tocco, ma dopo pochi secondi si rilassò tra le sue braccia.

"Harry, ascolta" pronunciò Louis, accarezzando la testa di quel ragazzo che ora sembrava così fragile. "Non abbiamo vagliato tutte le opzioni, questa non è l'ultima che ti rimane. La vita Harry, la vita riserva così tante cose, così tante opportunità. Come puoi credere di aver fallito?"
Louis prese il volto di Harry tra le mani, fissando il ragazzo negli occhi. "Hai solo diciassette anni, non puoi credere che la vita finisca qui. Questa è l'età per sbagliare, per provare a capire qual è la tua strada. Non sei arrivato al capolinea, Harry. Anzi, sei appena montato sul treno." gli disse, mentre Harry lo guardava attento. Non stava più piangendo, ma aveva gli occhi rossi e gonfi. "Questo è soltanto l'inizio, Harry. Te lo prometto"

Harry non era mai stato così rassicurato in vita sua. Nessuno lo aveva mai preso tra le braccia, nessuno lo aveva mai sfiorato delicatamente come stava facendo il suo professore. Nessuno aveva mai creduto in lui.
Provò un insano bisogno di sporgersi verso le labbra del professor Tomlinson, ampliare quel contatto tra loro. Ma la sua razionalità glielo impedì, ed annuendo si allontanò, staccando quel contatto così perfetto.

"Grazie" disse solamente, con un filo di voce.

Louis gli sorrise, anche lui aveva gli occhi lucidi.

"Perché non ci prendiamo una tazza di tè?" Propose Louis.

"Oggi è venerdì, il pub in fondo alla strada sarà gremito di studenti" rispose Harry, con la voce estremamente rauca per aver pianto.

"Puoi venire a casa mia, se ti va" suggerì Louis.

Harry annuì, senza pensarci due volte. Così si infilò in macchina con il suo professore, che gli lanciò un sguardo severo a significare non parto se non ti metti la cintura.
Con la cintura allacciata partirono verso casa di Louis.

Amami SottovoceWo Geschichten leben. Entdecke jetzt