Capitolo 25

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Pov Elisabhett

Sentii qualcuno bussare alla porta, urlando il mio nome capii che colui che stava dall’altra parte era Dominic. Non risposi e non mi mossi nemmeno dalla mia posizione. Ci fu anche un tentativo di aprire la porta ma niente da fare, ho fatto bene a chiuderla, non lo voglio vedere, almeno per...vediamo... per il resto della mia vita, forse per le prossime 24 ore. Dopo i continui tentativi cessò il silenzio. Non prometteva niente di bene. Se Dominic voleva entrare lui entrava e basta. Decisi di aprire la porta ma non feci in tempo di rendermi conto di quello che stava succedendo quando mi ritrovai a terra senza un valido motivo. Aprii gli occhi e mi ritrovai davanti un petto scolpito. Il corpo che mi ritrovai davanti era quello di Dominic, lo riconobbi dal tatuaggio della rosa che si ritrovava sul bicipite destro. Dopo alcuni secondi si rese conto di dove fosse. Guardò in avanti notando probabilmente che la stanza in cui era, era la sua. Abbasso di conseguenza lo sguardo, che si incastrarono con i miei. Sentivo qualcosa che non riuscivo a controllare, penso che andrò a fuoco se non si leverà da me il più presto possibile. Aspettai qualche secondo sperando che si decidesse ad alzarsi di sua spontanea volontà, ma niente. Era rimasto imbambolato. Penso che finirò come lui tra un po’… imbambolata. “potresti toglierti” dissi leggermente, mi mancava il fiato non perché stessi per avere un altro attacco di panico, no… mi mancava il respiro per lui. “io rimarrei ancora così per un po’” aspetta cosa? Questo qua è un arrogante, stronzo e senza cuore. Un ora fa mi odiava, vedevo l’odio nei suoi occhi, poi me lo ritrovo ad sopra di me. Ma è possibile che con lui non ci sia qualcosa di normale. “Dominic!” sentii urlare dal piano di sotto. Noah sei il mio Angelo custode. Dominic si guardò alle spalle scocciato per aver rovinato ‘il suo momento’. Si avvicinò più di quanto lo fossimo già mi guardò le labbra per poi tornare sui miei occhi “ringrazia Noah per averti salvata da ciò che avrei fatto ora” oh si stanne sicuro che lo ringrazio e come. Si alzò da terra andando nel verso opposto, senza darmi una mano, stronzo buono a nulla. Mi alzai cercando di riprende il controllo di me stessa, tornai nella stanza e proprio mentre stavo chiudendo la porta liberandomi di lui, mi fu impedito da una mano ferrea che spinse la porta. Aprii la porta un po’ di più per guardarlo negli occhi e capire cosa volesse da me. Rimase lì davanti, senza dire niente. Per poi entrare, ok sarà pure la sua camera, ma non so per quanto resisterò ancora, lo vorrei tanto prendere e buttare giù dal balcone di milioni di dollari che si ritrova. Si fece strada per la stanza senza dire niente. Si fermò al centro e mi guardò. Non capivo cosa volesse fare, poi mi comparve in mente che la busta con le medicine gli stava accanto e se le avesse viste penso che non sarei uscita viva da qui. Sperai con tutta me stessa che non le vedesse, ma non era possibile visto che erano in bella vista. Guardò alla sua destra proprio dove stavano le medicine. Le prese il sacchetto fra le mani e si diresse molto tranquillamente verso la porta… troppo tranquillamente. Quando mancavano 3 passi per uscire da lì si fermò, posò le medicine a terra e poi chiuse la porta. A chiave. Si girò verso di me e mi guardò negli occhi senza mai distoglierli, non mi resi conto che indietreggiai fino a sbattere contro il muro. Non aprì bocca, eravamo troppo vicini. Quando stavo per chiedergli cosa stava facendo, mi prese il viso per poi baciarmi. Posai le mie mani sul suo torace per staccarlo da me, non penserà mica che mi sia dimenticata cosa è successo prima. Riuscì ad allontanarlo, “non funziona così” disse prima di riprendere ciò che aveva iniziato, per impedire che lo spingessi di nuovo mi prese i polsi e non me li lasciò più andare. Quel bacio non gli bastava voleva qualcosa di più intenso, lo sentivo. Essendo che non volevo baciarlo e ciò a lui non andava bene. Mi prese e mi porto sul letto colsi il momento in cui avevo i polsi liberi per scappare ma lui era più forte e più grande. Mi riporto dove mi aveva messa prima, incastrandomi sotto al suo corpo “io e te dobbiamo parlare” ora? Si alzò, prese le medicine e prima che chiudesse la porta disse “non fare tardi o se no non mi fermo, la prossima volta” ma che era successo esattamente.

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