21. Epic I

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Non conosceva il suo nome.

Anche se tornava in quel locale ormai con cadenza settimanale e si sedeva allo stesso tavolo, con la spudorata motivazione che era uno di quelli che lei serviva costantemente, non aveva mai avuto il coraggio di chiederlo. Si era domandato tante volte quale le donasse di più, ma non riusciva davvero a immaginarlo. Era come se idealizzarla con un nome qualsiasi e abituarsi a chiamarla a quel modo nella sua mente gli avrebbe rovinato poi la rivelazione vera e propria. Rivelazione che, con la sua spigliatezza, sarebbe arrivata quando Namjoon sarebbe diventato il main vocalist del gruppo.

-Dunque, un americano e un... accidenti...

La ragazza, con il blocco per le ordinazioni stretto in mano, prese a tastarsi il grembiule freneticamente, facendo vagare gli occhi confusi lungo tutta la stoffa mentre la sua bocca si arricciava in una smorfia di disappunto.

-Chiedo scusa, solo un piccolo intoppo!- si affrettò a dire la cameriera, sollevando lo sguardo ansioso su di lui, mentre continuava a percorrere ogni tasca del grembiule prima di girarsi verso il bancone del bar.

-Ji, hai visto la mia penna?- chiese allora, strappando un grugnito alla donna ferma alla cassa.

-Ancora, Deiji? È la terza solo in questa settimana! E poi ce l'hai letteralmente infilata dietro l'orecchio!

Deiji.

Come le margherite.

Jungkook osservò le piccole mani della ragazza mentre sfilavano freneticamente la penna dal suo orecchio, facendola poi cadere a terra e portandola a piegarsi per raccoglierla mentre sciorinava una sequela di scuse. Raddrizzandosi, infine, riprese a sorridere come se nulla fosse successo, portando le sue guance tondeggianti ad assottigliare i suoi occhi luminosi.

-Dicevamo, un americano e un... donut al cioccolato! Arrivano subito!- esclamò la cameriera prima di allontanarsi con un volteggio che fece svolazzare le pieghe della sua gonna in un ipnotico susseguirsi di bianco e nero.

Deiji.

Il suo nome era Deiji.

Gli piaceva. In qualche modo, era maledettamente accurato per lei. La sua piccola, timida figura, semplice ma elegante, adornata di una bellezza poco appariscente sembrava davvero essere in sintonia con il suo nome.

Jungkook abbassò il capo, fissando il tavolo con le mani giunte sul suo grembo. Quella sensazione che aveva bussato alle porte della sua coscienza ogni volta che aveva interagito con la ragazza tornò a rendere nota la sua presenza, richiamando la sua attenzione con sempre maggiore insistenza.

Anima gemella.

Quello che all'inizio era solo un sussurro, un pensiero vagabondante e labile, si era ormai trasformato in un grido martellante.

Anima gemella.

È lei.

Jungkook non avrebbe saputo dire dove nasceva quella voce, se era il suo legame a spingerlo verso la soluzione o semplicemente il suo istinto. Il ragazzo temeva che fosse solo un pensiero speranzoso. Un'illusione che lui stava creando nella sua testa solo perché aveva l'impressione di sentire un elastico che lo attirava a quella ragazza ogni volta che metteva piede in quel locale. Un elastico che gli stringeva lo stomaco man mano che si allontanava da lei, ogni volta che se ne andava senza dare peso alla voce.

Se fosse stato vero, la sua anima gemella era a portata di mano.

Era lì, così vicina a lui.

Ma, se si fosse sbagliato... sarebbe stato solo un illuso. Avrebbe alimentato una speranza sempre più avida nel suo cuore, una speranza che vedeva l'infinita ricerca a cui i suoi amici erano sottoposti avere una soluzione almeno per lui, e poi l'avrebbe distrutta. L'avrebbe rispedito alla casella di partenza, costringendolo a ricominciare il gioco da capo: trovare la metà della sua anima in un oceano di esseri umani.

Solitary (K.SJ)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora