30. If I could tell her

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Per l'ennesima volta, lo schermo del suo cellulare si accese. Il suo screenlock mostrava l'orario corrente di Seoul in grandi numeri bianchi, insieme a una foto di loro sette che Jimin amava. Non proveniva da nessuno dei loro photoshoot ufficiali, infatti era piuttosto fuori fuoco, sopratutto perché l'aveva scattata allungando il braccio il più possibile sopra la sua testa nel tentativo di catturare tutti i loro volti incastrati in un puzzle sul pavimento e sfoggianti espressioni accartocciate dal sonno e dalla sbronza che si erano presi. Quella foto gli sorrideva dallo schermo, intonsa. Non una notifica, come trenta secondi prima.

Jimin sospirò debolmente lasciando che il lockscreen si oscurasse, anche se sapeva che nel giro di un minuto il suo dito sarebbe tornato su di esso per accenderlo di nuovo.

-Hyung, si può sapere che hai? È da quando siamo partiti che non fai che controllare il telefono.

Jimin si voltò verso Jungkook che, seduto accanto a lui, lo fissava con le labbra allungate in un broncio interrogativo. Con una smorfia incerta, il giovane distolse lo sguardo, riportandolo sullo schermo del suo cellulare.

-Non è niente- mormorò in risposta. Trattenendo l'istinto di tornare sulla chat di KakaoTalk, scosse la testa e appoggiò l'oggetto nello scomparto del bracciolo del suo sedile. Troppo ansioso per infilarlo nella tasca dei pantaloni, nonostante tutto. Jimin, però, dovette riportare gli occhi sull'amico quando ricevette un leggero colpetto di gomito nell'avambraccio. Jungkook non disse niente, ma sollevò un sopracciglio e continuò a fissarlo con insistenza.

Il giovane si morse il labbro inferiore. Amava il suo dongsaeng. Lo amava davvero. Ma temeva che non avrebbe capito. Nessuno avrebbe capito, fra tutti i suoi amici. Nessuno era mai stato così ansioso di incontrare la sua anima gemella come lui, eccetto forse Taehyung. Lui, però, non si era ritrovato nella situazione in cui era incastrato Jimin. Era stato facile per Tae. Seokjin era l'unico altro membro che avrebbe potuto comprendere la sua apprensione, ma per ovvie ragioni non poteva rivolgersi a lui per un consiglio. Namjoon e Hoseok non avevano esperienza nel campo e Yoongi era esattamente l'opposto di lui.

Prima che se ne accorgesse, il suo pollice aveva toccato il tasto di accensione ancora una volta, facendo apparire il suo lockscreen. Vuoto.

-Hyung?

Jimin, trattenendo una smorfia colpevole, riportò gli occhi sul minore. Davanti al suo sguardo interrogatorio, lasciò andare un lungo, sofferente sospiro.

-È... non è niente. È solo...

Jungkook, senza dire una parola, attese con sguardo curioso che continuasse. Jimin, abbassando la testa in imbarazzo, prese a giochicchiare con il bordo della sua t-shirt.

-Jein... non mi ha scritto neanche una volta. È una cosa stupida, davvero!- si affrettò a dire Jimin, scuotendo il capo con gli occhi incollati alle sue mani.

-È solo che... se non le scrivo io per primo lei non...

Il ragazzo agitò una mano davanti a sé, come a voler intendere che non aveva importanza. Era solo maledettamente stupido. Si erano appena conosciuti, era ovvio che lei mantenesse ancora le distanze. Era lui il problema. Lui e la sua stupida testa che aveva già iniziato a progettare il loro futuro insieme dopo solo quarantotto ore da che si erano incontrati. La voce di Jungkook, all'improvviso, lo tirò fuori dalla sua spirale di pensieri.

-Pensi che ci sia qualche problema? Non ci hai neanche raccontato del vostro primo incontro.

Jimin, guardando il suo amico, deglutì. Abbassò il capo con aria colpevole, riportando alla mente il breve "Bene" con cui aveva risposto quando, tornando al dormitorio, i suoi amici gli avevano chiesto com'era andata.

Solitary (K.SJ)Where stories live. Discover now