36. Start of something new

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Rimasero lì così, seduti uno accanto all'altra a chiacchierare di cose frivole per diversi minuti, prima che Seokjin iniziasse a convenire con il fatto che forse era ora di farsi vivi. Dicendole di aspettarlo nella stanza, si sollevò dal pavimento e sparì dietro alla porta senza spiegare dove sarebbe andato. Quando emerse nuovamente, la donna notò che stringeva una salvietta struccante in mano.

-Ho chiesto a Estella se me ne poteva fornire una- disse timidamente l'uomo, allungando la mano per porgerle l'oggetto su cui aveva posato curiosamente gli occhi. Ringraziandolo debolmente, prese a strofinarsi le guance e le palpebre, immaginando il disastro che il mascara e l'eye-liner sciolto dovevano aver dipinto sul suo volto. Poco le importava che la gente l'avrebbe vista senza make-up e avrebbe capito quello che era successo. L'importante era che non vedessero le linee che esso aveva dipinto, la scia di lacrime versate che giaceva sul suo viso come un testimone oculare.

E Seokjin aveva pensato a lei al punto da anticipare anche questo suo piccolo bisogno. In quel momento, strofinandosi il viso sotto allo sguardo indulgente dell'uomo, capì con inequivocabile certezza che era completamente andata. Quell'attrazione fisica che l'aveva attirata a lui per curiosità si era ufficialmente trasformata in infatuazione bella e buona e non poteva fare a meno di sentire i suoi pensieri riempirsi di lui.

"Accidenti... siamo sotto per bene."

-Penso sia meglio se usciamo separatamente dal momento che questo posto pullula di telecamere. Che ne dici se esco prima io così puoi restare ancora qua se hai bisogno di un po' di tempo da sola?

Yona non era mai stata il tipo da farsi dirigere in quel modo. Era lei quella che prendeva il controllo. Era lei quella che diceva agli altri cosa fare, che usava quella voce sottile, quasi infantilizzando l'ascoltatore. Eppure perché era così pronta ad ascoltare lui? Perché si sentiva confortata dai suoi candidi suggerimenti? Perché sentiva la necessità di compiacerlo?

La donna, alla fine, annuì, scrutando poi Seokjin sorridere e alzarsi per aprire la porta, voltandosi un'ultima volta nella sua direzione.

-Ci vediamo dopo.

E le sue guance si gonfiarono nuovamente in quel sorriso adorabile che gli ingentiliva il viso, prima di sparire dalla stanza lasciando Yona in un silenzio assordante. E in quel silenzio, la donna non fece che vedere le immagini dell'uomo che tappezzavano la sua mente, riproponendole le sue parole, le sue espressioni e la sua voce. E quando abbassò lo sguardo, vide le sue dita stringere ancora il cellulare.

L'insegnante inspirò a fondo. Passandosi la lingua sulle labbra impiastricciate, sbloccò lo schermo e fece partire la chiamata prima che la sua testa potesse cambiare idea. Nel suo orecchio, gli squilli iniziarono a risuonare, vuoti e trascinati, uno dopo l'altro. Passarono diversi secondi prima che un suono dall'interfono rompesse la monotona ripetizione.

-Yona? Hai idea di che ore sono? È notte fonda, che diavolo-

-Cho.

Un silenzio attonito si sollevò dalla linea. La donna si accorse che la sua voce doveva ancora essere impastata dalle lacrime versate, perché la sua terapeuta riprese a parlare con un'urgenza carica di apprensione.

-Che è successo?

Yona strinse le palpebre. Non voleva vedere il pacchetto spappolato contro il pavimento e ricordarsi la sua vergogna. Se lo avesse fatto, le parole si sarebbero incastrate nella sua gola e non sarebbe riuscita a confessare.

-Cho... ho bisogno del tuo aiuto.

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Solitary (K.SJ)Where stories live. Discover now