19.

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megan's pov

Jackson mi ha chiesto se potessi parlare in privato con lui nel suo ufficio, ed ovviamente ho accettato.

L'ansia però sta salendo, non ho la minima idea del perché voglia parlare con me, ho ripercorso mentalmente l'ultima settimana e non mi sembra di aver compiuto qualche brutto gesto.

Raccolgo i miei capelli in uno chignon disordinato e poi mi reco nel suo ufficio.

È in piedi davanti alla sua scrivania, in tutta la sua statura e bellezza, perché non posso negare che sia un uomo attraente, mentirei.

«Hey Megan.» mi saluta.

«Ciao.» ricambio, accennando un lieve sorriso.

«Volevo parlare con te di una questione che ti riguarda.» mi spiega, ed io annuisco.

Provo a vedere se riesco a scorgere qualche emozione dai suoi occhi, ma non è una persona facile da interpretare.

Sono quasi due mesi che lavoro per lui, e sto imparando a conoscerlo.

«Sono preoccupato, Megan.» A queste parole, lo guardo con fare interrogativo.

Preoccupato? E perché mai dovrebbe essere preoccupato?

«Perché?» gli chiedo, dopo qualche secondo di assoluto silenzio.

«Sono dieci giorni che-» nel bel mezzo del suo discorso un conato di vomito mi colpisce, così mi scuso con lo sguardo e corro in bagno a rimettere.

Dopo qualche minuto, imbarazzata, torno nel suo studio.

«Scusami.» gli dico, richiudendo la porta dietro di me.

«Di niente, comunque, stavo dicendo..»

«Sono dieci giorni che, almeno una volta al giorno, devi andare in bagno a rimettere, Megan.
Penso che anche tu capisca che c'è qualcosa che non va, inizialmente potevi anche pensare fosse un'influenza, ma ora è chiaro a tutti che è l'ipotesi meno probabile, sono passati parecchi giorni e non hai altri sintomi.» conclude il suo discorso.

Non so che dire, sto cercando di dare meno importanza possibile a questa cosa, ma è chiaro che sto iniziando anche io a preoccuparmi per me stessa.

«Sì, hai ragione. Prenoterò una visita.» acconsento.

«Fammi sapere quando dovrai andare a farla, così quel giorno non andrò a lavorare, dato che non ho nessun altro a cui poter lasciare Abby.» mi dice, ed io annuisco.

«Allora, io vado.» lo informo, per poi uscire dalla stanza e andare in camera mia.

Prendo il mio cellulare dal comodino e poi mi siedo sul letto, digitando il numero della mia dottoressa.

Dopo un paio di squilli risponde.

«Buongiorno Megan, è molto che non ti sento.
Dimmi pure.» dice.

«Buongiorno, vorrei prenotare una visita, è più di una settimana che non mi sento molto bene.» le spiego.

«Allora, ho un buco lunedì mattina alle undici, può andare bene?» mi risponde dopo qualche secondo.

𝑰 𝒏𝒆𝒆𝒅 𝒖Where stories live. Discover now