CAPITOLO 4

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MIHAI

Dodici anni prima.

Strimpellavo le corde della mia chitarra ammaccata mentre i miei occhi si perdevano sulla grande Los Angeles puntinata di luci colorate e gente di tutte le età che passeggiava per mano sui marciapiedi, si amava seduta sulle panchine o correva sulle strisce per attraversare la strada. Tutto ciò su cui i miei occhi si soffermavano era la realizzazione del mio più grande sogno e in caso si fosse rivelato veramente per ciò che era desideravo che nessuno mi svegliasse mai, avevo tutto finalmente. Fama, soldi e tutto grazie a ciò che mi piaceva fare di più, era tutto così surreale che persino dopo anni non ci credevo ancora, sapevo solo che me lo sarei goduto per sempre fino a che le mie dita non si sarebbero corrose dalle volte che suonavo la chitarra, e la mia voce fosse venuta a mancare. Dalle mie labbra fluivano in piccoli sussurri le parole di alcune mie canzoni che canticchiavo distratto mentre pensavo a ciò che mi stava attendendo, era ormai molto tempo che mi esibivo sui palchi di tutta la California e all'estero, ma ogni volta era come se fosse la prima perchè non mi sarei mai potuto abituare ad una cosa tanto grande. L'ansia tramutava in pura adrenalina, la gioia si ingrandiva fino a far battere il cuore alla stessa velocità dei rintocchi del mio batterista, la paura si azzerava soltanto quando salivo su quel palco davanti a migliaia di persone che acclamavano il mio nome. Non avevo mai amato il mio nome così tanto, fino a quando non ho sentito la gente urlarlo ai miei concerti, era sconvolgente sentirsi così desiderati e a me quella fama piaceva da impazzire. Era tutto così perfetto che mi sembrava quasi di star volando tra le nuvole su un mondo tutto mio.

Mio fratello intanto accanto a me guidava per condurci fino allo stadio della città, lui contrariamente a me ogni volta era costantemente teso ma d'altronde era lui quello dei due che prendeva con più serietà queste cose, per me suonare era un gioco oltre ad essere la mia più grande passione. Mi divertivo e basta senza pensare ad altro, mi vivevo il momento completamente gustandomi ogni istante della mia gloria come fosse l'ultimo. Ero conscio che forse un giorno tutto quello poteva giungere ad un termine, ma non me ne importava, io vivevo e basta giorno per giorno. Alexei mi diceva sempre che ero un pazzo che credeva di avere nove vite come i gatti, ma a me non interessava, ero pazzo sì, e proprio perchè lo ero sapevo che tutto iniziava e tutto finiva quindi mai mi sarei privato di gustarmi a pieno la mia vita.

<<Il concerto durerà due ore, ho controllato io stesso ieri che fosse tutto apposto e pronto per stasera, effetti a sorpresa, casse, microfoni, tutto è sistemato e pronto per la serata quindi niente potrà andare male.>> Era costantemente in ansia, puntiglioso e attento che ogni cosa andasse per il meglio e che non potesse accadermi nulla, io ero una testa calda, lui quello un po' più razionale. Lo prendevo sempre in giro per questo, era peggio di una donna, se tutto non andava come diceva lui sarebbe stato capace di far smontare tutto dai tecnici e far ricostruire tutto da capo. <<Nu-ți face griji, nu trebuie să fii anxios.>> Non serviva che fosse così ansioso, sarebbe andato tutto alla grande come sempre, io avrei spaccato il palco a metà e la gente avrebbe acclamato il mio nome con ancor più grinta. <<Non parlare in rumeno Mihai, devi abituarti all'inglese.>> Mi rimbeccò facendomi sbuffare stufo, tutte le mie canzoni erano in inglese ma non per questo avevo intenzione di perdere la mia lingua originaria, io non cambiavo a seconda di dove andavo, io rimanevo io anche sulla luna. Eravamo moldavi e mi irritava che lui si ostinasse a dimenticarselo.

<<Vorbesc cum vreau.>> Sillabai facendogli roteare gli occhi, mi divertiva andare contro al suo volere e poi doveva darsi una calmata, non serviva a niente essere così tesi soprattutto perchè ero io a dover salire sul palco di fronte a migliaia di persone, non di certo lui e contanto che io ero calmissimo lui doveva esserlo anche più di me. <<Puoi provare ad essere serio per un secondo?>> Ringhiò irritato facendomi sbuffare, avevamo la stessa età peccato che lui ne dimostrava molti di più per quanto era petulante e rompipalle a volte, non riusciva a darsi una calmata. Era il mio manager, dove andavo io veniva anche lui come d'altronde facevamo anche prima che io iniziassi a cantare ma era snervante il suo essere così sempre e costantemente attento a tutto. Non stavamo andando a morire fino a prova contraria. <<No, sto volando fratello, le mie ali non si fermeranno più.>> Ero su un altro pianeta nella mia testa, vivevo tra le stelle e non avrei mai abbandonato la loro luce, io vivevo brillando con i piedi alzati da terra e non ci avrei pensato proprio a tornare per terra, mi ero costruito tutto da solo e me lo sarei goduto fino alla fine. <<Provvederò a tagliartele prima o poi, possibile che non hai paura di niente?>> Forse sembravo troppo spaccone ma la verità era che appunto nulla mi spaventava, oltre a lui non avevo niente da perdere, le mie giornate erano un continuo susseguirsi di successi e così sarebbe stato fino alla fine dei miei giorni. <<Purtroppo per te no, comunque cambiando discorso.>> Non mi andava di bisticciare ancora. <<Quali sono i piani post-concerto?>> Non bevevo nulla al di fuori di qualche birra, non mi era mai piaciuto ubriacarmi e l'unica volta che lo avevo fatto avevo passato la nottata a vomitare l'anima, ma di certo non mi sarei tirato indietro ad un po' di festa. Caos seguito da caos, vivevo di questo. <<Andiamo a berci qualcosa con Stefany e Henry.>> Grandioso, adoravo quei due e lui amava la prima, aveva una cotta per lei da svariati mesi e anche se non glielo aveva ancora detto era palese agli occhi di tutti che le sbavava dietro. <<Bine.>> Sospirai soddisfatto accasciandomi sul sedile mentre le mie dita accarezzavano la mia chitarra, era la chitarra che mia madre mi regalò prima dell'incidente che ce la portò via insieme a nostro padre. Non ne avrei mai comprata una nuova per quanto fosse consumata e graffiata, funzionava da Dio e nessuna avrebbe mai suonato come lei per me. Era la mia fedele bambina, mi sentivo vuoto quando non l'avevo addosso. <<Ti vogliono far conoscere una persona comunque.>> Mi informò con uno strano sorrisetto sulle labbra che quasi mi fece confondere, tentavano in tutti i modi di trovarmi qualcuno e a me andava bene, volevo stare con una donna, ma erano tutte così dannatamente noiose e ammaliate dal mio successo che ci avevo messo una pietra sopra. <<Care este?>> Ero curioso di sapere a chi avevano pensato questa volta per soddisfare le mie volontà, avevano molta fantasia quei tre, lui, Stef e Henry erano pericolosi quando si alleavano. <<Keira, la sorella di Henry.>> Il mio entusiasmo si spense tutto d'un colpo proprio con la stessa velocità con la quale mi aveva riacceso, questa volta mi avevano proprio deluso, avevano finito la lista delle persone che potevano interessarmi?

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