CAPITOLO 15

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MIHAI

Dodici anni prima...

Percepivo il nervoso fin sotto ai polpastrelli come tante punte accuminate che mi infastidivano la pelle, tutto ciò che afferravo sembrava spinoso, ogni cosa su cui si posava il mio sguardo non prendeva di importanza perchè avevo visto così poco ma così tanto che il resto risultava effimero.

Le sue forme acerbe erano così dolci, la sua pelle candida e delicata che quasi mi era parsa porcellana, quei suoi occhi azzurri che si divilitavano di piacere intrecciati ai miei, e ancora, i suoi gremiti di passione contro i miei respiri, quel corpo celato da un pigiama succinto e a dir poco trasparente avvolto in una vestaglia dal materiale sottile. I capelli ramati sparsi disordinatamente sul cuscino dove spiccavano come margherite in un prato primaverile. Non avevo mai conosciuto una ragazza che mi attresse così tanto, non ero di certo mai stato uno restio nel cedersi ad una donna, ma con lei era sembrato tutto così semplice che avevo deciso di lasciarmi trascinare. Mi ero sentito febbricitante di desio al sol vederla contorcersi dal piacere che io stesso le facevo provare, non altri, non quello che dicevano essere il suo fidanzato, ma io e soltanto io, il ragazzo che tanto diceva di non sopportare ma che invece si era preso segretamente una bella sbandata per quei due occhi blu. La conoscevo da così poco eppure mi sembrava di averla attesa per anni. Che fosse stato un colpo di fulmine a me poco importava, quella ragazza all'apparenza così innocente e puritana, dentro di sè era destinata a diventare la regina degli inferi, un giorno avrebbe impugnato le fiamme dell'inferno. Già a soli sedici anni le cadevano ai piedi gli uomini di tutto lo stato, io compreso, non immaginavo neppure cosa sarebbe potuta diventare con il trascorrere degli anni.

Aveva ribaltato ogni mio ideale di ragazza, io desideravo comandare ma al di fuori della sua famiglia non vi era alcuno che potesse mai dominare su quella ragazzina, il fatto che una sedicenne mi stesse mandando nel caos più totale il cervello poi mi mandava ancora più in bestia. Potevo avere tutte coloro su cui posavo lo sguardo, ma il fatto che lei mi sfidasse era dannatamente e fastidiosamente eccitante.

Il suo rifiuto mi aveva inchiodato, si era lasciata toccare, mi aveva permesso di insegnarle cosa volesse dire provare l'arte del piacere ma poi ad un soffio da quegli spicchi ciliegia si era allontanata con ripudio, una stizza che non ero riuscito ad intendere. Era come se per lei un bacio sarebbe significato troppo, però concedermi il suo corpo era al tempo stesso accettabile, no non riuscivo a capirla. Ero solo conscio che così non aveva fatto altro che accrescere ancor di più la mia curiosità, la mia fame, desideravo conoscere di cosa sapessero quelle labbra così dannatamente invitanti.

Mi sfilai i pantaloni e ne presi un altro paio dal mio borsone poggiato su uno dei sedili del jet, stavamo per atterrare ma prima avevo bisogno di cambiarmi, il suo profumo addosso era un'agonia che non ero pronto a sopportare. E poi mi aveva macchiato. Mi era venuta contro la coscia impregnando dei suoi umori i miei jeans. La voglia di sentirne il profumo o il sapore dolciastro sulla lingua era svergognatamente alta, ma sentivo che sarebbe stato inutile e irrispettoso nei suoi confronti. Ero furioso, in un certo senso mi aveva semplicemente usato, ma sapevo che il desiderio di riaverla sarebbe stato sempre più forte della mia collera, e quando si sarebbe concessa di nuovo a me avrei avuto il consenso di assaggiarla. Santo cielo aveva solo sedici anni, sembravo un malato anche solo a pensare quelle cose e ne ero consapevole, ma volevo quella ragazza con ogni briciola del mio io. Lanciai furente i pantaloni sporchi su un sedile a caso e mi sfilai la maglia per farle fare la stessa fine rimanendo in boxer, lei era ancora chiusa in quella dannata cabina e per la mia sanità mentale era bene che ci rimanesse il più possibile. <<Dai raccontaci cosa è successo, non puoi semplicemente rimanere incazzato senza dire niente.>> Seduti beatamente e tranquilli vi erano suo fratello con un bicchiere di scotch con ghiaccio tra le mani, il mio gemello e la sua fidanzata seduta accanto che sembrava scalpitante, come gli altri due del resto, di scoprire cosa era accaduto lì dentro mentre io mi cambiavo sperando di non pensarci. Ma invano. Non ricevendo risposta però Stefany la cercò per conto suo, così prese i miei pantaloni e quando adocchiò la macchina sembrò quasi sul punto di gridare dalla felicità. Non mi vergognavo di certo, era come una sorella per me e che mi vedesse nudo o che scoprisse cosa facevo non mi infastidiva, mi irritava soltanto che non riuscisse a tacere quando servisse. <<Avete scopato?!>> Squittì al settimo cielo facendo quasi strozzare il fratello della diretta interessata e uscire gli occhi fuori dalle orbite al mio, ma loro non mi interessarono quanto il tono squillante della ragazza che mi costrinse a tapparle la bocca con una mano, certe volte non capivo se in testa avesse solo pigne o un cervello funzionante. <<Primo: abbassa la voce.>> Sussurrai austero togliendole la mano dalla bocca per riprendere a fare ciò che stavo facendo, non volevoche la sua amichetta sentisse e considerando che a dividerci vi erano cinque passi e una porta non troppo spessa, doveva abbassare quella voce stridula. <<Secondo: no, cioè più o meno.>> Presi un'altro jeans blu con degli strappi dal mio borsone e lo infilai, avremmo passato solo un giorno e una notte a San Francisco, all'alba del giorno dopo saremmo partiti, ossia dopo il concerto, per New York quindi non avrebbe avuto senso scaricare le valige dal jet, avevamo già messo in un paio di zaini le cose che ci sarebbero servite e il resto lo avremmo lasciato ancora lì fino alla seconda meta. <<In che senso "più o meno"?>> Il mio gemello e Henry sembrarono persino più interessati dell'unica ragazza tra di noi nel voler scoprire ulteriori risvolti, certe volte mi sembravano delle nonnette di paese che chiacchieravano facendosi gli affari altrui, era assurdo quanto gli piacesse farsi gli affari miei. <<Nel senso che non ho sverginato tua sorella Henry, tranquillo.>> Lo rassicurai mentre infilavo la testa in una maglia bianca, ma lui non ne sembrò per niente sollevato anzi da come si lamentò sembrò quasi infastidito da ciò. <<Cazzo, una cosa dovevi fare Mihai!>> Posò indignato il bicchiere sul tavolino di fronte alla sua poltrona e si sbattè le mani sul viso, io però riuscii solo a capire che i Martin per me sarebbero stati una scrittura indecifrabile. Non sarebbe dovuto essere felice di ciò? <<Henry non abbattiamoci, le avrà strusciato la coscia tra le gambe.>> La facilità con la quale Stef dedusse tutto mi semplificò il compito di dover spiegare ma in un certo senso mi spaventò, quella ragazza era così dannatamente istruita su quel genere di cose che mi chiedevo cosa facessero lei e mio fratello quando non ero a casa. <<Beh in effetti non è che possono scopare così da un giorno all'altro, si conoscono da poco, non credo che tua sorella si concederà così facilmente.>> Mio fratello gli diede corda e a me sembrò quasi di essere estraniato dalla loro discussione, parlavano come se io non ci fossi stato ed era quasi divertente vedere come bisticciavano su qualcosa che neppure doveva interessargli. Io d'altro canto me ne stavo stravaccato in disparte su una delle poltrone del jet, con i vestiti puliti e la mente in soqquadro. <<Nemmeno mi vuole baciare.>> Borbottai furente, quel fatto non riusciva proprio ad andarmi giù, solitamente ero io ad allontanare le donne con cui uscivo, che alla prima occasione erano già pronte ad aprirmi le gambe e attaccarsi alla mia bocca per non dire altri posti. Lei invece si prendeva ciò che voleva e quando reclamavo io qualcosa si ritraeva. Dio se la odiavo. <<Non vi siete ancora baciati? Ragazzi siamo messi male.>> Esclamò inorridito a bassa voce suo fratello che sembrò sprofondare dalla sconsolazione nel sedile, non attendeva altro che io e sua sorella ci mettessimo insieme ma non conosceva che diavolo fosse la sua sorellina adorata. Lo nascondeva bene dietro a quel sorriso. <<Aspetta fratello, tu le hai procurato un orgasmo e lei nemmeno ti ha baciato?>> Mio fratello sembrò quasi divertito da quel mio stato di frustrazione e mi diede ancor più fastidio dover confermare con un cenno i suoi dubbi, sì era andata proprio così e io non riuscivo a sopportarlo, io mio ego gridava. <<Esattamente, si è coperta e si è voltata, fine, come se non le fosse importato.>> In contrasto con la mia collera la risata divertita dell'unica ragazza tra di noi sembrò quasi un tuono a ciel sereno, prese a ridere così di cuore che sembrava fosse nel bel mezzo di un film comico da due soldi. <<Ti ha usato come una cazzo di prostituta, la mia amica è un mito.>> Rise e rise ancora trainando con sè gli altri due, bei amici del cavolo che avevo, ma alla fine aveva espresso in poche parole ciò che mi rodeva di più, mi aveva semplicemente usato come più le andava ma gliel'avrei fatta pagare amara. Le avrei mostrato cosa voleva dire usare il sesso come vendetta, ormai si era introdotta in una strada senza uscita e io ce l'avrei incastrata dentro. <<Non ho tanta voglia di scherzare in questo momento Stefany.>> Ringhiai sottovoce, contrariamente a quanto stava facendo lei io non ci tenevo che quella moretta sentisse cosa stavamo dicendo, l'avrebbe avuta vinta per l'ennesima volta e non mi andava per niente che fosse così. La ragazza però aguzzò lo sguardo con sfida, quasi mi stesse studiando. <<Odi che lei sia così difficile, la tua non è rabbia, è stanchezza.>> Mi spiegò più seriamente. <<Sei abituato a sgualdrine che ti cadono ai piedi, ma con lei devi essere più tenace.>> Forse aveva ragione e fu a quel punto che non potei più controbattere, era vero, non ero abituato a dover far fatica per avere una donna mentre lei era stata la novità che mi aveva destabilizzato. <<Concordo, le uniche persone che hanno potere su di lei sono i nostri genitori amico, per il resto del mondo mia sorella è letale, se non le tieni testa ti distrugge.>> Dovevo trovare un modo per prendere il toro dalle corna, quella ragazza mi avrebbe ucciso se non avessi saputo come domarla e per quanto l'idea mi intrigasse, desideravo essere il solo e unico capace di sovrastare la sua furia. L'idea mi scaldò a tal punto che mi sembrò di risentire il suo respiro sulla pelle, quella ragazzina era la mia sfida ed io l'avrei avuta vinta a costo di metterci tutto me stesso.
Tutti si zittirono quando sentimmo la porta della cabina aprirsi, stavamo per atterrare quindi doveva tornare a sedersi per allacciarsi la cintura di sicurezza, ma dal rintoccare dei suoi tacchi sulla tappezzeria dedussi, anche se le davo le spalle, che si era cambiata anche lei. Percorse il corridoio tra i sedili per raggiungere quello affianco a suo fratello, quando però mi passò a fianco ebbi modo di vedere cosa si fosse messa e maledii la mia curiosità. Si era messa un pantaloncino striminzito di jeans, quasi inguinale quanto quello del suo pigiama da cui spuntavano i fili delle sue mutandine che le attraversavano i fianchi stretti e il ventre piatto. Le gambe nude erano per metà nascoste in un paio di tacchi alti che le arrivavano alla coscia, ma la parte peggiore doveva ancora arrivare. A coprirle il seno piccolo vi era solo un top nero che le strizzava il seno piccolo privo di reggiseno, riuscivo a scorgere i capezzoli turgidi che spuntavano da sotto al tessuto. Respirai, lo stava facendo apposta. <<Dormito bene tesoro?>> Le domandò la sua migliore amica passandole un bicchiere di scotch con ghiaccio che non rifiutò, a sedici anni beveva già dell'alcol di prima mattina, io a venti mi accontentavo di una birra la sera. <<Divinamente, ma posso sapere se per caso avete preso anche il mio cellulare, dovrei fare una chiamata quando atterriamo.>> Suo nonno quando la sera prima si era inoltrato in camera sua lo aveva preso dal suo comodino mentre lei, mezza assonnata, si dirigeva verso la porta per la scusa che Colin si era inventato. Lo aveva dato a me ed io lo avevo riposto nel mio borsone ma non glielo avrei dato, non vi era nessuno che doveva chiamare. <<Chi devi chiamare?>> La mia fu una stoccata atona ma pungente che le attenuò il sorriso sulle labbra, quelle sue perle blu si scontrarono con le mie e fu fuoco, nell'oceano furono solo fiamme. La tensione che aleggiò immediatamente tra di noi mi redarguì. Non ci saremmo dovuti spingere così in là, perchè da quel momento in poi avremmo desiderato entrambi qualcosa di più ma in maniera totalmente differente. <<Cornelius, si starà preoccupando visto che ci siamo addormentati insieme ma si sarà svegliato da solo.>> Pensava a lui dopo ciò che era accaduto con me, fu una cinghiata secca al mio ego maschile che non le avrei mai perdonato così facilmente, come poteva anche solo dedicare un minimo secondo a quella sottospecie di bradipo tra i suoi pensieri, dopo che io, cavolo io non lui, l'avevo portata a provare la limpidezza delle stelle. <<Beh comunque ce l'ho io.>> Le feci presente senza troppi giri di parole, non mi interessava di lasciarla sulle spine perchè vederla prendere collera al solo pensiero di dover dipendere dal mio volere mi avrebbe divertito ancor di più. Il suo sguardo si assottigliò, quelle pietre di cielo divennero due fessure di fastidio che non ebbero alcuna forza su di me, avevo ormai capito come bisognava trattare la tanto ambita secondogenita dei Martin. <<Bene dammelo.>> Accavallò le gambe nude e mi sentii sbagliato nell'immaginarle in altre situazioni meno pudiche, aperte per me o legate ai miei fianchi, diavolo aveva solo sedici anni ma quella sua femminilità autoritaria e decisa mi portava a dimenticarmene, sapeva come sedurre un uomo alla perfezione. <<Non potrai contattare nessuno nei prossimi giorni Kei, quindi no, non lo avrai.>> Ed ecco che vidi per un secondo quel suo lato più infantile, uno sprazzo svelto, un fulmine che spezzò il cielo scuro di una tempesta, fu un millisecondo ma riuscii a scorgere quella goccia di infantilità che mi ricordò la sua età. Le vietai il suo giocattolo e lei si incendiò. <<Tu non hai idea del casino che si starà creando a casa mia ora, se non chiamo i miei prima che denuncino la mia scomparsa passerai un guaio, sono minorenne e questo è rapimento.>> Potevano presentarsi davanti alla mia porta dieci poliziotti armati e anche così non le avrei dato quel cellulare, per le questioni della sua famiglia Henry mi aveva dato la certezza che ci avrebbe pensato lui quindi non avevo di che preoccuparmi. Quella ragazzina cercava solo un modo per portarmi a cedere, aveva sottovalutato la mia caparbia. <<Non mi interessa.>> Poteva dire tutto ciò che le andava di far uscire da quella bocca ma nulla mi avrebbe toccato, niente avrebbe potuto smuovermi dalla mia decisione. <<Dai Mihai, non puoi impedirle di sentire la sua famiglia, si staranno preoccupando.>> Non mi stupì neppure per un secondo che Stefany la supportasse, alla fine era la sua migliore amica quindi era normale che me la sarei ritrovata per un certo senso contro, fatto stava però che non avrebbe comunque potuto niente contro di me. Non sapeva quanto si stesse sbagliando, per quanto bene conoscesse la sua amica non aveva ben capito che in quella famiglia non vi era amore, l'affetto che dei genitori normalmente provavano per i propri figli, lì non sapevano nemmeno cosa fosse. Sì, probabilmente si erano già attivati per capire dove fosse, ma non per preoccupazione, per riportarla dietro a quelle sbarre eleganti che contornavano la loro villa. <<A loro non interessa di lei, pensi davvero che si stiano preoccupando?>> Risi con una punta di amarezza a prosciugarmi le papille gustative. <<Mihai!>> Al richiamo tonante del fratello della diretta interessata i miei occhi corsero da lui, mi guardava contrariato, mi fissava incollerito e quando scosse il capo capii di aver superato il limite. Avevo esagerato. Il senso di appagamento di poco prima lasciò così il posto a dei sensi di colpa che mi portarono a farmi sentire un'idiota totale. Il mio sguardo poi cadde su di lei ma non venne ricambiato. Quelle lastre di oceano erano puntate altrove, disperse fuori dal finestrino dove tutto era del loro stesso colore, volavamo nella valle dei suoi occhi laddove tutto era brillante come quella luce che in quel momento si era appassita a causa mia, dannazione mi odiai.

Painful melody Where stories live. Discover now