CAPITOLO 30

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KEIRA

Oggi...

La Francia.

Avevo sempre desiderato di poterla visitare tutta un giorno, ma gli impegni spesso si accavallavano e il tempo libero si accorciava sempre di più, togliendomi la possibilità di visitare le città che tanto amavo e i luoghi più desolati ancora da scoprire. Da piccola non avevo avuto la possibilità di viaggiare molto e crescendo avevo completamente accantonato il pensiero di abbandonare la California, poi però un silenzio lungo dodici anni mi aveva portata a desiderare la verità e guarda caso, l'unico modo che possedevo per raggiungerla mi stava portando finalmente a viaggiare. Per non dire che stavo per diventare la direttrice di una delle Holding più importanti del mondo, ma quelli erano dettagli che riguardavano il mio conto in banca, a me importavano cose ben più importanti.

In quel momento la prima cosa che mi sorgeva alla mente era una mancanza, non avevo mai fatto sesso con un francese, avrei dovuto rimediare il prima possibile. Ero riuscita a passarmeli quasi tutti, italiani, americani, inglesi, africani, spagnoli, portoghesi, rumeni e una lunga lista che in quel momento non mi sovveniva, ma ero comunque certa che tra tutti non vi era un francese. Una grave mancanza, avrei dovuto parlare con la mia assistente, doveva provvedere a trovarmi un francese appetibile. Conosceva i miei standard, potevo fidarmi.

Possibilmente al più presto perchè desideravo di essere toccata e mio marito non sembrava molto propenso a fare del buon sesso ad alta quota, sul nostro jet privato fornito di ogni comodità, non era il tipo e poi persino un occhio disattento avrebbe notato quanto fosse teso. Stavamo per incontrare mio padre e molti tra gli uomini più ricchi e influenti del mondo che collaboravano con lui nelle sue società, ma mentre io prendevo la cosa con molta spensieratezza consapevole di come sarebbero andate le cose, lui era nervoso, molto nervoso.

Non mi rivolgeva la parola dalla sera prima, più precisamente da poco dopo che avevo fatto la mia chiamata con il mio adorato padre. Christian doveva averlo chiamato facendogli una bella strigliata e probabilmente gli aveva anche riferito qualche particolare su ciò che io gli avevo detto, che aveva fatto arrabbiare mio marito.

Me ne importava? In quel momento mi interessava solo scoprire se i francesi a letto erano bravi come si diceva.

Un dubbio esistenziale.

Mi versai in un bicchiere il mio champagne preferito pregustandomi tra le bollicine il piacere che mi attendeva, ero certa che non sarei rimasta delusa, per lo meno non quanto mio marito che non sapeva di star per essere spodestato. Che brutte sfortune che porta a volte la vità pensai in pena.

Ma chi volevo prendere in giro, ero io a decidere le sorti della gente mica la vita, io sceglievo le pene che ognuno avrebbe dovuto sopportare e per quanto. Per questo facevano così male mentre a me facevano godere, tanto.

<<Un bicchiere di champagne mon amour?>> Mi stavo allenando con il francese scolastico che avevo imparato durante i miei studi, ero un po' arrugginita ma me la cavavo ancora, dovevo solo riprenderci la mano e la pronuncia. Avevo sempre avuto un debole per la "r" moscia dei francesi.

<<Si può sapere come fai a stare così tranquilla?>> Si allentò la cravatta tentando di non soffocare in quel suo abito firmato. <<Tuo padre ci ha convocati entrambi per questioni importanti, eppure per te sembra che questo non sia altro che un piccolo viaggetto fuori città.>> Avrei tanto voluto rispondergli che era così perchè, contrariamente a lui, io non avevo nulla da temere ma non ne valeva la pena, mi sarei gustata la sua faccia incredula da lì a poco. Okay, probabilmente ero troppo crudele con mio marito, lo amavo e non ve ne erano dubbi, ma trovavo che nel far soffrire le persone a volte si celasse un senso di piacere, forse contorto per alcuni ma desiderabile per me. <<Dovresti saperlo che nulla mi scompone tesoro.>> Buttai giù il contenuto del mio bicchiere godendo del sapore amarostico e frizzante del mio champagne fresco fresco, mancava poco all'atterraggio e io non vedevo l'ora di respirare l'aria di Marsiglia. <<Come so che se sei qui dev'esserci un motivo e che tu non ti muovi senza avere il controllo su ciò che accade e che deve accadere.>> Dieci anni di matrimonio erano serviti a qualcosa, perlomeno mi conosceva. <<Tu sai perchè ci ha convocato tuo padre Kei, non è così?>> Probabilmente lo avevo sottovalutato, non era ingenuo come avevo creduto ma dovevo aspettarmelo, mio padre non affidava mai i suoi lavori a degli incompetenti.

Painful melody Where stories live. Discover now