CAPITOLO 21

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MIHAI

Dodici anni prima...

La musica che rieccheggiava in quel locale era a dir poco stordente anche per uno come me che viveva con le orecchie assopite dalle note che una dietro l'altra formavano le mie canzoni, come era stato fino ad un'ora prima quando chiudevo uno tra i miei migliori concerti. Anche al solo ripensarci mi veniva la pelle d'oca.

Il numero di gente che c'era stata, l'adrenalina che mi scorreva in corpo in quelle situazioni, sentirli cantare con me i miei testi e vederli piangere di gioia quando arrivava il loro pezzo preferito. Amavo il mio lavoro, era tutta la mia vita.

Eppure in quel momento avevo davanti, a pochi metri da me, qualcosa che era riuscito a rubare i miei occhi, i miei pensieri e tutta la mia attenzione, più di quanto riuscisse a farlo la musica. Avevo trovato qualcosa capace di distrarmi persino dalla mia più grande passione, qualcosa che mi occupava la mente con un' egoistica arroganza che però mi piaceva. Dio se mi piaceva sapere di non riuscire a pensare ad altro.

Mi aveva strappato dalla mia realtà o forse semplicemente l'aveva colorata a suo piacimento, non riuscivo a concepire queste cose, sapevo semplicemente che se il solo guardarla mi mandava in un'altro mondo allora ero disposto a non staccarle gli occhi di dosso a vita.

Davanti ai miei occhi, in mezzo alla prima discoteca che avesse mai visitato, mostrava alla gente che la circondava le forme su cui avevano approdate le mie mani, quel corpo che la faceva sembrare anche più grande della sua vera età.

Indossava un tubino dorato che le cadeva morbido addosso ma fin troppo piccolo, si poteva dire che fosse quasi nuda. Le arrivava poco sotto a quelle natiche sode, due spacchi per giunta ne dividevano il tessuto lasciandole scoperte le cosce, risalendo lungo i fianchi per ricongiungersi solo poi poco più su del bacino.

Quel seno alto rischiava di scoprirsi ad ogni movimento che faceva a causa del tessuto tenuto alto da due fili insignificanti, si sarebbero potuti rompere da un momento all'altro ma non le importava.

Ballava insieme alla sua migliore amica muovendo quei fianchi così lentamente, da accompagnare le gocce di birra che ricadevano lente lungo il collo della mia bottiglia dopo i sorsi che distrattamente mi prendevo, portandomi l'imboccatura alle labbra con movimenti ripetitivi.

Si accarezzava sensualmente passandosi le mani lungo quelle cosce toniche per risalire verso il ventre, poi ancora più su sfiorando quel seno che aveva concesso solo a me, tutto quello che stavano vedendo tutti in quel momento lo aveva concesso solo e soltanto a me.
I capelli di quel colore scuro che spiccava su quella pelle candida, le oscillavano sulle spalle incorniciandole quel viso rilassato, era felice, aveva sulle labbra lo stampo di un sorriso sincero che brillava anche nel buio di quella discoteca. Persino tra le luci colorate che accecavano gli occhi da ogni dove, lei brillava di più.

Diavolo se brillava.

Desideravo di stringere la sua carne calda tra le mani e cibarmi ancora della sua innocenza, perdermi nel blu di quell'oceano e annegare nell'oblio della sua ingenua seduzione, sentirla gemere contro le mie labbra e godere dei baci distanti e divini del suo respiro intriso di eccitazione. Le due unghie nella pelle, quelle gambe aperte e la perla di paradiso che vi si nascondeva in mezzo, grondante di un nettare con il quale sarei mai riuscito a saziarmi. Ne avrei sempre voluto ancora e ancora.

Averla avuta forse era stato come diceva lei, un errore e lo pensavo anch'io, era stato uno sbaglio enorme avvicinarmi a quella ragazza dagli occhi paradiso e carattere infernale, perchè alla fine avevo concluso con il ritrovarmi in mezzo a quei due mondi tanto diversi, che era riuscita a intersecare alla perfezione.

Painful melody Where stories live. Discover now