CAPITOLO 6

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MIHAI

Dodici anni prima.

Uscii dalla doccia del mio camerino ancora gocciolante con un asciugamano allacciato intorno ai fianchi ma almeno libero dalla patina di sudore che mi illuminava la pelle sotto a tutte quelle luci stratosferiche che mi facevano sentire al centro dell'attenzione, importante, voluto. Potevo ancora sentire l'adrenalina scorrermi lungo tutto il corpo e non riuscivo a togliermi il sorriso dalla faccia perchè ero dannatamente felice cavolo, stanco morto, ma felicissimo dopo due ore di concerto e un'altra ora a fare autografi, avevo firmato qualsiasi cosa che mi porgessero, dischi, magliette, persino braccia. Certa gente sapeva essere proprio strana. Avevo scattato foto con chiunque e poi scortato dalle guardie della sicurezza sono riuscito ad arrivare al mio camerino per infilarmi sotto alla doccia e distendere i nervi riacquistando la calma che abbandonavo totalmente per dare al mio pubblico tutto lo sballo che cercavano. Io li amavo e loro amavano me, non necessitavo di altro.

Mi asciugavi i capelli con un secondo asciugamano più piccolo mentre cercavo i miei vestiti poggiati sulla poltrona della stanza, sul palco preferivo sempre restare a torso nudo per essere più libero nei movimenti e perchè no, anche per attirare qualche urlo in più dalla parte femminile ad ogni mia entrata. Ero pur sempre un ragazzo, essere così voluto mi faceva soltanto piacere. Lanciai entrambi gli asciugamani su una delle sedie per infilarmi i boxer e incominciare a rivestirmi, ci avrebbero pensato le donne delle pulizie a sistemare. Avevo proprio voglia di sedermi e bermi una buona birra in qualche bar per rilassarmi dopo il caos che avevo provocato ma pur di appagare i miei fan avrei fatto qualsiasi cosa. Quella vita me l'ero scelta e a me piaceva da morire.

Indossai anche i pantaloni, una maglia e la felpa tornando ad essere la persona normale che ero fuori dal palco, mi piaceva trasformarmi, diventare due persone totalmente diverse, sul palco ero Kovacs, nella vita di tutti i giorni ero semplicemente Mihai. Vedevo quel mio cambiamento continuo come una dimostrazione di fiducia per i miei amici, con loro mi mostravo per come ero veramente, per la gente che mi seguiva ero la popstar che tutti sognavano, perfetto e privo di errori. Ero dell'idea che tutti avessero due facce come una medaglia, da una parte vi era ciò che si voleva far vedere agli altri mentre dall'altra solo ciò che eravamo davvero, e per alcune persone questo equivaleva ad essere un doppiogiochista, ma a me serviva solo per vivere e dimenticare ciò che magari mi addolorava. Ma in quel momento nulla avrebbe rovinato la mia felicità.

La porta del camerino si aprì e mio fratello entrò senza bussare, lui poteva, era vietato a tutti entrare quindi non chiudevo neppure la porta a chiave ma lui era sempre stata la mia unica eccezione. I suoi occhi brillavano della stessa contentezza che provavo io, difatti non appena chiuse la porta corremmo l'uno nelle braccia dell'altro per gioire insieme. Se lui non era al mio fianco io non ero niente, e se ero arrivato lì era anche grazie a lui. Ma per assaporare la vera felicità necessitavo di vedere in lui la mia stessa contentezza.

<<Hai spaccato Mihai, sei stato una bomba.>> Mi lasciò andare con un paio di pacche sulla schiena facendomi ridere di cuore, se me lo dicevano gli altri era un conto ma quando me lo diceva lui sapevo che era la più piena verità, lui non mi mentiva mai. Quando non ero io ad arrivare a capire qualcosa c'era sempre lui, se sbagliavo mi bastava lanciargli uno sguardo e leggere la sua espressione come se fosse un libro aperto per capire che dovevo fermarmi. E così sarebbe sempre stato. <<Guarda, mi tremano ancora le mani.>> Asserii contento mostrandogli esattamente la verità, ancora fremevo dalla gioia, mi tremava il cuore dalla contentezza e l'anima dalla gioia di essere arrivato a fare ciò che più adoravo. Quella era la mia vita e ancora a stento ci credevo. <<Sei un portento cazzo, la gente è impazzita.>> Ero troppo felice per ricordargli di moderare il linguaggio così lasciai correre, nulla avrebbe rovinato quel mio stato di beatitudine, ancora avevo in testa le loro voci che cantavano insieme a me ogni mio brano. Ogni volta era un'emozione unica sentire la gente ripetere a memoria ogni parola delle mie canzoni, sapevo di essere impresso nelle loro menti.

Painful melody Où les histoires vivent. Découvrez maintenant