CAPITOLO 35

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MIHAI


Oggi...

Era cambiata di nuovo nel giro di pochi minuti lasciandomi amareggiato, faceva finta che tutto ciò che avevamo vissuto non fosse mai esistito quando tutto ciò che c'era stato lo avevamo sentito, provato e vissuto entrambi sulla nostra pelle insieme. Ero certo che si ricordasse della mia proposta come anch'io ricordavo di averle posto quella domanda quando aveva appena sedici anni e una vita intera davanti. I mesi passavano e più tempo trascorreva più mi rendevo conto che era tutto ciò che volevo, che quel sogno non sarebbe mai dovuto finire perchè io non ero disposto ad abbandonarlo, così le avevo chiesto di sposarmi, di chiedere ad un giudice di divenire minore emancipato e scappare via con me finalmente libera dal peso dei suoi genitori. Non occorrevano i loro soldi, avevamo tutto e io avrei potuto provvedere ad entrambi con il mio lavoro, aiutandola a finire gli studi per poi iniziare a fare l'insegnante come aveva sempre desiderato. Avevo pensato ad ogni cosa, la casa che avremmo comprato insieme, la migliore università a cui l'avrei iscritta, i tour insieme, il futuro assurdamente idilliaco che ci attendeva. Poi però quel sogno era crollato e tutto era sfumato via.

Con ciò che credevo che lei fosse.

Ciò che avevo rivisto in lei per un secondo quasi impercettibile davanti alle parole di suo nonno, che sembrava una tra le poche persone che ancora credevano nella mia innocenza. Gli ero debitore, quell'uomo ci aveva sempre visto lungo e se uno come lui credeva ancora in quel buono che aveva visto in me, allora c'era ancora qualcosa a cui potevo credere. Iniziai a capire che non era andato tutto perduto, ancora vi era qualcuno che credeva in me. Una ragione per incominciare, almeno un po', a farlo anch'io.

La mano di quella donna dalla doppia faccia era posata sul mio avambraccio mentre camminavamo l'uno a fianco all'altra per raggiungere il centro della pista, dove altre tre coppie si preparavano a lasciarsi andare in un lento armonioso e simbolico. Che per loro sarebbe significato un semplice ballo, per noi, un momento fin troppo intimo dopo dodici anni di odio.

Intorno, disposte a cerchio, vi erano tutto il resto delle persone che, con i loro bicchieri di champagne ad un millimetro dalle labbra, bisbigliavano i loro giudizi negativi su di noi o meglio su di me, ma non mi importava, non mi erano mai interessati i pensieri di quella gente.

Raggiungemmo dunque il centro della sala e ci fermammo rivolgendoci l'uno all'altra. Quindi la mia mano destra afferrò con delicatezza la sua sinistra, mentre la sua destra si posò sulla mia spalla e la mia sinistra sul suo fianco per avvicinarla di più a me, così che a quel punto nessuno avrebbe potuto portarmela via. Per quei pochi minuti sarebbe tornata ad essere mia e sentii che era ciò che anche lei in fondo stava percependo.

Dietro a quella sua maschera imperscrutabile che mi sorrideva superbamente, nascondendomi ogni suo pensiero e rendendola la persona che più odiavo a questo mondo, tanto bugiarda quanto infida. Non riuscivo a sopportarla. <<Ricordi ancora come si fa Kovacs?>> La sua arroganza non tardò ad arrivare ma ci avevo fatto l'abitudine ormai, non mi toccava minimamente sentire come si atteggiasse, mi era ben chiaro che lo facesse semplicemente per rispettare il suo personaggio. La sua era una parte che aveva dovuto recitare per dodici anni e che non le si scollava più di dosso. <<E tu Martin, sai ancora farti condurre o hai dovuto fare tu l'uomo con tuo marito in questi anni?>> Mi aspettavo che si arrabbiasse, invece semplicemente rise facendosi beffa delle mie parole, era fin troppo sicura di sè per farsi tangere da frecciatine insulse, però la mia sembrò addirittura divertirla. <<Cornelius è l'uomo migliore che potesse capitarmi.>> Quella improperia fece ridere me. <<Prova a crederci prima di dirlo la prossima volta.>> Mentiva a se stessa e mentiva a tutti coloro che la circondavano, ma mentre gli altri ci cascavano io sapevo che quella non fosse altro che una bugia, soprattutto perchè non sapeva cose che le avrebbero fatto male. Molto male. <<Sei per caso geloso Mihai?>> La mano che aveva posato sulla mia spalla si avvicinò al colletto della mia camicia per sistemarlo un po'. <<Geloso dell'uomo che ti ha sposata, che ti dorme a fianco ogni notte e che in questo momento ti osserva come fossi sua?>> La mia mano si strinse al suo fianco con più forza facendo scontrare i nostri corpi. <<Non sai quanto.>> Non avevo mezze misure, sapeva che quando dovevo dire una cosa non mi appoggiavo mai all'orgoglio per nascondere ogni cosa, dalla mia bocca usciva solo la veridicità di ciò che pensavo. Proprio come in quel momento.

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