CAPITOLO 23

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MIHAI

Dodici anni prima...

Vivevo momenti come quello da anni, le mie giornate non seguivano mai una diretta via che non si ramificasse mai in altre strade secondarie, tutt'altro, la mia vita si aggirava sempre ed esclusivamente intorno a scelte impulsive, eventi del destino e conseguenze a volte positive ed altre un po' meno. Nessun giorno assomigliava mai ad uno già passato, forse per qualche abitudine ma riuscivo sempre a rendere ogni giornata speciale con il semplice cambiare qualche dettaglio. La noia della routine non mi piaceva, io amavo il cambiamento.

E lei era stato il mio più grande cambiamento, ecco perchè mi piaceva così tanto, e me ne rendevo sempre più conto mentre la sentivo canticchiare sottovoce una mia canzone nel frattempo che infilava le sue nuove compere in valigia. Aveva comprato di tutto nei milioni di negozi in cui eravamo entrati, e la cosa assurda era che per tutte le ore che avevamo passato in giro io non mi ero mai stancato di seguirla, vederla sorridere così spensierata, priva di preoccupazioni era una liberazione che non aveva eguali.

Mi stringeva la mano ad ogni passo, mi mostrava ciò che le piaceva e attendeva che giudicassi se a parer mio fosse tutto veramente bello come diceva lei, come effettivamente era, quella ragazza aveva un gusto esperto soprattutto perchè quando poi se li provava nei camerini, gli indumenti diventavano ancora più belli si quanto non fossero una volta infilati su quel corpo sensazionale.

Rendeva dei pezzi di stoffa luminosi.

Ma la parte migliore era stata quando mi aveva concesso un sorriso meravigliato e incredulo nel momento in cui aveva assaggiato il gelato che le avevo preso, in quel mare blu nei suoi occhi avevo visto un bagliore infantile come quello di una bambina che assaggiava per la prima volta la fresca dolcezza del gelato.

Fior di latte e lampone.

Niente di troppo complicato eppure le era piaciuto da impazzire, in quell'esatto momento aveva accantonato le sue ansie nei confronti del cibo e si era goduta le sue due palline di gelato in pace, con gli occhi brillanti come il cielo azzurro che aveva torreggiato sulla città per tutto il giorno prima che il buio della notte calasse.

Poi però quando aveva finito di mangiare il gelato mi aveva allungato il cono con quel poco che rimaneva al suo interno, dicendomi semplicemente che non le andava più.

<<Perchè scegli il cono se poi non lo mangi?>> Era stato esilarante perchè si comportava esattamente come una bambina a volte, non aveva voluto la coppetta bensì il cono e poi quando era arrivato il momento di sgranocchiarlo me lo aveva dato. Lei semplicemente aveva alzato le spalle e mi aveva sorriso furbamente, consapevole che sarei stato capace di far qualunque cosa per lei se solo mi avesse sorriso sempre così.

E al concerto che c'era stato poco prima non aveva mai smesso di farlo.

Mi bastava voltare di poco lo sguardo indietro, mentre ero sul palco e la vedevo, nascosta insieme ai nostri amici che cantava le mie canzoni conoscendole a memoria. Saperlo era stato come uno schiaffo, ma non quelli che servivono a far male, quelli che ti svegliavano da una trance. Keira Martin conosceva i miei testi, non riuscivo a commisurare quanto valesse per me esserne consapevole.

Sapevo però che averla lì mi caricava di un'energia che non avevo mai avuto, era come se le avessi voluto mostrare di cosa ero capace perchè il mio unico tentativo era quello di apparire perfetto ai suoi occhi, impeccabile, all'apice delle mie potenzialità. Davanti a lei non avevo alcuna possibilità di errore, volevo che mi vedesse per come riuscivo ad essere quando c'era lei.

<<Allora Keira Martin, come sono andato stasera?>> Uscii dal bagno con indosso solo un pantalone della tuta per dormire, quando ero solo non indossavo nemmeno quello ma con lei non mi spingevo troppo oltre, non volevo che si sentisse in imbarazzo. Dopo ogni concerto una doccia era la mia metà primaria, si sudava da morire sotto i riflettori e l'ansia iniziale che tutti gli artisti provavano i primi minuti del concerto rendeva il tutto anche peggiore. Poi però quando i nervi si scioglievano e l'adrenalina saliva, cantare per la mia gente diventava tutta la mia vita. <<Beh, Mihai Kovacs, devo dire niente male.>> Si voltò verso di me con quel pigiama di seta dalle rifiniture in pizzo che toglieva il fiato, da struccata, con i capelli sciolti, un semplice pantaloncino e una camicetta era comunque una meraviglia. Non sapevo quanto fossi fortunato, sapevo solo che se qualcuno aveva scelto di far incrociare le nostre strade allora la mia vita non era stata completamente da buttare prima che diventassi qualcuno. <<Solo niente male?>> Mi avvicinai per prendere le sue mani e portarle sul mio petto, da lì lei le lasciò scivolare intorno al mio collo attirandomi a sè, lasciando combaciare il nostro calore e il profumo del mio bagnoschiuma che le impreziosiva la pelle morbida.

Painful melody Where stories live. Discover now